giovedì 26 maggio 2016

Corriere 26.5.16
Ma Togliatti, alla fine, vota Sì oppure No?
Da Dossetti a Berlinguer e Ingrao, l’incredibile uso del passato nella sfida referendaria
di Pierluigi Battista

Nell’epoca della rottamazione non si affievolisce il richiamo del passato, un eccesso di ripiegamento storico, un tornare indietro per darsi nobiltà o scagliare anatemi. Si polemizza sui partigiani per dare una parvenza di profondità secolare alle discussioni sul referendum costituzionale di ottobre. Ma non solo: da Dossetti a Berlinguer e Ingrao, vale persino la domanda: alla fine Togliatti vota Sì o No?
C i manca solo il riferimento alle guerre puniche per fare delle dispute elettorali di questi giorni un utile e completo ripasso di storia a giovamento degli studenti che preparano la maturità. Per il resto, l’offerta politico-storiografica passatista appare ben assortita. Nell’epoca della rottamazione non si affievolisce il richiamo del passato, un eccesso di ripiegamento storico, un tornare indietro con la mente e con le parole per darsi nobiltà antica, oppure scagliare contro l’avversario l’anatema di matrice storica.
È diventata una mania. Si polemizza sui partigiani, veri, falsi, sedicenti e autentici per dare una parvenza di profondità secolare alle discussioni sul referendum costituzionale del prossimo ottobre (ottobre: ancora cinque mesi circa). I nipoti dei partigiani veri, che oramai hanno occupato al 96 per cento l’Anpi pur non avendo combattuto sulle montagne contro i fascisti, scomunicano la riforma costituzionale come un attacco alle fondamenta repubblicane e antifasciste. Ma Matteo Renzi e i renziani corrono ai ripari. Esaurita la smania nuovista e postmoderna sentono come il mordere dell’«horror vacui», la percezione di chi rischia di apparire senza radici, nato dal nulla, senza esperienza, senza aver respirato la nostra storia. E allora parte la corsa alla riappropriazione un po’ goffa del passato. Si tolgono dall’armadio i ritratti impolverati dei grandi dirigenti comunisti del passato per affermare che senza dubbio avrebbero votato a favore della riforma di Renzi. Enrico Berlinguer avrebbe votato Sì, ma la figlia Bianca se ne è risentita. Pietro Ingrao avrebbe votato Sì, ma la figlia Celeste dice che non è vero, a differenza della sorella Renata che invece sostiene che potrebbe essere vero. Si scomoda anche il ricordo di Umberto Terracini, grande costituente e grande eretico, di cui si riesumano le frasi che potrebbero alludere a un profetico Sì. Anche Nilde Iotti viene arruolata nel fronte favorevole. E Palmiro Togliatti? Non manca Palmiro Togliatti e infatti Beppe Vacca, sostenitore appassionato del Sì nonché studioso insigne del verbo gramsciano e togliattiano, non si esime dal menzionare il togliattiano Memoriale di Yalta come antefatto culturale e storiografico della riforma costituzionale di stampo renziano.
Del resto, il fronte del No non se ne sta certo ad attendere passivamente la bordata di citazioni dello schieramento avversario e cita, ma questa non è una novità tra chi sente la Costituzione come un dogma religioso da difendere con intransigenza, Giuseppe Dossetti, il cui spirito è tutt’uno con l’afflato della Costituzione. Del resto, quelli del Sì non resistono alla tentazione di citare Piero Calamandrei come artefice della nostra Costituzione e tuttavia ben predisposto alla sua revisione nella parte istituzionale. Mancano ancora cinque mesi e i citazionisti stanno scartabellando libri e giornali per trovare la frase giusta di quaranta, cinquanta anni fa da sventolare sotto il naso degli avversari.
Non c’è tempo da perdere, invece, per i candidati che si stanno impegnando nella tornata delle elezioni amministrative del prossimo 5 giugno (più il ballottaggio). Ha cominciato il candidato a Roma Alfio Marchini, che peraltro vanta in famiglia certificate ascendenze partigiane e si è pure già pre schierato per il No al referendum costituzionale, a spiegare che il nonno, rosso di cuore e di bandiera, tuttavia considerava Mussolini come un grande urbanista del Novecento e l’architettura di epoca fascista come un gioiello da preservare. Poi Giorgia Meloni, sentendosi esclusa dalla querelle politico-architettonica, ha introdotto nella campagna elettorale romana l’urgente tema dell’intestazione di una via a Giorgio Almirante, forse memore delle polemiche che la giunta Rutelli aveva suscitato in passato volendo intestarne una al gerarca e governatore fascista dell’Urbe Giuseppe Bottai. Ma l’effetto boomerang è stato immediato, vista la dissociazione dalla proposta della Meloni della stessa vedova di Almirante, Donna Assunta. E tra i saluti romani di CasaPound e i centri sociali mobilitati nel nome dell’eterno antifascismo, la campagna elettorale si aggrappa al passato. Dando così al pimpante dibattito sulla collocazione dei partigiani nel referendum costituzionale un nuovo e brillante smalto. La Prima guerra mondiale, per il momento, resta fuori dalla polemica. Ma chissà .