domenica 8 maggio 2016

Il Sole 8.5.16
Le scelte. Politiche da ridisegnare
Così nei Paesi dai capelli bianchi la demografia ribalta gli scenari
di Claudia Galimberti

Più nascite nel mondo? La popolazione cresce in modo esponenziale? La rivoluzione demografica porterà miseria e sofferenza per l’impossibilità di nutrire tutte le nuove bocche da sfamare, scriveva Paul Ehrlich. Può anche essere vero, ma in realtà la popolazione del mondo è raddoppiata tra il 1960 e il 2000, e il reddito medio pro capite è aumentato, quindi vuol dire che la bomba demografica è scoppiata, ma in piccole, diverse esplosioni “a grappolo”, che non hanno comportato sofferenze e miseria, anzi. Le politiche messe in atto hanno potuto fronteggiare l’aumento delle nascite e la diminuzione della mortalità, anche nei Paesi in via di sviluppo. Si è verificato l’effetto “dividendo demografico”, cioè un notevole potenziale di sviluppo economico dovuto all’aumento della fascia della popolazione in età lavorativa e alla diminuzione dei dipendenti, cioè della parte della popolazione improduttiva, bambini e anziani. Questa opportunità di rapida crescita economica e altrettanto rapida diminuzione della povertà si è data nei Paesi sviluppati tra gli anni 60 e gli anni 80; dopo, un po’ ovunque, è cominciato un conto alla rovescia. Le nascite sono diminuite, la popolazione è invecchiata, il numero dei lavoratori si è man mano contratto e le conseguenze di questo stretto rapporto tra demografia ed economia sono spiegate nell’articolo a fianco. Ma quali sono le conseguenze sociali di queste transizioni demografiche che si verificano a cicli alterni?
In Italia il ciclo demografico si è rovesciato e il calo della popolazione attiva diventa un freno per lo sviluppo. Si deve affrontare il problema dell’invecchiamento, un fenomeno che si sta estendendo dappertutto e che nel 2050 porterà gli anziani al 22% della popolazione mondiale. Due miliardi di persone che rappresenteranno un grande successo del genere umano, reso possibile dai progressi nel campo della sanità, della medicina, dell’istruzione e dell’economia . Non solo, questo alto numero di persone ultrasessantenni sono una fonte aggiuntiva di esperienza e di saggezza, un capitale sociale da coltivare con attenzione, senza escluderlo dalla vita attiva. Ma sono anche un grande problema quando all’allungamento della vita non corrisponda un miglioramento della salute e delle capacità. Il rapporto dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) propone un programma a cui ha aderito, in Italia, il comune di Udine, molto attivo in tema di protezione degli anziani e della loro salute. Il progetto “WHO Age-Friendly Cities Project”, ha lo scopo di rendere la città più fruibile agli anziani. Non possiamo dimenticare che oggi gli anziani richiedono, con le loro diverse necessità, una serie di lavori specialistici, fisioterapisti, psicologi, nutrizionisti, muovendo un largo indotto che genera reddito.
È importante, nei Paesi dai capelli bianchi, non mandare semplicemente ai giardinetti i nostri ingegneri, medici, insegnanti, ricercatori, artigiani o operai specializzati. Per rimpiazzarli, se in patria non ci sono sufficienti giovani in età lavorativa ben istruiti, c’è bisogno di importare nuovi talenti stranieri a cui gli anziani possano fare da mentori. Una globale politica dell’immigrazione può essere uno dei modi per affrontare la questione demografica, ma è importante ricordare che la demografia non è un destino inesorabilmente segnato: è una scelta, condita da decisioni private e pubbliche.