giovedì 26 maggio 2016

Corriere 26.5.16
L’economia, una mina tra urne e riforme
di Massimo Franco

Le schermaglie sul referendum istituzionale di ottobre non si fermano. E si sovrappongono alla campagna per le Amministrative. Matteo Renzi è sicuro che «voteranno sì anche molti elettori dell’opposizione che magari non mi sopportano e alle politiche non sceglieranno mai il Pd». Si augura anche che finiscano le polemiche, sebbene né lui né i suoi avversari facciano molto per circoscriverle. E Silvio Berlusconi lo avverte che, se il 5 giugno dovesse perdere a Roma, Milano e Napoli, arriverebbe «un avviso di sfratto». È possibile, anche se non probabile.
In realtà, la vera sfida sulla quale Palazzo Chigi si gioca il futuro è quella di cui si parla poco, la più difficile: l’economia. I numeri forniti ieri dall’Istituto di statistica non sono stati commentati molto dal governo. Comprensibilmente: offrono un quadro preoccupante della situazione. Registrano un calo nel fatturato industriale del 3,6 per cento: il dato peggiore dal 2013. E dunque rendono più difficile accreditare una ripresa magari stentata ma in atto. Soprattutto, politicamente permettono alle opposizioni di polemizzare su una strategia fondata, accusano, sulla «sola propaganda».
Il silenzio del Pd conferma indirettamente l’imbarazzo. Non è sufficiente a cancellarlo che Renzi, in volo per il G7 in Giappone, annunci di volere organizzare il prossimo, nel 2017, in Sicilia: gesto di attenzione per il Sud. Né le parole rassicuranti del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sul futuro. Il M5S e FI convergono nel sostenere che «la politica economica di Renzi affossa il Paese»: sebbene il Pd possa rispondere ai berlusconiani che la crisi è un’eredità dei governi di centrodestra, al potere fino all’autunno del 2011.
Il capo leghista Matteo Salvini e Renato Brunetta, capogruppo di FI alla Camera, adombrano responsabilità della cerchia di Renzi per la voragine sul Lungarno apertasi a Firenze, la città di cui è stato sindaco fino al 2014. Ma appaiono più insidiose le critiche del M5S sulla riforma del mercato del lavoro: tema delicato in un momento di crisi acuta dell’occupazione. Uno dei perni dell’offensiva renziana sono stati i timidi segnali di ripresa affiorati nei mesi scorsi. Per scuotere l’Italia da quella che ritiene una patologica apatia, Renzi ha accentuato ogni notizia positiva.
L’Istat, tuttavia, lo contraddice. E il M5S, che esagera in negatività, bolla come «bluff svelato a tutti» il J obs act , «dopo un anno di tutele crescenti e costosi sgravi contributivi». Affiora da sinistra l’accusa al governo di essersi concentrato sulla riforma del Senato, invece di occuparsi di «questioni reali». E l’ipotesi che in caso di vittoria dei «no» al referendum si vada a votare, come sostiene il presidente del Pd, Matteo Orfini, non è affatto scontata: dipende molto dal Quirinale. Oltre tutto, il governo andrebbe alle urne nella scia di una sconfitta.