domenica 15 maggio 2016

Il Sole Domenica 15.5.16
Neuroscienze
Specchio a più dimensioni
Nuove scoperte sul meccanismo che rende possibile la comprensione dall’interno delle emozioni altrui
di Giacomo Rizzolatti

Nelle aree motorie della scimmia esistono dei neuroni che si attivano sia quando la scimmia compie un’azione, sia quando osserva un altro individuo compiere un’azione simile. Questi neuroni, che abbiamo scoperto circa venti anni fa, sono noti come «neuroni specchio». Negli stessi anni in cui studiavamo i neuroni specchio, ci fu un enorme sviluppo delle tecniche di brain imaging e in particolare della risonanza magnetica funzionale (fMRI). È stato grazie a questo sviluppo tecnologico che noi e poi molti altri abbiamo dimostrato che anche nell’uomo l’osservazione di azioni altrui attiva nell’osservatore le aree motorie. Inizialmente, gli esperimenti nell’uomo erano condotti presentando gli stessi stimoli che venivano usati nella scimmia, come ad esempio osservare un individuo prendere un oggetto. Poiché le aree che si attivavano nelle due specie erano le stesse, si concluse che nei primati esiste un «sistema specchio» per capire le azioni manuali altrui.
Mano a mano però che gli studi procedevano, ci si accorse che il «sistema specchio» originariamente descritto era solo la punta di un iceberg. Infatti, si scoprì che in molte aree della corteccia cerebrale esisteva un meccanismo che trasformava le rappresentazioni visive in rappresentazioni motorie: il «meccanismo specchio». Questo meccanismo era presente non solo nella scimmia e nell’uomo, ma anche in altre specie, quali le marmosette e gli uccelli e non solo nei centri motori corticali, ma anche nelle aree responsabili delle emozioni.
C’è un’emozione classica, darwiniana, il disgusto, per cui i dati sono chiari e completi. Se si stimola elettricamente un settore di un lobo della corteccia cerebrale – l’insula anteriore – si osservano i movimenti facciali propri del disgusto. L’effetto è robusto e presente sia nella scimmia sia nell’uomo. Se un paziente ha una lesione bilaterale della stessa regione, il senso del disgusto è perso. È stato descritto il caso di un paziente con lesione dell’insula che guardando del cibo sputato per terra commenta: «Delicious».
Quello che ci interessa però di più qui è un esperimento sulla comprensione del disgusto. In uno studio fMRI condotto a Marsiglia abbiamo confermato che la somministrazione di stimoli naturali disgustanti (odore di uova marce) attiva la parte anteriore dell’insula. Successivamente, agli stessi soggetti sono state mostrate facce di persone che esprimevano disgusto. Il risultato è stato stupefacente. Gli stessi «voxels» che si attivavano nel primo caso , si attivavano anche nel secondo.
Quale è il significato di questo esperimento? Indica che abbiamo un meccanismo per cui “sentiamo” le emozioni degli altri direttamente, le viviamo come se fossero nostre. La stessa popolazione neuronale che si attiva per le nostre emozioni, si attiva per quelle degli altri. Possiamo capire le emozioni anche in un’altra maniera, cognitivamente, mediante processi logico-inferenziali. Ad esempio, se vedo sul mio cellulare un emoticon capisco se l’altro è triste o felice, ma NON provo la sua emozione. È un altro tipo di comprensione. Con Corrado Sinigaglia abbiamo chiamato il capire mediante il meccanismo specchio «The understanding from the inside». Non è una comprensione logica, ma fenomenica. Il tuo stato mentale diventa il mio.
I meccanismi naturali sono modificabili dall’esperienza. Se il meccanismo di base: «Tu sei come me» è bloccato da ideologie perverse o da propaganda politica, gli altri diventano oggetti. Non sono più persone. Se hai convinto la maggioranza della popolazione che alcuni esseri umani sono in realtà degli Untermenschen, puoi bruciarli (campi nazisti) o tagliare loro la gola (Isis), tanto sono delle cose, non esseri umani.
La risonanza magnetica accanto a molti pregi ha un grande difetto. Non dice nulla sul tempo. Mostra che certe aree diventano attive in risposta a un dato stimolo, ma non dà alcuna informazione sulla dinamica temporale di queste attivazioni. È un mondo senza tempo. Recentemente abbiamo sviluppato una metodologia che ci permette non solo di identificare le aree cerebrali che si attivano durante un certo compito sensoriale o cognitivo, ma anche di definire la dinamica temporale della loro attivazione (Avanzini et al., PNAS, marzo 2016). Siamo riusciti a ottenere questo dopo parecchi anni di lavoro condotti assieme al Centro chirurgico per la cura dell’epilessia farmaco-resistente dell’Ospedale Niguarda di Milano. Questo centro, diretto da Giorgio Lo Russo, è uno dei pochi centri al mondo che usa, prima di intervenire sul paziente, una particolare tecnica: la registrazione della attività elettrica dall’interno del cervello, la cosiddetta «stereo-elettroencefalografia». Grazie al lavoro congiunto, oltre che dei neurochirurghi, dei neurologi del Niguarda (Ivana Sartori in particolare), del mio team (Pietro Avanzini, un ingegnere con dottorato in neuroscienze in primis, e Fausto Caruana) e di quello di Guy Orban (un neuroscienziato di Lovanio, che ha trasferito il suo ERC a Parma), siamo riusciti a ricostruire con precisione la posizione di tutti i contatti registranti in 100 pazienti, unire le mappe cerebrali dei vari pazienti in una mappa generale, e stabilire con una precisione al millisecondo quando le attivazioni cerebrali hanno inizio e la loro durata.
