Il Sole 26.5.16
Le leggi elettorali via per svelenire il clima sulle riforme
di Paolo Pombeni
Eppur
si muove? È quanto si vuol sperare di fronte a qualche piccolo passo
avanti nello scontro generalizzato che sembra essersi aperto sulla
questione della riforma istituzionale. Ovviamente non si parla dei
pasdaran del “no”, e neppure di quelli del “sì” che pure non mancano. Ci
si riferisce a coloro che ritengono che la materia del contendere sia
troppo delicata e troppo importante per il futuro del paese per
lasciarla in mano agli entusiasti dei duelli all’ultimo sangue.
La
novità forse possibile è che si potrebbe cominciare a disinnescare due
argomenti delicati sui quali si appuntano alcune critiche alla riforma
Boschi: il suo rapporto con la nuova legge elettorale e le incertezze
sulle modalità di formazione del nuovo Senato.
Il primo punto è
piuttosto complicato da affrontare, perché molte pressioni vanno nella
direzione di spostare il premio di maggioranza dall’attribuzione ad una
lista a quella ad una coalizione. Ciò però si presta all’obiezione,
difficile da smontare, che così non si avrebbe alcun incremento di
governabilità, perché sappiamo tutti cosa significa fare coalizioni
nella situazione della politica italiana: mettere in piedi armate
Brancaleone i cui componenti lavorano per bloccarsi a vicenda più e
meglio delle opposizioni. Si potrebbe però ragionare, anche nell’ottica
di superare quella che potrebbe essere una non infondata obiezione che
potrà essere presentata alla Corte Costituzionale (davanti a cui la
nuova legge andrà per forza), su un elemento importante: non legare
l’attribuzione del premio ad una certa soglia di partecipazione dei
cittadini alle elezioni. Non è infatti insensato immaginare che una
vittoria pur col 40% dei voti al primo turno o al ballottaggio, che
vedesse una partecipazione elettorale inferiore alla metà degli aventi
diritto (o a qualcosa di più, si può discutere) sarebbe vista come non
adeguata a legittimare un “premio” al vincitore, perché si tratterebbe
di rendere prevalente una forza minoritaria nel paese. Inoltre con
questo limite si incentiverebbero tutti i partiti a favorire la
partecipazione, perché l’astensionismo altrimenti conferirebbe la
preminenza comunque ad una minoranza, sia pure su una base
proporzionale.
Forse sotto quest’ottica si potrebbe superare la
comprensibile opposizione di chi ha promosso la legge a considerare un
cambiamento, perché questo non intaccherebbe la sua razionalità politica
(e non sarebbe una riforma costituzionale: l’Italicum è legge
ordinaria).
Un secondo punto importante, sollevato da più parti e
anche da Pierluigi Bersani, riguarda la legge che si dovrà fare per
stabilire come i cittadini determineranno quali consiglieri regionali
saranno mandati nel nuovo senato. Conoscere almeno alcune linee generali
su cui si pensa di impostare questa legge aiuterebbe a disinnescare le
argomentazioni che contestano una seconda camera che non avrebbe una
legittimazione “popolare”. Anche in questo caso non si tratterebbe di
modificare il testo della riforma Boschi, perché questo già contiene il
rinvio ad una legge elettorale apposita che andrà fatta.
Come si
può capire non stiamo certo parlando di una normativa di poco impegno.
Immaginare come gli elettori potranno vincolare i membri dei consigli
regionali a scegliere come membri da mandare in Senato quelli fra loro
che avranno ricevuto una certa consacrazione popolare non è
semplicissimo e bisogna lavorare perché, parlando di piccoli numeri, le
regioni possano rispettare equilibri ragionevoli tra le varie tipologie
politiche e sociali che includono nel loro territorio.
Aggiungiamoci
che ci sarà anche da valutare il tema della fase transitoria, perché le
regioni non vanno tutte al voto con la stessa scadenza e nessuno sa se
effettivamente la legislatura potrà protrarsi sino alla scadenza
naturale della primavera 2018. Poiché si sa bene che il diavolo si
nasconde nei dettagli non manca la materia per esercitare davvero la
fantasia costituente.
Giustamente siamo tutti preoccupati di non
perdere credibilità davanti ai nostri partner internazionali
impegnandoci in baruffe da cortile, e discutere di questi temi sarebbe
un bel modo per mostrare il livello che può avere un confronto politico
messo sui giusti binari.