Il Sole Domenica 8.5.16
l’Istituto italiano per gli Studi filosofici
Filosofia sfrattata
di Gualtiero Gualtieri
Se
Zaratustra piange, manco si può dire che Bellavista rida. Diogene, col
lumicino, cerca l’uomo – Totò cerca casa – e l’Istituto italiano per gli
Studi filosofici, a Napoli, è sotto sfratto. Un’istituzione promossa
dall’Accademia de’ Lincei nel 1975, una collezione di trecentomila
volumi, si ritrova nel marciapiedi.
Senza più fondi pubblici,
l’Istituto, è costretto a lasciare la sede storica, il palazzo ducale di
Serra di Cassano sulla collina di Pizzofalcone. È l’angolo da dove
Goethe, nel suo Italianishe Reise, fece sosta per respirare la bellezza.
Culla quale fu di Hans George Gadamer, l’Istituto è l’Heidelberg
d’Italia, è l’Atene partenopea, è l’agorà dove hanno avuto ospitalità
più di ventisette mila visitatori tra filosofi, scienziati e artisti.
Tana
adatta alla più cocciuta tra le Nottole di Minerva, l’Istituto, è la
scarpa adatta a un solo piede: ed è quello dell’avvocato Gerardo Marotta
– oggi ultraottantenne – fondatore e custode combattente di questa
preziosa perla. Un gioiello su cui ha investito tutto per perdere tutto:
«Ho debiti con tutti», ha detto, «perfino col salumiere».
Il vero
avvocato d’Italia è Marotta, e non il fu Gianni Agnelli. Ed è una
storia, questa della chiusura dell’Istituto di filosofia, tutta di
straziante dolcezza se si pensa al destino dell’avvocato condotto alla
disfatta, e alla bancarotta, dalla sua passione per la filosofia che è,
appunto, amore del sapere. Ma solo una cosa, l’avvocato Marotta, non ha
amato sapere: l’indifferenza degli uomini verso qualunque fatica della
sapienza. Ancor più indifferenti, poi, gli uomini nelle istituzioni.
A
lui, affinché accompagni Diogene, vada l’omaggio dei Sandali. Così da
danzare con Zaratustra e ridere, camminando per Napoli, con Bellavista.