Il lavoro sopracitato, che ha avuto dei commenti molto positivi dai maggiori esperti mondiali del sistema somatosensoriale, ha descritto la dinamica temporo-spaziale delle attivazioni corticali dopo stimolazione di un nervo del braccio, il nervo mediano. Molti di questi dati hanno confermato nozioni precedenti, ma hanno anche descritto effetti inaspettati come un’attività tonica, prolungata, nell’insula posteriore, attivazione che non si poteva mettere in evidenza con altre tecniche.
I dati relativi alla stimolazione del nervo mediano hanno poco a che fare con il meccanismo mirror, ma, a parte il loro interesse intrinseco, hanno validato una strategia capace di descrivere in dettaglio la dinamicità spazio-temporale dell’attività cerebrale . Un cervello rappresentato in 4 dimensioni. Questo approccio ci consente di caratterizzare il comportamento di tutte le aree corticali, rivelando come molte si attivino in base a un meccanismo mirror. Cosa succede quando osserviamo un filmato dove una persona interagisce con un oggetto? Grazie alla possibilità di sincronizzare le attività corticali con le diverse fasi dell’azione osservata, abbiamo dimostrato che il meccanismo mirror segue nel tempo gli eventi dell’azione. Quando osservo un’azione c’è una progressione temporale delle attivazioni nel mio cervello come se fossi io a fare l’azione. In corrispondenza del contatto tra mano e oggetto, la sequenza si conclude con l’attivazione di un’area prevalentemente tattile,l’area somatica seconda. Anche se sta solo osservando l’azione fatta da un altro, il cervello dell’osservatore risponde come se lui stesso stesse toccando l’oggetto.
Ma il meccanismo mirror coinvolge anche aree cerebrali al di fuori di quelle alla base delle azioni manuali. Un esperimento che abbiamo appena pubblicato concerne la risata (Caruana et al. Cortex 2015). Abbiamo dimostrato, mediante stimolazione elettrica, che una regione posta sulla parte interna del cervello, giro del cingolo anteriore, controlla il riso. Il riso evocato è del tutto naturale, può accompagnarsi a movimenti del corpo e soggettivamente a un senso di allegria. Ma la cosa più interessante è che se allo stesso soggetto si mostrano filmati in cui un ragazzo ride, piange, o non esprime alcuna emozione, solo nel caso del riso compare un’attività gamma (attivazione) nella sede dove c’è il programma motorio ridere. Il tuo riso è il mio riso. Anche qui la comprensione si basa sul meccanismo mirror. Da notare che un simile studio sarebbe impossibile con la risonanza funzionale, data l’elevata suscettibilità di questa tecnica agli artefatti da movimento.
In conclusione, questi nuovi dati mostrano che le rappresentazioni motorie coinvolte tanto nelle emozioni quanto nelle azioni costituiscono l’impalcatura su cui poggia la nostra capacità di codificare le emozioni e le azioni osservate negli altri. Il meccanismo specchio usa le risorse neurali che servono per la produzione di azioni ed emozioni per comprendere le azioni e le emozioni negli altri. L’enfasi sul «dall’interno» caratterizza questo tipo di comprensione, una comprensione in prima persona che non ha bisogno di altri processi per verificarsi.
Se il meccanismo specchio rende possibile una comprensione dall’interno delle azioni ed emozioni altrui, questo non significa che questo tipo di comprensione sia l’unico. Al contrario, proprio lo studio delle proprietà funzionali del meccanismo specchio ha dimostrato che possiamo comprendere gli altri in più modi, come nel caso, ad esempio, di comportamenti di cui non abbiamo una rappresentazione motoria (il volo degli uccelli). Inoltre, anche quando comprendiamo «dall’interno», la nostra comprensione di ciò che osserviamo spesso deve andare oltre la comprensione dovuta al meccanismo specchio. Infatti, una volta capito qual è lo scopo dell’azione osservata, dobbiamo in molti casi comprendere le ragioni che hanno indotto l’agente a compiere l’azione, le sue motivazioni, le sue intenzioni, le sue credenze. Quello però che la fisiologia indica è che al centro di tutto ciò sta un meccanismo di base, il meccanismo specchio.