martedì 10 maggio 2016

il manifesto 10.5.15
Fassina: «La responsabilità è mia, ma al ricorso diranno sì»
Amministrative Roma. Il candidato sulle sue liste escluse: rientreranno, nessun piano B, senza di noi voto falsato. «Andiamo avanti» Malumori e veleni fra i militanti Il verdetto del Tar entro sabato. «Errore materiale, siamo fiduciosi» Lo stato maggiore di Sel si precipita intorno al candidato
di Daniela Preziosi

Prova a scherzare «Siamo in prima su tutti i giornali? Abbiamo ingaggiato un genio della comunicazione per fare questa mossa». Ma la faccia tirata di Stefano Fassina è tutto un programma, oggi sorridere è al di là delle sue forze anche se per la prima volta ha davanti una selva di telecamere e di cronisti. Mai si erano spinti in tanti fino alla sede del comitato di Torpignattara, una zona desolata a est della capitale che i giornalisti definiscono «laggiù». Nel retro dello stanzone c’è un corridoio con sei porte tutte diverse: non si aprono, è un ex negozio di porte, è un’esposizione, ma sembra la metafora di chi si caccia in un vicolo cieco.
Fassina sorride poco anche in tv nonostante le preghiere dei suoi, figuriamoci se sorride ora che è in bilico, che le sue liste sono per ora escluse (tranne una, quella del IV municipio). Che la sua corsa elettorale rischia di fermarsi qui, a meno di un mese dal voto. Una corsa iniziata prima di tutti, a novembre, quando il Pd si dilaniava e i 5 stelle stavano a carissimo amico. Da quel momento ha corso sempre, come Forrest Gump, anche quando i compagni del suo partito – Sinistra italiana – cercavano altri nomi certi di disporre del suo ritiro. Hanno invocato il senatore Tocci, l’ex ministro Bray, l’ex sindaco Marino, tutti sfumati mentre lui restava tenacemente in corsa sostenuto dall’ala sinistra della sua «Sinistra per Roma».
Stavolta a fermarlo è la Commissione Elettorale Circondariale che domenica ha giudicato gli errori della raccolta di firme – manca la data a 679 firme autenticate sulle due liste per il Campidoglio, Sinistra per Roma e Civica per Fassina – motivo di «nullità insanabile». Le parole fanno paura ma non è ancora detto. Fra oggi e domani un team di avvocati farà ricorso al Tar. Fassina lo annuncia seduto fra i due capolista Tiziana Perrone e Michele Dau, ma sono venuti a «metterci la faccia» anche i parlamentari di Sel (Nicola Fratoianni, Loredana De Petris, Filiberto Zaratti, Massimo Cervellini, Ciccio Ferrara, Alfredo D’Attorre), in mezzo ai militanti increduli. Fassina cerca di infondere fiducia: si tratta, spiega , «di errori materiali»: l’autenticatrice – la vicepresidente del IV municipio Anna Corciulo – non ha messo la data ai moduli che autenticava. «A nostro avviso è un errore formale perché la data serve a certificare che le firme non siano state raccolte prima dei 180 giorni previsti dalla legge. Ma possiamo fornire gli elementi per sostituire il valore certificativo della firma: sono la nomina a vicepresidente del municipio di chi ha certificato, avvenuta il 28 dicembre 2015, e il decreto del governo dell’8 aprile». Poi c’è l’altro problema, per i candidati municipi: hanno utilizzato moduli vecchi, precedenti alla Legge Severino, poi hanno rifirmato tutti all’ultimo un poco fuori tempo massimo. A via Tempesta arriva anche Andrea Catarci, il presidente uscente dell’VIII municipio, la repubblica ribelle di Garbatella: ha raccolto le firme con i suoi, ha fatto tutto bene, rischia di rimanere l’unico in corsa.
Ma no, Fassina non ha dubbi: il ricorso sarà accettato. E infatti respinge tutte le domande che cercano di carpire a chi, in caso contrario, andrebbero i voti: «I voti andranno a noi. Non ci sono piani B». E se in passato aveva detto che votare i 5 stelle al ballottaggio non era escluso, oggi aggiusta il tiro «questa storia è una leggenda metropolitana. La campagna elettorale va avanti. Non abbiamo ragioni per prendere in considerazione altre ipotesi». Non è un mistero che fra quelli che gli stanno più vicini l’insofferenza verso il candidato Pd è ormai massima. Fassina cerca di rimandare la discussione, che prima o poi però si farà: «Con Giachetti e gli altri ci sono differenze programmatiche profonde. In questa città manca un’alternativa a quella agenda liberista che ha gestito la politica cittadina. Dall’urbanistica alle municipalizzate, dal debito agli asili nido, ci sono posizioni legittimamente molto diverse».
Sulla clamorosa papera delle firme sui social circolano ipotesi di dolo, complotto, persino di autosabotaggio da parte di chi, in Sel, sin dall’inizio tirava per l’accordo con il Pd. Veleni, accuse, reciproci rinfacci, triste spettacolo di una sinistra corrosa da vecchi e nuovi rancori. Qualcosa non è andato nel verso giusto nel ristretto – forse troppo – comitato elettorale. Perché? «Non voglio pensare alla non sanabilità degli errori. Se così fosse, vorrebbe dire che il comitato elettorale avrebbe commesso errori gravissimi. In quel caso dovremmo solo chiedere scusa ai romani e in particolare ai nostri elettori», dice Massimiliano Smeriglio, vice presidente della regione Lazio.
Ma sul punto Fassina è metallico: «Non faccio ipotesi in questa fase, in questa fase siamo stati tutti uniti e non abbiamo aperto nessun’ altra discussione. Mi assumo tutte le responsabilità. La cosa che più mi è dispiaciuta è che la professionalità delle persone che hanno lavorato in queste settimane ha subito un colpo in termini di immagine. Sono ottimista e fiducioso. Senza una forza politica come la nostra lo scenario democratico sarebbe seriamente ferito e il gioco elettorale falsato».
È quello che dirà oggi pomeriggio a tutti i suoi candidati del comune e dei municipi, centinaia di persone convocate alla Città dell’altra economia di Testaccio. «Siamo uniti. In queste ore di difficoltà è venuta fuori in modo molto visibile una comunità che sapeva già di essere impegnata in una sfida difficile e ora siamo di fronte passaggio complicato che affrontiamo con grande determinazione, ma il dato di partenza è che a Roma la comunità della sinistra c’è ed è forte».
«Andremo avanti», comunque vada il progetto unitario della sinistra non si ferma, giura Fassina. Lo ha spiegato poi ieri sera a Torino, dov’è volato per partecipare a un dibattito con gli altri candidati sindaci della sinistra (Giorgio Airaudo di Torino, Basilio Rizzo di Milano, Federico Martelloni di Bologna) che hanno le sue stessi intenzioni: «Nelle città abbiamo progetti radicati sul territorio, esperienze sociali e civili che si sono finalmente riunite. È un capitale che dobbiamo consolidare, trasformarlo in un processo costituente che integri quello Sinistra italiana. Io comunque lavorerò a questo».