martedì 10 maggio 2016

La Stampa 10.5.15
Brasile, prima vittoria per Dilma
Sospeso (per ora) l’impeachment
Il presidente della Camera annulla a sorpresa la votazione
Rousseff esulta. Ma la Corte suprema può rovesciare tutto
di Emiliano Guanella

C’è incertezza fino all’ultimo in Brasile sulla richiesta di impeachment alla presidente Dilma Rousseff, bloccata ieri pomeriggio per decisione del presidente ad interim della Camera dei deputati Waldir Maranhao, che ha annullato la votazione favorevole del 17 aprile scorso congelando così per qualche ora l’iter alla vigilia della votazione finale in Senato. Corsi e ricorsi infiniti, i tre poteri, giudiziario, esecutivo e legislativo, che si accusano a vicenda, con duecento milioni di brasiliani che assistono increduli ad una lunga ed estenuante telenovela fatta di colpi di scena, complotti e tradimenti continui.
Ieri i quindici minuti di fama sono stati tutti di Maranhao, medico veterinario, homo politicus eclettico e trasversale, alleato del presidente deposto della Camera Eduardo Cunha, ma che ha votato, contraddicendo l’indicazione del suo partito, contro la messa in stato d’accusa della Rousseff. Maranhao, che in teoria avrebbe dovuto semplicemente traghettare la Camera in attesa che i partiti decidessero una nuova guida, ha deciso di accogliere una richiesta di sospensione della votazione depositata dall’Avvocatura generale dello Stato, ma che era stata ignorata da Cunha, nemico giurato del governo e grande architetto dell’impeachment.
Cunha, coinvolto in numerosi scandali di corruzione, è stato deposto dalla Corte Suprema la settimana scorsa; per alcuni analisti sarebbe stato proprio lui a suggerire l’annullamento del voto a Maranhao come vendetta per il fatto di essere stato scaricato dalla nuova coalizione che formerà il governo ribaltone del vicepresidente Michel Temer, pronto ad insediarsi non appena il Senato sottometterà la Rousseff al processo di impeachment. Come Nerone, sarebbe ora disposto a bruciare Roma per suo interesse. Annullare il voto della Camera, del resto, sarebbe l’ultima disperata carta in mano alla Rousseff, vicinissima al suo addio al palazzo presidenziale di Planalto. Ieri Dilma è stata informata della decisione di Maranhao durante un incontro con un gruppo di studenti universitari. «Manteniamo la calma – ha detto visibilmente emozionata - vediamo i prossimi sviluppi, la lotta contro il golpe continua». Tutto lascia indicare, comunque, che la manovra non avrà successo. Il presidente del Senato Renan Calheiros, altro personaggio ambiguo in tutta questa vicenda, un giorno vicino al governo, un giorno con l’opposizione, ha fatto sapere che l’iter ormai è avviato e che tocca alla Camera alta decidere. Ieri in serata si attendeva una decisione del Supremo Tribunale Federale, chiamato per l’ennesima volta a dirimere questioni relative al procedimento dell’impeachment.
Mentre nell’arena i leoni si sbranano, il vicepresidente Michel Temer si mantiene defilato, occupato a riempire gli ultimi tasselli del suo governo. I dicasteri più importanti sono già assegnati, è bagarre sui minori, con una ventina di partiti che reclamano la loro parte. Temer avrà a disposizione anche 10.000 posti nella gigantesca macchina amministrativa federale di Brasilia, incarichi controllati oggi dal Partito dei Lavoratori (Pt) di Lula e Dilma.
Dovrà faticare non poco per calmare gli appetiti voraci di una classe politica sempre più screditata agli occhi dell’opinione pubblica, ma disposta a tutta pur di mantenere il potere.