La Stampa 10.5.15
Unioni civili, politici gay e attivisti si dividono tra festa e delusione
La
 nuova legge all’esame definitivo della Camera. Forse giovedì il voto 
Per qualcuno è un passo importante, per altri un’occasione mancata
di Flavia Amabile
Ormai
 ci siamo, questa settimana gli italiani avranno una legge sulle unioni 
civili. Nulla sarà più come prima ma la comunità lgbt ancora non ha le 
idee chiare, sembra quasi disorientata di fronte a quello che sta per 
accadere.
Si dovrebbe festeggiare, dicono quelli che all’interno 
del Pd hanno voluto con forza questa legge, e qualcuno sta anche 
provando ad organizzare qualcosa. Ma chi nel mondo omosessuale ha 
vissuto come uno schiaffo e come l’ennesima discriminazione il testo che
 sta per essere approvato in via definitiva alla Camera, si terrà ben 
lontano da ogni raduno, pubblico o privato che sia.
«La verità? È 
un momento talmente grande e che abbiamo aspettato così a lungo, che ora
 che è arrivato ci trova impreparati», ammette Ivan Scalfarotto, Pd, 
sottosegretario alle Riforme, da fine marzo viceministro allo Sviluppo 
economico, uno che si è battuto per le Unioni civili dal primo momento 
in cui ha messo piede in Parlamento. «Forse perché, nonostante il lavoro
 e le speranze, in parte dei nostri cuori ci si era abituati all’idea 
che non sarebbe arrivato mai. È stato un modo per resistere alle 
continue delusioni e continuare a vivere, nonostante tutto».
Eppure
 il momento è arrivato e Anna Paola Concia non intende perderlo. Lei 
appartiene agli entusiasti, a quelli che vorrebbero portare tutti in 
piazza in nome delle unioni civili. «Non capisco come si possa non 
festeggiare, per me inizia una delle settimane più belle della mia vita.
 La nuova legge cambierà la vita di tante donne e uomini. Ho parlato con
 il partito, mi farebbe piacere vedere le piazze riempirsi per 
sottolineare questo momento storico».
Anna Paola Concia, tessera 
del Pd e prima ancora di tutte le varie sigle fino a risalire al Pci, 
dal 2008 al 2013 è stata l’unica omosessuale dichiarata in Parlamento. 
Non è stata rieletta, è andata a vivere in Germania con sua moglie ma da
 qualche settimana è di nuovo in Italia, si presenta alle comunali con 
Giachetti. «Da due anni vivo in un Paese che, con l’unica eccezione 
della stepchild adoption, dà gli stessi diritti e anche le stesse 
responsabilità contenute nel testo che sta per essere approvato. So 
quanto è rivoluzionario quello che sta per accadere».
Dal cognome 
comune alla reversibilità della pensione, i congedi parentali, le 
graduatorie all’asilo nido se si hanno dei figli, ai diritti di 
successione, i cambiamenti in arrivo sono molti. Li sottolinea Cristiana
 Alicata, che da anni è una delle colonne della comunità Lgbt che fa 
capo al Pd oltre ad essere manager Fca e consigliere di amministrazione 
dell’Anas: «Con questa legge avremo un istituto equivalente al 
matrimonio e avremo finalmente abbattuto il muro del nulla e del 
silenzio. Mi piacerebbe una comunità matura che festeggi in piazza e che
 sappia dire che è un grande passo anche se non basta. Un minuto dopo 
aver festeggiato tornerò a lottare, adesso il Pd deve mettere in 
programma il matrimonio egualitario».
Non basta e c’è una parte 
della comunità Lgbt che lo va dicendo da tempo e che non festeggerà 
proprio nulla. Andrea Maccarrone, ex presidente del circolo Mario Mieli,
 è fra gli attivisti che si sono esposti di più nell’opporsi alla legge.
 Per tre settimane ha seguito i lavori in Senato con le provocazioni 
consentite dal regolamento parlamentare. Da ieri sta facendo altrettanto
 alla Camera. «Capisco l’importanza da un punto di vista simbolico e 
anche pratico, ma forse non si è capito che nell’immediato non cambierà 
nulla. Si tratta di una legge delega, dovranno essere approvati i 
regolamenti per renderla operativa, e dovrà farlo il ministro Alfano che
 potrebbe avere tutto l’interesse politico a rallentare i tempi o a 
complicare le procedure».
Nessuna voglia di festeggiare anche tra 
le Famiglie Arcobaleno. La presidente Marilena Grassadonia ha una 
compagna sposata in Spagna e tre figli che per l'Italia non hanno 
famiglia ma due madri single: «I bambini che avrebbero dovuto essere i 
primi a essere tutelati, sono stati cancellati. L’Italia ha perso 
un’occasione e noi continueremo la nostra battaglia per riconoscere i 
nostri figli alla nascita».
 
