il manifesto 10.5.15
Fassina: «La responsabilità è mia, ma al ricorso diranno sì»
Amministrative
Roma. Il candidato sulle sue liste escluse: rientreranno, nessun piano
B, senza di noi voto falsato. «Andiamo avanti» Malumori e veleni fra i
militanti Il verdetto del Tar entro sabato. «Errore materiale, siamo
fiduciosi» Lo stato maggiore di Sel si precipita intorno al candidato
di Daniela Preziosi
Prova
a scherzare «Siamo in prima su tutti i giornali? Abbiamo ingaggiato un
genio della comunicazione per fare questa mossa». Ma la faccia tirata di
Stefano Fassina è tutto un programma, oggi sorridere è al di là delle
sue forze anche se per la prima volta ha davanti una selva di telecamere
e di cronisti. Mai si erano spinti in tanti fino alla sede del comitato
di Torpignattara, una zona desolata a est della capitale che i
giornalisti definiscono «laggiù». Nel retro dello stanzone c’è un
corridoio con sei porte tutte diverse: non si aprono, è un ex negozio di
porte, è un’esposizione, ma sembra la metafora di chi si caccia in un
vicolo cieco.
Fassina sorride poco anche in tv nonostante le
preghiere dei suoi, figuriamoci se sorride ora che è in bilico, che le
sue liste sono per ora escluse (tranne una, quella del IV municipio).
Che la sua corsa elettorale rischia di fermarsi qui, a meno di un mese
dal voto. Una corsa iniziata prima di tutti, a novembre, quando il Pd si
dilaniava e i 5 stelle stavano a carissimo amico. Da quel momento ha
corso sempre, come Forrest Gump, anche quando i compagni del suo partito
– Sinistra italiana – cercavano altri nomi certi di disporre del suo
ritiro. Hanno invocato il senatore Tocci, l’ex ministro Bray, l’ex
sindaco Marino, tutti sfumati mentre lui restava tenacemente in corsa
sostenuto dall’ala sinistra della sua «Sinistra per Roma».
Stavolta
a fermarlo è la Commissione Elettorale Circondariale che domenica ha
giudicato gli errori della raccolta di firme – manca la data a 679 firme
autenticate sulle due liste per il Campidoglio, Sinistra per Roma e
Civica per Fassina – motivo di «nullità insanabile». Le parole fanno
paura ma non è ancora detto. Fra oggi e domani un team di avvocati farà
ricorso al Tar. Fassina lo annuncia seduto fra i due capolista Tiziana
Perrone e Michele Dau, ma sono venuti a «metterci la faccia» anche i
parlamentari di Sel (Nicola Fratoianni, Loredana De Petris, Filiberto
Zaratti, Massimo Cervellini, Ciccio Ferrara, Alfredo D’Attorre), in
mezzo ai militanti increduli. Fassina cerca di infondere fiducia: si
tratta, spiega , «di errori materiali»: l’autenticatrice – la
vicepresidente del IV municipio Anna Corciulo – non ha messo la data ai
moduli che autenticava. «A nostro avviso è un errore formale perché la
data serve a certificare che le firme non siano state raccolte prima dei
180 giorni previsti dalla legge. Ma possiamo fornire gli elementi per
sostituire il valore certificativo della firma: sono la nomina a
vicepresidente del municipio di chi ha certificato, avvenuta il 28
dicembre 2015, e il decreto del governo dell’8 aprile». Poi c’è l’altro
problema, per i candidati municipi: hanno utilizzato moduli vecchi,
precedenti alla Legge Severino, poi hanno rifirmato tutti all’ultimo un
poco fuori tempo massimo. A via Tempesta arriva anche Andrea Catarci, il
presidente uscente dell’VIII municipio, la repubblica ribelle di
Garbatella: ha raccolto le firme con i suoi, ha fatto tutto bene,
rischia di rimanere l’unico in corsa.
Ma no, Fassina non ha dubbi:
il ricorso sarà accettato. E infatti respinge tutte le domande che
cercano di carpire a chi, in caso contrario, andrebbero i voti: «I voti
andranno a noi. Non ci sono piani B». E se in passato aveva detto che
votare i 5 stelle al ballottaggio non era escluso, oggi aggiusta il tiro
«questa storia è una leggenda metropolitana. La campagna elettorale va
avanti. Non abbiamo ragioni per prendere in considerazione altre
ipotesi». Non è un mistero che fra quelli che gli stanno più vicini
l’insofferenza verso il candidato Pd è ormai massima. Fassina cerca di
rimandare la discussione, che prima o poi però si farà: «Con Giachetti e
gli altri ci sono differenze programmatiche profonde. In questa città
manca un’alternativa a quella agenda liberista che ha gestito la
politica cittadina. Dall’urbanistica alle municipalizzate, dal debito
agli asili nido, ci sono posizioni legittimamente molto diverse».
Sulla
clamorosa papera delle firme sui social circolano ipotesi di dolo,
complotto, persino di autosabotaggio da parte di chi, in Sel, sin
dall’inizio tirava per l’accordo con il Pd. Veleni, accuse, reciproci
rinfacci, triste spettacolo di una sinistra corrosa da vecchi e nuovi
rancori. Qualcosa non è andato nel verso giusto nel ristretto – forse
troppo – comitato elettorale. Perché? «Non voglio pensare alla non
sanabilità degli errori. Se così fosse, vorrebbe dire che il comitato
elettorale avrebbe commesso errori gravissimi. In quel caso dovremmo
solo chiedere scusa ai romani e in particolare ai nostri elettori», dice
Massimiliano Smeriglio, vice presidente della regione Lazio.
Ma
sul punto Fassina è metallico: «Non faccio ipotesi in questa fase, in
questa fase siamo stati tutti uniti e non abbiamo aperto nessun’ altra
discussione. Mi assumo tutte le responsabilità. La cosa che più mi è
dispiaciuta è che la professionalità delle persone che hanno lavorato in
queste settimane ha subito un colpo in termini di immagine. Sono
ottimista e fiducioso. Senza una forza politica come la nostra lo
scenario democratico sarebbe seriamente ferito e il gioco elettorale
falsato».
È quello che dirà oggi pomeriggio a tutti i suoi
candidati del comune e dei municipi, centinaia di persone convocate alla
Città dell’altra economia di Testaccio. «Siamo uniti. In queste ore di
difficoltà è venuta fuori in modo molto visibile una comunità che sapeva
già di essere impegnata in una sfida difficile e ora siamo di fronte
passaggio complicato che affrontiamo con grande determinazione, ma il
dato di partenza è che a Roma la comunità della sinistra c’è ed è
forte».
«Andremo avanti», comunque vada il progetto unitario della
sinistra non si ferma, giura Fassina. Lo ha spiegato poi ieri sera a
Torino, dov’è volato per partecipare a un dibattito con gli altri
candidati sindaci della sinistra (Giorgio Airaudo di Torino, Basilio
Rizzo di Milano, Federico Martelloni di Bologna) che hanno le sue stessi
intenzioni: «Nelle città abbiamo progetti radicati sul territorio,
esperienze sociali e civili che si sono finalmente riunite. È un
capitale che dobbiamo consolidare, trasformarlo in un processo
costituente che integri quello Sinistra italiana. Io comunque lavorerò a
questo».