mercoledì 11 maggio 2016

La Stampa 11.5.16
L’Ue all’Italia: “Sul debito non ci siamo Insufficienti le spiegazioni del Tesoro”
La Commissione chiede altri dati ma è favorevole alla flessibilità
di Marco Zatterin

La situazione dell’Italia e della digeribilità europea del suo immenso debito è ancora «complicata». Di buono c’è che la Commissione Ue risulta orientata a concedere il “via libera” alle richiesta di flessibilità avanzate dal governo Renzi, almeno lo 0,75% del Pil di sconto nelle forme richieste, rispecchiando le clausole legate a riforme, investimenti ed eventi straordinari. Per contro, la questione del passivo storico «monstre» e non corretto abbastanza resta aperta. Se la palleggiano falchi e colombe, chi dice che le regole non vanno troppo maltrattate e chi risponde invitando a guardare il quadro complessivo. Martedì è arrivata a Bruxelles una lettera di Pier Carlo Padoan che spiega una volta di più il programma italiano. Un passo nella giusta direzione, dice una fonte europea, ma «non ancora sufficiente». Pare che si siano «troppi pochi numeri»
Ieri pomeriggio, in una delle rare sessioni senza vere decisioni da dover prendere, il Team Juncker si è cimentato a Strasburgo in un dibattito di orientamento sulle finanze pubbliche dei Ventotto. E’ stato un passaggio intenso in vista del giorno del giudizio, il 18 maggio in cui la Commissione dovrà dire chi rispetta e i patti e chi no, e poi suggerire eventuali correzioni. Si è parlato molto di Roma e del suo debito. Non solo. Anche Belgio e Finlandia hanno una voragine paurosa nei Tesori, tuttavia il profilo appare più maneggiabile. Problematici i casi di Portogallo e Spagna, Paesi dove l’instabilità politica si è proiettata sulla gestione di spese e entrate. Qui i saldi non tornano.
Il dossier italiano ha sfaccettature peculiari. Ne è titolare un grande Paese con un governo giudicato stabile ed europeista, che ha avviato un percorso di riforme, ma che - vincolato dall’eredità di un passato in cui poco s’è visto fare per rafforzare la competitività del sistema - si ritrova numeri non compatibili con gli impegni e i percorsi negoziati coi partner Ue. E’ stato un confronto molto «politico», come richiedono i tempi. Risulta che l’alto rappresentante Mogherini, come il presidente Juncker e il suo vice Timmermans, abbiano calato argomenti per invitare a mettere i verdetto nel contesto del momento, per evitare nuove derive populiste amplificate dall’austerità richiesta per il rispetto delle regole. Cauto il responsabile economico Pierre Moscovici, attento a non esporsi ora.
C’è chi racconta che non sia una minoranza quella che pensa che l’Italia debba fare di più. La sensazione di un partecipante all’incontro è che ora saranno necessarie «nuove precisazioni che convincano di come il governo è impegnato a tenere la barra diritta». In questo senso va la lettera di Padoan al vicepresidente Dombrovskis e a Moscovici (si veda altro articolo in questa pagina), testo che conferma come in via XX settembre siano consapevoli che il quadro è «complicato» come lo dipingono le fonti di Bruxelles. A quel che si sente, la missiva del Tesoro non sembra però aver risolto il caso. Altre ne serviranno, con telefonate e mail. Nei prossimi otto giorni, il carteggio fra Palazzo Berlaymont e Roma è destinato a continuare.