giovedì 26 maggio 2016

Il Sole 26.5.16
Lo scontro sulla riforma del lavoro. Dopo il blocco delle raffinerie
Proteste in Francia, si fermano anche le centrali nucleari
Il governo fa ricorso alle riserve strategiche
di Marco Moussanet

PARIGI La Cgt, il sindacato vicino al partito comunista e all’estrema sinistra, getta tutte le sue forze in campo per cercare di costringere il Governo a ritirare la legge di riforma del mercato del lavoro. Dopo il blocco delle raffinerie (sei su otto sono ormai ferme da giorni) e dei depositi di carburante (dove i picchetti vengono però puntualmente rimossi dalla polizia), dopo la proclamazione di scioperi a tempo indeterminato nelle ferrovie (dal 31 maggio, anche se l’adesione alle agitazioni già in corso è in calo) e nei trasporti pubblici parigini (dal 2 giugno), ha deciso di estendere la protesta alle 19 centrali nucleari, per cercare di interrompere la regolare fornitura di elettricità (i 58 reattori assicurano il 75% dell’energia elettrica del Paese).
In concomitanza con l’ennesima (è l’ottava dall’inizio della contestazione, il 9 marzo scorso) giornata di mobilitazione che si svolgerà oggi (un’altra, con scioperi e manifestazione nazionale a Parigi è già prevista per il 14 giugno, quando la legge sbarcherà al Senato). E sarà un test importante, quello di oggi, per capire qual è la reale capacità della Cgt ad ampliare il movimento di protesta.
Il Governo ha dal canto suo deciso di tenere duro, scommettendo sul progressivo isolamento dell’organizzazione sindacale. Nonostante alcuni dirigenti socialisti si siano espressi per la ricerca di un compromesso – con un possibile, ulteriore annacquamento della legge – l’intervento del premier Manuel Valls in Parlamento non lascia dubbi: «Il provvedimento non sarà ritirato e non sarà cambiato. Non è la Cgt a dettare legge in questo Paese».
Per far fronte alla penuria di carburante, dovuta anche all’aumento dei rifornimenti da parte degli automobilisti che temono il peggio (oltre 4mila delle 12mila stazioni di servizio sono a secco), il Governo ha deciso di ricorrere alle scorte strategiche: la Francia ne ha per 115 giorni e ne ha per ora utilizzato l’equivalente di tre giorni.
Sul durissimo scontro sociale in corso, ieri sono nuovamente intervenute le imprese, con un comunicato firmato dalle principali organizzazioni: «La spirale che si è innescata supera ormai lo scenario accettabile di una contestazione. La violenza delle parole e delle azioni ha raggiunto livelli inammissibili. Se lo sciopero è un diritto, si tratta di un diritto che non può avere la sola finalità di seminare il disordine. Spetta allo Stato garantire il rispetto del diritto e prendere misure che tutelino l’interesse generale, la libertà di lavorare e di circolare».
Al riguardo, il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve ha ribadito ieri che «lo Stato di diritto ha a sua disposizione degli strumenti per intervenire e se servirà verranno utilizzati». È probabile che si riferisse alla possibilità di precettazione dei lavoratori in sciopero, misura alla quale la Francia ha raramente fatto ricorso.
Ma il presidente François Hollande e il premier Valls preferiscono aspettare, convinti appunto che il tempo giochi a loro favore.
Una mano gliel’hanno senz’altro data i numeri di aprile sulla disoccupazione, resi noti ieri sera: dopo il forte calo di marzo (-60mila persone iscritte al collocamento e senza lavoro) anche il mese scorso c’è stata una diminuzione (-20mila). Si tratta della prima volta da cinque anni che si registra un arretramento del numero di disoccupati per il secondo mese consecutivo.
Forse non è ancora l’inversione della curva alla quale Hollande ha da tempo affidato la decisione di ripresentarsi all’elezione presidenziale, ma certo sono dati che il Governo potrà utilizzare in questi giorni per cercare di dimostrare come la direzione imboccata sia quella giusta.