Il Sole 22.5.16
Unioni civili in vigore dal 5 giugno
Diritto di famiglia. In «Gazzetta Ufficiale» la legge Cirinnà (76/2016) Al via anche la disciplina delle convivenze di fatto
di Giovanni Parente
Conto alla rovescia per i decreti attuativi Entro il 5 luglio un Dpcm per lo stato civile
Sarà
il caso o il destino, a seconda di chi crede nell’uno o nell’altro.
Fatto sta che il debutto delle unioni civili nell’ordinamento italiano
avverrà di domenica, ossia proprio il giorno preferito dalle coppie per
sposarsi. Al di là della coincidenza, il prossimo 5 giugno sarà comunque
una data storica perché segna la possibilità di “ufficializzare”
davanti allo Stato un legame affettivo tra persone dello stesso sesso.
Anche se poi giocoforza tutto sarà rimandato a lunedì, quando
riapriranno gli uffici comunali. È l’effetto dell’entrata in vigore
(dopo le tante polemiche che hanno accompagnato l’iter parlamentare)
della legge Cirinnà, che ora ha un numero: è la 76/2016 dopo la
pubblicazione di ieri in «Gazzetta Ufficiale».
I tasselli mancanti
Quindi
chi fra due settimane volesse formalizzare la propria relazione di
fronte a un ufficiale dello stato civile potrebbe già farlo? Non per
peccare di pessimismo, ma scorrendo i 69 commi della legge ci si accorge
che manca all’appello ancora qualche dettaglio per far funzionare
completamente il nuovo meccanismo. Traslasciando per un attimo il tema
dei diritti dei figli e della stepchild adoption (stralciata dal testo
per consentirne l’approvazione al Senato ma che potrebbe rientrare dalla
finestra con le sentenze dei giudici), la questione si sposta tutta
sulla concreta gestione negli uffici municipali di iscrizioni,
trascrizioni e annotazioni relative allo stato civile. A questo
proposito la legge Cirinnà si muove su un doppio binario.
Da un
lato, c’è una strada per così dire ordinaria in base alla quale viene
prevista una delega al Governo. In pratica l’Esecutivo è chiamato ad
adottare uno o più decreti legislativi con diverse finalità, tra cui
proprio l’adeguamento delle disposizioni sull’ordinamento dello stato
civile ma anche: modifica e riordino delle norme in materia di diritto
internazionale privato, prevedendo l’applicazione della disciplina
dell’unione civile gay italiana alle coppie omosessuali che abbiano
contratto all’estero matrimonio, unione civile o istituti analoghi; e
ancora i ritocchi necessari per garantire il coordinamento necessario
con le disposizioni già esistenti. La strada che porta a questo decreto
legislativo o a questi decreti (se saranno più di uno) non è per niente
breve. Prima di tutto perché il Governo ha sei mesi di tempo dal 5
giugno per vararli. Conti alla mano, ci sarebbe tempo fino a poco prima
dell’Epifania 2017. E poi perché ogni schema di Dlgs adottato su
iniziativa del ministero della Giustizia di concerto con quelli del
Lavoro e degli Esteri va trasmesso alle Commissioni parlamentari, che
poi dovranno esprimere un parere entro 60 giorni con il rischio
(contemplato dalla stessa legge) che poi tutto l’iter possa concludersi
anche oltre i sei mesi.
Ecco perché c’è un secondo binario, che è
in realtà una scorciatoia. Perché nell’attesa che il decreto legislativo
entri in vigore, si dovrà intervenire per le vie brevi con un Dpcm
(decreto del presidente del Consiglio dei ministri) su proposta del
ministero dell’Interno questa volta, ossia sostanzialmente un atto
governativo. Qui i termini sono molto più ridotti: 30 giorni
dall’entrata in vigore, che equivale a dire entro il 5 luglio. Questo si
giustifica con il fatto che saranno «disposizioni transitorie
necessarie per la tenuta dei registri nell’archivio dello stato civile».
Un tassello che diventa, dunque indispensabile, per poter far
funzionare l’avvio delle unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Anche perché dovrebbe delineare uno standard unico da seguire in tutti
gli uffici italiani.
Il contratto di convivenza
Sullo sfondo
restano poi anche altre questioni su cui giuristi ed esperti di
famiglia stavano già iniziando a interrogarsi, ancor prima che la legge
fosse pubblicata in «Gazzetta». Ad esempio, l’altro “pilastro”
disciplinato dalla Cirinnà è quello delle convivenze di fatto, che
possono riguardare tanto le coppie etero quanto quelle omosessuali. Una
delle chance concesse ai partner è di regolamentare i reciproci rapporti
economici e patrimoniali e di optare per la comunione dei beni
attraverso un contratto di convivenza. Per sottoscriverlo, modificarlo o
annullarlo, è necessaria l’assistenza di un professionista (avvocato o
notaio) che può procedere a un atto pubblico o a una scrittura privata.
L’opponibilità ai terzi, ossia la conoscibilità dell’accordo fuori dalla
coppia (molto banalmente potrebbe essere il caso della stipula di un
contratto di mutuo), richiede che il professionista incaricato iscriva
il contratto all’Anagrafe di residenza dei conviventi entro dieci giorni
dalla stipula autenticata. Allo stato attuale, secondo alcuni
osservatori sembra mancare una norma di collegamento che consenta
effettivamente di andare a indicare questo tipo di accordi e di fatto
rischia di bloccare a pochi metri dal traguardo chi decidesse di
avvalersi della procedura. Per altri, invece, potrebbero bastare anche
le norme attuali. Certo, un chiarimento contribuirebbe a dissolvere
qualsiasi dubbio.
I rapporti con i figli
Così come la legge
nulla dice su un fenomeno di fatto sempre più diffuso come il genitore
«sociale», ossia il rapporto di affettività che si viene a creare tra i
figli e il nuovo compagno o la nuova compagna del genitore. Un problema
che potrebbe deflagare nelle circostanze in cui il genitore convivente
venisse a mancare e l’altro è distante: quale sarebbe il ruolo del nuovo
partner e come salvaguardare il rapporto con i bambini più piccoli?
Un
aspetto politicamente meno visibile della stepchild adoption, su cui in
settimana (si veda quanto anticipato dal Sole 24 Ore del 17 maggio) la
Cassazione dovrebbe pronunciarsi e tracciare una rotta dato che sul
punto finora ci sono state solo decisioni di merito.