La Stampa 10.5.15
Onida: il combinato con l’Italicum aumenta di fatto i poteri del premier
“Noi archeologi? Frasi che si commentano da sé Non vero che nel nostro sistema il premier sia debole”
di Francesco Maesano
C’è
anche la sua firma in calce all’appello dei 56 costituzionalisti che ad
aprile hanno scritto contro una riforma che definiscono una «potenziale
fonte di nuove disfunzioni nel sistema istituzionale». Valerio Onida,
ex presidente della corte Costituzionale, è tra coloro che Renzi ha
chiamato in causa durante la direzione Pd di ieri definendoli
«archeologi travestiti da costituzionalisti».
Presidente Onida, il
premier dice che lei e gli altri costituzionalisti che hanno espresso
riserve sulla riforma costituzionale siete scesi “in difesa del codice
di Hammurabi”.
«Non c’è male».
Lei si sente un archeologo?
«Queste cose non le raccoglierei neanche, non ne vale la pena: si commentano da sole».
Renzi lamenta che oggi la Costituzione assegna al capo del governo una scarsità di poteri che non ha eguali nel mondo.
«La
riforma tocca marginalmente i poteri del governo. Semmai è l’effetto
del combinato disposto con la legge elettorale ad aumentarne il peso:
legge elettorale che, in una situazione tutt’altro che bipartitica,
rischia di produrre eccessivi squilibri di rappresentanza. In ogni caso
non è vero che nel nostro sistema il Presidente del consiglio sia così
debole».
Teme che le vostre eccezioni alla riforma finiscano nel calderone dell’anti-Renzismo militante?
«Questa
campagna referendaria è presentata come un voto su Renzi. Ma non è e
non deve essere così. Il referendum ha un oggetto preciso ed è su questo
che voteremo. Il Governo invece sembra porre una questione di fiducia
di fronte all’elettorato».
Il superamento del bicameralismo paritario proprio non la convince?
«No,
mi convince: ma la riforma va fatta bene, per esempio costruendo una
vera camera delle regioni sul modello del Bundesrat tedesco.
Un’assemblea con veri poteri e che davvero rappresenti le Regioni».
Sarà però un passo avanti in termini di tempistica legislativa, non crede?
«Qualche abbreviazione potrà esserci. Ma i difetti del nostro sistema legislativo non dipendono solo dal bicameralismo».
E da chi dipendono?
«Le
leggi escono anche da palazzo Chigi scritte male. I decreti sono spesso
alluvionali, ledendo chiarezza e certezza del diritto».
C’è però anche un problema di gestione di due maggioranze in due camere con equilibri spesso differenti.
«Questo
è un problema politico. Se c’è una legge importante sulla quale la
maggioranza è compatta allora i tempi sono governabili. Lo ha dimostrato
proprio Renzi portando a casa diverse leggi».
Vede aspetti positivi nella riforma?
«Certo,
ce ne sono. Penso all’introduzione di tempi certi per il voto su alcuni
progetti di legge del governo, o alla possibilità di portare al vaglio
preventivo della Corte Costituzionale le leggi elettorali prima che
vengano promulgate».
La convince la proposta dei Radicali di
spacchettare il “quesitone” in alcune parti da sottoporre al vaglio
degli elettori singolarmente?
«E’ una soluzione plausibile e
auspicabile. Costringere a votare in blocco su tanti argomenti lede la
libertà di voto dell’elettore. Il quesito non è omogeneo. Dunque sarebbe
giusto “spacchettarlo”, magari andando per titoli del testo
costituzionale, per consentire ai cittadini di esprimersi sui singoli
temi».