domenica 22 maggio 2016

Il Sole Domenica 22.5.16
Ma il colpevole non è il capitalismo
di Emilio Gentile

Nel 2015 la rivista francese «Esprit» dedicò un numero al filosofo tedesco Jürgen Habermas definendolo «l’ultimo filosofo», cioè uno dei rari pensatori ancora animati da una «ambizione sistematica». In una lunga intervista con il curatore del fascicolo Michaël Foessel, pubblicata ora in italiano nella rivista «Vita e Pensiero» (n.2, 2016), il filosofo traccia il percorso della sua formazione filosofica e politica nella Germania degli anni Cinquanta, quando «nelle università tedesche era generalmente impossibile studiare con professori che non fossero ex nazisti, o non fossero compromessi con il regime». La sua, egli racconta, fu una generazione «segnata da una profonda diffidenza nei confronti di se stessa», impegnata nella ricerca «di quegli oscuri geni nemici della ragione che dovevano avere le loro radici nella nostra stessa tradizione».
Nell’intervista, Habermas affronta, fra l’altro, il problema della democrazia nell’era della globalizzazione. Dichiara di essere «sempre stato un socialista parlamentare», senza mai essere stato «tentato dal marxismo ortodosso». La sua concezione della democrazia socialista aveva i presupposti non solo nel marxismo, ma in Kant e nella Rivoluzione francese. Muovendosi nella scia delle più recenti riflessioni filosofiche sui rapporti fra fede e ragione, fra religione e politica, dopo il tramonto dell’«era delle rappresentazioni del mondo», Habermas si sofferma sul fenomeno del «capitalismo sfrenato, che sfugge a ogni controllo politico», e produce «un sistema economico autoregolato, che obbedisce esclusivamente alla logica della propria valorizzazione in vista del profitto», provocando la trasformazione delle democrazie capitaliste in «democrazie di facciata», il cui sintomo più evidente, secondo il filosofo, è «l’aumento del tasso di astensioni».
Attribuire la genesi delle «democrazie di facciata» soltanto a un «capitalismo sfrenato» potrebbe però distogliere l’attenzione da altri importanti fattori genetici, non immediatamente economici, che si annidano nella natura stessa della democrazia di massa: sono le «insidie democratiche contro la democrazia», come potremmo chiamarle, che possono aver successo proprio in fasi di alto astensionismo, quando una maggioranza votante, anche se rappresenta una minoranza rispetto alla massa dei cittadini aventi diritto al voto, elegge governanti i quali, per i più diversi motivi e scopi, senza essere legati agli interessi del capitalismo di mercato, agendo anzi come “populisti di sinistra”, governano mettendo in folle le istituzioni democratiche.