Il Sole Domenica 22.5.16
Judaica
Rilettura femminista della Bibbia
di Giulio Busi
È
una porta stretta, quella del pensiero contemporaneo. E chi voglia
oltrepassarla, deve spogliarsi di molti panni, antichi e nobili. Come
fare a portare con sé fede e innocenza religiosa, anche oltre la soglia
della ragione che tutto dubita? Tamara Ross è studiosa e filosofa, una
voce importante nel femminismo ebraico di orientamento ortodosso. Della
pretesa degli storici d’essere oggettivi e imparziali ha fatto
esperienza fin dai suoi studi accademici, negli Stati Uniti prima , e in
Israele poi, dove insegna all’Università Bar Ilan di Tel Aviv. Rispetto
a cosa, vuol essere imparziale uno storico? Alla verità del passato, da
ricostruire con il freddo metodo della scienza, o alla verità del
presente, che come un mare in tempesta ci lambisce, a volte ci sommerge,
quasi sempre c’impensierisce? E la fede, poi, che pretese conoscitive
può mai avere, con le sue deboli prove fattuali, con quel credere, così
tangibile nelle azioni e nelle parole e pure sfuggente nelle sue cause
profonde.
Quando Mosè vuol preparare la sua gente alla rivelazione
divina, sul Monte Sinai, mette in guardia il popolo: «Siate pronti fra
tre giorni, non vi accostate a donna». Per una donna ebrea di oggi, che
sia credente e viva il proprio ruolo con convinzione, quella separazione
e tabuizzazione del femminile, proprio alle soglie della teofania, può
essere frustrante e incomprensibile. Ross, che credente e convinta
interprete della tradizione lo è senza dubbio, ha cercato, in scritti
importanti, di riflettere sullo statuto di immutabilità del testo sacro.
Se la Bibbia e la tradizione rabbinica attribuiscono alla donna un
ruolo subalterno, e usano un linguaggio maschilista, dove s’annida
l’errore? È l’interprete, che fraintende, o è il testo, che è come
avviluppato in un mondo arcaico, paternalistico, discriminatorio? Tamara
Ross ha il dono di una prosa cauta ed equilibrata. E non ama le
posizioni radicali. Chiede a se stessa e agli altri con tono educato,
sebbene le domande siano gravi ed eloquenti. Se il linguaggio della
rivelazione stride con la sensibilità contemporanea, a chi dar retta?
Cosa rimane di divino, se ogni testo, anche quello biblico, può essere
storicizzato, visto nei limiti dell’ambiente in cui è stato redatto?
Molto, risponde la Ross, anzi tutto e un poco di più, ed è affermazione
sorprendente quando ci saremmo aspettati un rifiuto o una critica
distruttiva. Il concetto cardine attorno a cui si muove questa rilettura
femminista è quello di interpretazione cumulativa. La rivelazione non
avviene una volta per tutte, in maniera definitiva, ma dipende e si
sviluppa dalla comunità a cui è rivolta, la custodisce, la medita,
l’approfondisce. In questo senso, l’apparizione sul Sinai è solo un
inizio. E se quest’inizio parla la lingua della società patriarcale del
Vicino oriente antico, tutto il lavorio delle generazioni successive, e
di quelle attuali, è anch’esso parte costitutiva dell’incontro tra
divino e umano. Partita dalla questione femminile, la Ross giunge a
considerazioni che abbracciano il più ampio problema dell’attualità del
discorso religioso. Non è modificando il testo che si riscrive il
giudaismo. Piuttosto, il giudaismo, di cui le donne fanno ora parte in
maniera più consapevole, può impossessarsi sempre più profondamente
della forza della Torah. Come a dire, che il libro sacro, e il
patrimonio delle usanze e della legge, non sono contenuti fissati per
sempre, ma un’energia, che si libera in ogni generazione, nei modi
plausibili e comprensibili per quell’epoca. Non sfugge come questa
visione sia calibrata sul senso, tutto postmoderno, di una verità
contestuale. Religione, insomma, non come sistema chiuso ma come
esperienza che si avvera nella sua intensità storica ed emotiva. La
porta stretta della ragione e della critica la si può varcare anche di
slancio, conservando solo l’essenziale. Tamara Ross è convinta che per
continuare a credere nel passato sia necessario cambiarlo, oggi.
Tamar Ross, Constructing Faith , a cura di Hava Tirosh-Samuelson e Aaron W. Hughes, Brill, Leida, pagg. 312, € 33