mercoledì 11 maggio 2016

La Stampa 11.5.16
La falena Dora Maar brucia nel fuoco di Picasso
Il libro di Osvaldo Guerrieri racconta la vita della fotografa amante dell’artista
di Elena Del Drago

È difficile bilanciare, in una biografia, la storia documentata con la narrazione, soprattutto se si tratta di un soggetto struggente e ad alto tasso di letterarietà. E non potrebbe esserlo di più l’amore terribile che legò il grande Picasso alla fotografa Dora Maar. Eppure Osvaldo Guerrieri, nel suo Schiava d’amore, ci conduce in quella decina di anni che dal 1936 arrivano fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, unendo con sapienza invenzione narrativa e fatti storici per raccontare una delle unioni più celebri del panorama artistico.
Nel 1936 Parigi era ancora il centro dell’arte mondiale, gli artisti si ritrovavano ogni sera negli stessi café fumosi, intrecciando storie, contendendosi critici e collezionisti. Picasso in questo panorama svettava, senza confronti, come il più noto e influente tra i pittori: spesso raggiungeva i suoi amici nei ristoranti e nei bistrot di Saint Germain ed è proprio ad un tavolo dei Deux Magots, che incontrò questa strana, magnifica ragazza, intenta a colpire con la punta di un coltello lo spazio, esiguo, tra un dito e l’altro della sua mano.
Poche pagine dopo ci ritroviamo dentro una storia d’amore di cui si comprende subito quale sarà la fine. Bastano infatti pochi dettagli all’autore per lasciare intuire il lungo dolore che Dora Maar porterà con sé. «Dopo Picasso, solo Dio» diceva la fotografa, che evidentemente prevedeva con esattezza il proprio futuro. Eppure Guerrieri è capace di farci credere, insieme a Dora Maar, alla possibilità di una vittoria sul più artista tra gli artisti, sull’egocentrico e dispotico Picasso, tanto cosciente della propria grandezza da ritenere un onore lo stargli accanto. Non che fosse stato poco chiaro: a quel tempo Picasso era legato a Marie-Thérése ed era già stato sposato con la terribile Olga: ad ognuna assegnava un ruolo preciso. Di Dora Maar voleva lo sguardo. La bellezza, l’intelligenza certamente, ma soprattutto la capacità di osservarlo mentre lavora, il saper coglier il momento giusto, la possibilità di condividere il momento creativo. Sebbene non ci fosse un vero e proprio scambio, troppo distanti i linguaggi e i risultati, lo sguardo sull’opera dell’altro era profondo.
Dora Maar combatte ed è avvincente il racconto di Guerrieri quando si cala nella psicologia di quest’essere fragile, che tenta di opporsi, ma finisce per accettare il ruolo di «Femme qui pleure», che Picasso le assegna nel proprio Olimpo privato.