giovedì 26 maggio 2016

Il Sole 26.5.15
Berlusconi: al ballottaggio ci sarà Marchini, sennò pronto a votare Meloni
Il Cavaliere prova a ricucire lo strappo con gli alleati e assicura che la leadership l’avrà il «partito con più voti» ma intanto Salvini prepara la sua manifestazione a Milano
di Barbara Fiammeri

Roma. Alla fine, sia pure dopo ripetute sollecitazioni, anticipa: «Se Giorgia Meloni arrivasse al ballottaggio chiaramente saremmo dalla sua parte e voteremmo per un partito di destra che sarà nostro alleato per il futuro a livello nazionale». Silvio Berlusconi torna a Porta a porta per gettarsi nella mischia di queste due ultime settimane di campagna elettorale.
La battuta sulla Meloni rischia però di compromettere la corsa al Campidoglio del suo candidato, l’imprenditore Alfio Marchini, su cui Fi ha deciso di virare dopo il ritito di Guido Bertolaso. Tant’è che poco dopo le parole registrate nel salotto di Bruno Vespa arriva prima la dichiarazione di Marchini («la risposta di Berlusconi è ovvia e coerente con chi è leader di una coalizione nazionale) e poi la precisazione dell’ex premier. «Mai detto di essere intenzionato a votare la Meloni», dice il Cavaliere anche perché definisce «inverosimile» l’ipotesi che la leader di Fdi arrivi al secondo turno: «Sarà Marchini ad andare al ballottaggio» e di conseguenza «mi aspetto» che così come io appoggerei Meloni altrettanto facciano «lei e Salvini» per Marchini.
Un sillogismo affatto scontato. Meloni non si mostra interessata. «A decidere – avverte – non saranno i partiti ma i romani».
La rottura della coalizione di centrodestra a Roma non è un mero «capriccio» (così lo ha definito Berlusconi) ma è destinata a riflettersi sui rapporti di forza tra gli “alleati” e quindi sulla leadeship. «Penso sia logico che a condurre la coalizione sia una persona che sia espressione del partito più forte. Quando ci saranno le elezioni ci conteremo attraverso sondaggi scientifici», assicura il leader di Fi. Apparentemente Berlusconi sembra voler andare incontro a Salvini, che da tempo batte sul tasto del sorpasso della Lega su Fi. Ma a decidere non saranno le interviste più o meno scientifiche ma i voti deposti alle amministrative.
Anche a Milano, dove la coalizione di centrodestra si è ricompattata, la Lega si muove in autonomia. Salvini per domenica ha organizzato una manifestazione per il «no» al referendum senza neppure avvisare l’alleato. Né al momento è prevista una chiusura unitaria con Berlusconi della campagna elettorale di Stefano Parisi, il candidato sindaco di Milano di tutto il centrodestra e che per il Cavaliere «come Marchini e Lettieri a Napoli» rappresentano «uomini del fare e non professionisti del blablabla». La stessa qualità che dovrebbe caratterizzare, almeno per l’ex premier, chi sarà chiamato a correre per Palazzo Chigi . Che si riferisca a se stesso? Certo quell’accenno alla «delusione» per il ritardo sul suo ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo affinché lo liberi dalla condanna all’incandidabilità, lo confermerebbe. Anche perché «se il centrodestra avesse Berlusconi sarebbe al governo» al posto di Renzi, a cui il Cavaliere non perdona di aver tradito «il primo punto» del Patto del Nazareno che, a suo dire, conteneva anche la condivisione della scelta del Presidente della Repubblica . Non che Sergio Mattarella sia un presidente «ostile», precisa, ma il nome «era un altro». Renzi, secondo Berlusconi, ha «una bulimia di potere che fa spavento» come dimostra «l’occupazione» della Rai.
Ieri l’Agcom ha inviato una raccomandazione a tutte le emittenti televisive invitandole a riequilibrare la presenza dei politici sugli schermi in vista del rush finale della campagna elettorale. Sky ha già organizzato i confronti all’americana: lunedì 30 il faccia a faccia tra i Stefano Parisi e Giuseppe Sala per Milano mentre martedì sarà il turno dei possibili candidati al ballottaggio per la Capitale ovvero la grillina Virginia Raggi, il dem Roberto Giachetti, la leader di Fdi Giorgia Meloni e Alfio Marchini. A Roma il clima è incandescente. La scelta di Grillo di affiancare alla Raggi uno staff per gestire il Campidoglio assieme al contratto sottoscritto dalla stessa candidata pentastellata in cui accetta di sottoporre preventivamente «le proposte di atti di alta amministrazione e le questioni giuridicamente complesse» al parere del vertice del Movimento, ha scatenato un putiferio. La Raggi si difende dall’accusa di essere «eterodiretta» da Grillo sottolineando che è una garanzia contro mafia-capitale.