giovedì 12 maggio 2016

La Stampa 12.5.16
Gramsci, la via italiana al socialismo
Esposti i manoscritti originali dei 33 Quaderni del carcere

Tra i motivi di interesse del Salone c’è l’esposizione dei manoscritti originali vergati da Antonio Gramsci in prigione e poi nelle due cliniche che lo accolsero, fino alla notte del 27 aprile 1937, quando spirò, a Roma: 33 quaderni a cui l’autore pose mano dal 1929 al 1935, quando le condizioni di salute non gli consentirono di proseguire. La sola riflessione sulla situazione fisica del detenuto cancella l’ipotesi recentemente riproposta di un 34° o addirittura 35° quaderno, misteriosamente spariti.
Guardandoli da vicino si coglie meglio il valore del loro autore, che, arrestato nel novembre del ’26, soltanto nel febbraio del ’29 ottenne il permesso di scrivere. La lettura e la scrittura gli furono concesse per poche ore al giorno, e con la possibilità di avere in cella non più di quattro pezzi contemporaneamente (tra libri e quaderni). E nella stesura sia dei quaderni, sia delle lettere ai familiari, il detenuto fu costretto a ricorrere a espedienti, a una scrittura cifrata, spesso metaforica.
I Quaderni del carcere furono messi in salvo dalla cognata Tatiana Schucht, e giunsero a Mosca, dove Togliatti riuscì, in un complesso gioco diplomatico, a difendere quel materiale dal Pcus, dal Comintern, da Stalin, dalla famiglia Schucht. Rientrati in Italia, nel ’45, furono editati in una forma filologicamente discutibile (per grossi blocchi tematici, distribuiti in 6 volumi), ma culturalmente avveduta: e non per i «tagli», che ci furono ma irrilevanti, ma perché l’edizione «tematica» rendeva più facilmente comprensibile quella mole di appunti su temi disparati; e scegliendo un editore come Einaudi, di orientamento «democratico», ma non di partito, Togliatti presentava il pensiero di Gramsci come un patrimonio dell’Italia tutta. L’operazione valse a dare un fondamento teorico alla «via italiana al socialismo», ma fu anche il modo per far conoscere Gramsci, e quello Zibaldone del XX secolo che sono i Quaderni: filosofia, linguistica, estetica, scienza politica, economia, storia e storiografia, critica letteraria, diritto, matematica…
Il filo conduttore è la riflessione sulla sconfitta: la sua personale, quella del partito e della ipotesi rivoluzionaria, in Occidente. Il che non indusse Gramsci a rinunciarvi, ma piuttosto a mettere a punto una nuova idea di rivoluzione, nelle società a capitalismo avanzato: non intesa come atto, bensì come processo, fondato essenzialmente sulla conquista dell’egemonia culturale. Ma per pensare una rivoluzione siffatta occorreva ragionare sulla modernità, e le sue forme, tanto quella totalitaria del fascismo, quanto quella democratica dell’americanismo e del fordismo. Sempre tenendo presente l’obiettivo: liberare «i subalterni» dall’oppressione delle classi dominanti.