il manifesto 22.5.16
Lieberman alla Difesa, palestinesi si preparano al peggio
Israele/Palestina. L'Olp pianifica ad altri passi sulla scena diplomatica internazionale. Hamas si aspetta una nuova guerra
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
«Israele ha commesso crimini contro di noi prima (della scelta) di
Lieberman e continuerà a compierli dopo che Lieberman sarà nominato
ufficialmente ministro». Allarga le braccia Xavier Abu Eid, il portavoce
dell’Olp, commentando il passo fatto dal premier israeliano Netanyahu
che, qualche giorno fa, ha sostituito alla guida del ministero della
difesa il suo compagno di partito (Likud) Moshe Yaalon con Avigdor
Liberman, leader di Yisrael Beitenu ed figura di primo piano della
destra più estrema, quella che, tra le altre cose, invoca apertamente il
“transfer”, ossia l’espulsione degli arabo israeliani, i palestinesi
cittadini di Israele. «Tuttavia», aggiunge il portavoce
dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp, che
formalmente rappresenta tutti i palestinesi), «la decisione di Netanyahu
di nominare un personaggio come Lieberman, un colono, al ministero che
gestisce l’occupazione militare dei nostri territori è un segnale
preciso inviato ai palestinesi e alla comunità internazionale. Netanyahu
-prosegue Abu Eid – ci sta ribadendo che non ha alcuna intenzione di
andare a un accordo politico e che vuole continuare a costruire colonie
ebraiche nelle terre occupate nel 1967».
L’arrivo di Lieberman,
ormai certo, al ministero della difesa israeliano è da alcuni giorni al
centro delle discussioni ai vertici della politica nella Cisgiordania
amministrata (solo in parte) dal governo dell’Autorità nazionale
palestinese del presidente Abu Mazen e nella Striscia di Gaza
controllata dal movimento islamico Hamas. I propositi bellicosi
manifestati in questi ultimi due-tre anni dal futuro ministro israeliano
contro l’Anp e Hamas sono ben presenti a tutti i palestinesi, di ogni
colore politico. E in queste ore si rincorrono voci di una presunta
intenzione di Abu Mazen di procedere con maggiore determinazione sul
binario multilaterale piuttosto che su quello bilaterale, il negoziato
diretto con Israele, per arrivare alla nascita dello Stato di Palestina
in Cisgiordania e Gaza, con capitale Gerusalemme Est. Per questo a
Ramallah punterebbero, persino più di prima, sull’incontro
internazionale (osteggiato da Israele) sulla questione
israelo-palestinese che si dovrebbe tenere il 3 giugno in Francia.
Xavier
Abu Eid non si sbilancia. «Questi sforzi sui tavoli della diplomazia e
delle grandi istituzioni internazionali, come le Nazioni Unite, vanno
avanti da anni e procederanno in ogni caso» spiega il portavoce dell’Olp
ricordando che la Palestina è stata riconosciuta come Paese non membro
dell’Assemblea dell’Onu, fa parte della Corte Penale Internazionale,
dell’Unesco e ha già firmato decine di trattati. Resta vago anche sulla
spinta, invocata da molti palestinesi, alle denunce per crimini di
guerra contro Israele che l’Olp aveva proclamato di voler presentare
alla Corte Penale Internazionale. Secondo l’analista Diana Buttu,
esperta di diritto internazionale, la scelta di Lieberman come ministro
della difesa di Israele «non porterà i palestinesi ad accentuare le
iniziative avviate o annunciate a livello internazionale per ottenere il
riconoscimento pieno, anche sul terreno, dello Stato di Palestina».
L’Olp e l’Anp, prevede Buttu, «non si impegneranno, come invece
dovrebbero, per accentuare l’isolamento internazionale in cui il governo
israeliano si sta chiudendo a causa delle sue politiche e della sua
composizione. Piuttosto – continua – continueranno a credere nelle
possibilità dell’incontro in Francia mentre la popolazione palestinese è
stanca di proposte, incontri, accordi e via dicendo che non hanno
cambiato nulla in 25 anni di negoziati veri e presunti».
A Gaza si
vive un’atmosfera particolare dopo l’annuncio della prossima nomina di
Lieberman. «La popolazione civile è rassegnata da tempo – dice Sami
Ajrami, un giornalista – sa che una nuova guerra con Israele è alle
porte con o senza Lieberman ed è più concentrata sui problemi della vita
quotidiana: la mancanza di lavoro, la povertà, le distruzioni della
guerra del 2014, la poca elettricità disponibile e la scarsa acqua
potabile». Il vertice di Hamas da parte sua ha preso molto sul serio la
scelta di Lieberman che in più di una occasione ha chiesto la
rioccupazione totale di Gaza e di abbattere con la forza delle armi il
movimento islamico. «I leader di Hamas e di Ezzedin al Qassam (l’ala
militare) si stanno preparando a un nuovo scontro militare con Israele
anche se non credono che sia imminente», afferma Ajrami. Venerdì uno dei
fondatori di Hamas, Mahmoud Zahar, ha sfidato Lieberman a mettere in
atto i suoi propositi e ha assicurato che le forze di Hamas sono pronte
al conflitto con Israele.