Il Sole 26.5.15
Berlusconi: al ballottaggio ci sarà Marchini, sennò pronto a votare Meloni
Il
Cavaliere prova a ricucire lo strappo con gli alleati e assicura che la
leadership l’avrà il «partito con più voti» ma intanto Salvini prepara
la sua manifestazione a Milano
di Barbara Fiammeri
Roma.
Alla fine, sia pure dopo ripetute sollecitazioni, anticipa: «Se Giorgia
Meloni arrivasse al ballottaggio chiaramente saremmo dalla sua parte e
voteremmo per un partito di destra che sarà nostro alleato per il futuro
a livello nazionale». Silvio Berlusconi torna a Porta a porta per
gettarsi nella mischia di queste due ultime settimane di campagna
elettorale.
La battuta sulla Meloni rischia però di compromettere
la corsa al Campidoglio del suo candidato, l’imprenditore Alfio
Marchini, su cui Fi ha deciso di virare dopo il ritito di Guido
Bertolaso. Tant’è che poco dopo le parole registrate nel salotto di
Bruno Vespa arriva prima la dichiarazione di Marchini («la risposta di
Berlusconi è ovvia e coerente con chi è leader di una coalizione
nazionale) e poi la precisazione dell’ex premier. «Mai detto di essere
intenzionato a votare la Meloni», dice il Cavaliere anche perché
definisce «inverosimile» l’ipotesi che la leader di Fdi arrivi al
secondo turno: «Sarà Marchini ad andare al ballottaggio» e di
conseguenza «mi aspetto» che così come io appoggerei Meloni altrettanto
facciano «lei e Salvini» per Marchini.
Un sillogismo affatto scontato. Meloni non si mostra interessata. «A decidere – avverte – non saranno i partiti ma i romani».
La
rottura della coalizione di centrodestra a Roma non è un mero
«capriccio» (così lo ha definito Berlusconi) ma è destinata a
riflettersi sui rapporti di forza tra gli “alleati” e quindi sulla
leadeship. «Penso sia logico che a condurre la coalizione sia una
persona che sia espressione del partito più forte. Quando ci saranno le
elezioni ci conteremo attraverso sondaggi scientifici», assicura il
leader di Fi. Apparentemente Berlusconi sembra voler andare incontro a
Salvini, che da tempo batte sul tasto del sorpasso della Lega su Fi. Ma a
decidere non saranno le interviste più o meno scientifiche ma i voti
deposti alle amministrative.
Anche a Milano, dove la coalizione di
centrodestra si è ricompattata, la Lega si muove in autonomia. Salvini
per domenica ha organizzato una manifestazione per il «no» al referendum
senza neppure avvisare l’alleato. Né al momento è prevista una chiusura
unitaria con Berlusconi della campagna elettorale di Stefano Parisi, il
candidato sindaco di Milano di tutto il centrodestra e che per il
Cavaliere «come Marchini e Lettieri a Napoli» rappresentano «uomini del
fare e non professionisti del blablabla». La stessa qualità che dovrebbe
caratterizzare, almeno per l’ex premier, chi sarà chiamato a correre
per Palazzo Chigi . Che si riferisca a se stesso? Certo quell’accenno
alla «delusione» per il ritardo sul suo ricorso alla Corte dei diritti
dell’uomo di Strasburgo affinché lo liberi dalla condanna
all’incandidabilità, lo confermerebbe. Anche perché «se il centrodestra
avesse Berlusconi sarebbe al governo» al posto di Renzi, a cui il
Cavaliere non perdona di aver tradito «il primo punto» del Patto del
Nazareno che, a suo dire, conteneva anche la condivisione della scelta
del Presidente della Repubblica . Non che Sergio Mattarella sia un
presidente «ostile», precisa, ma il nome «era un altro». Renzi, secondo
Berlusconi, ha «una bulimia di potere che fa spavento» come dimostra
«l’occupazione» della Rai.
Ieri l’Agcom ha inviato una
raccomandazione a tutte le emittenti televisive invitandole a
riequilibrare la presenza dei politici sugli schermi in vista del rush
finale della campagna elettorale. Sky ha già organizzato i confronti
all’americana: lunedì 30 il faccia a faccia tra i Stefano Parisi e
Giuseppe Sala per Milano mentre martedì sarà il turno dei possibili
candidati al ballottaggio per la Capitale ovvero la grillina Virginia
Raggi, il dem Roberto Giachetti, la leader di Fdi Giorgia Meloni e Alfio
Marchini. A Roma il clima è incandescente. La scelta di Grillo di
affiancare alla Raggi uno staff per gestire il Campidoglio assieme al
contratto sottoscritto dalla stessa candidata pentastellata in cui
accetta di sottoporre preventivamente «le proposte di atti di alta
amministrazione e le questioni giuridicamente complesse» al parere del
vertice del Movimento, ha scatenato un putiferio. La Raggi si difende
dall’accusa di essere «eterodiretta» da Grillo sottolineando che è una
garanzia contro mafia-capitale.