Il Sole 8.5.16
Egitto
Regeni, tensioni all’udienza del consulente
Abdallah, che aiuta la famiglia del ricercatore di Udine, ha inscenato una protesta in aula
di Ivan Cimmarusti
Tensioni
al processo per Ahmed Abdallah, il consulente egiziano della famiglia
di Giulio Regeni. L’uomo, presidente di una ong, è stato arrestato il 25
aprile scorso con l’accusa presunta di aver partecipato a una
manifestazione non autorizzata sulla cessione di due isole del Mar Rosso
all'Arabia Saudita. All’udienza di ieri, di convalida della misura
cautelare, sono scattate contestazioni dello stesso Abdallah e di alcuni
attivisti per i diritti umani, che hanno mostrato cartelloni con
scritto «Verità per Regeni». Fonti egiziane riferiscono di violente liti
culminate con l’intervento della polizia, che ha requisito i telefoni
cellulari dei presenti per cancellare le immagini scattate. Dall’aula
sono stati allontanati alcuni diplomatici europei e i giornalisti
presenti all’udienza. Il processo è comunque ripreso e Abdallah è stato
sul banco degli imputati assieme a un’altra trentina di persone (al
momento in cui scriviamo il dibattimento è ancora in corso). La custodia
cautelare in carcere di Abdallah, presidente della Commissione egiziana
per i diritti e le libertà (Ecfr), era già stata prolungata di 15
giorni il 27 aprile sulla base di dieci imputazioni (tra le quali l’uso
della forza allo scopo di rovesciare il regime e pubblicazione di
notizie tali da turbare l’ordine pubblico) e ora è stata allungata di
altri 15 giorni.
Intanto oggi è previsto il vertice tra la
delegazione di otto investigatori italiani (del Ros e dello Sco) e la
polizia cairota. L’obiettivo è di incrociare gli spunti d’indagine per
chiarire il giallo dietro il sequestro e l’omicidio del ricercatore
ventottenne di Udine, scomparso il 25 gennaio al Cairo, e trovato
cadavere il 3 febbraio sull’autostrada che collega il Cairo ad
Alessandria d’Egitto. La Procura della Repubblica di Roma ha già una
pista investigativa. Si tratta di ipotesi sulle quali il procuratore
capo Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco cercano
riscontri e che riguardano il sospetto coinvolgimento di alcuni
esponenti, vicini a Giulio, del sindacato indipendente. L’ipotesi, tutta
da verificare, è che ci sia stato un tradimento da parte dei vertici
del sindacato. Qualcuno che ha riferito a terzi soggetti che Regeni
stava cercando informazioni (solo per scopi didattici in quanto stava
preparando una relazione per l’Università di Cambridge) sulle iniziative
e sul futuro dell’organismo, fortemente contrastato dal governo di
Al-Sisi. Per questo i magistrati stanno passando al setaccio il tabulato
telefonico di Mohamed Abdallah, capo del sindacato indipendente
egiziano, che è risultato essere in stretto contatto con Giulio.
Un
altro particolare che i magistrati vogliono chiarire riguarda il
presunto ruolo della banda di rapinatori uccisa in un blitz della
polizia cairota il 25 marzo scorso. Criminali che, stando alle autorità
giudiziarie egiziane, avevano un collegamento col sequestro e l’omicidio
di Giulio. Una verità smentita dalla moglie e dalla sorella di Tarek
Abdel Fatah, capobanda dei rapinatori, che hanno negato che ci sia un
legame con Regeni e, anzi, hanno affermato che i documenti personali del
ricercatore erano finiti nelle mani della banda 24 ore prima il blitz
della polizia. Il procuratore Pignatone e il sostituto Colaiocco avevano
sollecitato la magistratura egiziana per ottenere i tabulati telefonici
della banda, ma invano.