mercoledì 25 maggio 2016

Il Sole 25.5.16
Verso le elezioni negli Usa
Hillary batterà Trump perché non gli somiglia
di Paul Krugman

Greg Sargent, del «Washington Post», recentemente ha intervistato Joel Benenson, lo stratega capo di Hillary Clinton, a proposito delle imminenti elezioni generali, e Benenson si è detto sicuro che Donald Trump non riuscirà a ripetere la marcia trionfale delle primarie repubblicane. Certo, non si può mai sapere: ma appare ovvio, tranne ai commentatori politici completamente storditi dall’ascesa di Trump, che le elezioni generali di novembre saranno tutta un’altra storia. La verità è che i rivali repubblicani di Trump hanno dovuto battersi con le mani legate dietro la schiena, e non sarà così quando il miliardario newyorchese dovrà affrontare il team di Hillary.
Sargent riassume la questione molto bene (la sua intervista potete leggerla qui: wpo.st/hqda1), ma io voglio fare qualcosa di leggermente diverso: ragionare sulle debolezze evidenti di Trump e sulle ragioni per cui i suoi avversari Repubblicani non erano in condizioni di sfruttarle, mentre Hillary sì.
Prima debolezza: sta portando avanti una campagna basata fondamentalmente sul razzismo, ma i Repubblicani non potevano contestarlo su questo terreno perché gli appelli più o meno velati al risentimento razziale per decenni hanno giocato un ruolo fondamentale nel successo elettorale del Grand Old Party. Hillary Clinton, invece, ha conquistato la nomination grazie allo schiacciante sostegno dell’elettorato non bianco, e non avrà problemi a battere con forza su questo tasto.
Seconda debolezza: Trump propone politiche irresponsabilmente estreme, che favoriscono i ricchi. Ma anche gli altri candidati repubblicani proponevano politiche del genere, e quindi non potevano attaccarlo su questo. La Clinton potrà farlo.
Terza debolezza: i successi imprenditoriali di Trump sono antisociali e al tempo stesso alquanto discutibili. I Repubblicani, con il loro culto dell’imprenditore, non potevano dire nulla al riguardo. La Clinton, anche in questo caso, potrà farlo.
La paralisi del Partito repubblicano su questi temi spiega perché gli avversari di Trump nelle primarie siano ricorsi ripetutamente a una linea di attacco sperimentata (nel senso che è stato sperimentato che non funziona), insistendo sul fatto che Trump non è un vero conservatore, cosa di cui agli elettori non importa nulla. È ovvio che i Democratici potranno mettere l’accento su tematiche diverse e – mi immagino – molto più pregnanti.
C’è un'ultima cosa, che potrebbe risultare la più importante in assoluto: il comitato elettorale di Hillary potrà far leva sul fatto che Trump è sostanzialmente un pagliaccio.
È un personaggio ridicolo, e più scopriamo su di lui più ridicolo appare. Perché allora i suoi avversari repubblicani non hanno insistito su questo? A mio parere non lo hanno fatto perché erano parecchio ridicoli anche loro.
Pensate a Marco Rubio: era evidente che si trattava di un candidato prefabbricato, un tizio di bella presenza senza nessuna reale convinzione o esperienza, che recitava le battute che gli dicevano di recitare. La famosa frase del «Dobbiamo dissipare…» ripetuta ossessivamente, oltre che stupida e ignobile (già la prima volta, figuriamoci quelle successive), era anche, palesemente, una cosa in cui Rubio non credeva e che nemmeno gli importava: semplicemente, i suoi addestratori gli avevano detto di dirla.
O pensate a Ted Cruz, di una meschinità e un egoismo tali da spiccare perfino nel panorama odierno della destra, al punto di farne un personaggio odiato anche da chi dovrebbe apprezzare il suo messaggio.
Hillary Clinton, invece, non è ridicola. È capace di prendere decisioni su due piedi ed è una tosta. Pensate davvero che la persona che ha tenuto testa per 11 ore alla commissione di inchiesta sui fatti di Bengasi si farà impressionare da qualche sfottò infantile?
I mezzi di informazione, temo, cercheranno di fare di tutto per fingere che il contrasto fra i due candidati non sia questo. Sentiremo interminabili spiegazioni sul fatto che la vanità, l’ignoranza e l’assenza di fibra morale di Trump sono, non si capisce bene perché, una prova della sua «autenticità», che a Hillary Clinton, non si capisce bene perché, manca. E forse questo messaggio farà presa sugli elettori. Ma io credo di no.
(Traduzione di Fabio Galimberti)