Il Sole 11.5.16
Potenzialità inespresse in Cina
Il boom dei consumi continuerà a offrire opportunità senza precedenti
Il rapporto Fondazione Italia Cina. Dietro i timori per lo stato dell’economia è possibile individuare segnali di cambiamento
di Rita Fatiguso
PECHINO
È una sfida quotidiana quella della Cina impegnata a non sfondare la
linea del Piave del 6,5% di crescita nel 2016. I segnali, per il futuro,
non sono buoni, fosche previsioni si susseguono gettando ombre sul
reale stato di salute dell’economia cinese.
La scorsa settimana il
deprezzamento dello yuan che ha risvegliato l’incubo dell’11 agosto e
della crisi da 5 trilioni di perdite delle borse cinesi, l’indice Pmi in
calo irreversibile, la frenata di import & export e, ieri, il
dato dell’inflazione rivelato dall’Istituto di statistica stabile al
2,3% nel mese di aprile, ma ben al di sotto del target del governo di
un’inflazione al 3% e con pericolosi picchi in alcuni settori chiave dei
consumi alimentari. Come la carne di maiale, fondamentale nella cultura
cinese al punto che nel linguaggio la carne di maiale è la carne per
antonomasia. Il governo cinese ha appena autorizzato lo scongelamento
straordinario di 3mila tonnellate di riserve, infatti, tra le maggiori
voci che pesano sull’inflazione c’è il rincaro dei generi alimentari, ad
aprile è stato del 7,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno,
e in particolare, della carne di maiale schizzata del 33,5%.
Non
solo. C’è stato anche il calo del 3,4% dell’indice dei prezzi alla
produzione, a marzo scorso attestato sul 4,3%. La borsa è in piena crisi
di di fiducia perché è in calo la fiducia degli investitori, l’indice
di riferimento è a 48,8 punti in aprile, dai 54,7 punti di marzo stando
proprio a una fonte statale, il Securities Investor Protection. Un
articolo su People’s Daily lunedì ammoniva contro misure di stimolo in
grado di far crescere il debito perché il Paese può soffrire di una
crisi finanziaria e la recessione economica non è esclusa.
Cosa
pensare e, soprattutto, che fare in un simile quadro? I margini di
manovra ci sono, nonostante tutto, e si può ancora fare qualcosa in
questo Paese afflitto da turbolenze e difficoltà.
Questo assunto
regge le 430 pagine de «La Cina nel 2016 Scenari e prospettive per le
imprese» realizzato dal CeSif della Fondazione Italia Cina, a cura di
Filippo Fasulo e Alberto Rossi, presentato ieri a Milano in
Assolombarda. Un report - alla settima edizione - che quest’anno ha
fatto un deciso salto di qualità perché più e meglio delle precedenti
edizioni si concentra sull’analisi delle potenzialità ancora inespresse
della piazza cinese.
Intanto i ricercatori Cesif notano che la
fiducia dei consumatori è stazionaria, ma i consumi continuano a
crescere e la Cina rappresenta una delle maggiori piazze con opportunità
di crescita, perché i consumi nelle citta? di seconda e terza fascia
continuano a crescere. Inoltre la composizione del Pil cinese sta
realmente cambiando pelle, con i servizi che per la prima volta superano
la metà del totale.
Morale: il boom di consumi continuerà a
offrire opportunita? senza precedenti e modificherà le dinamiche
competitive globali di molti settori.
Del resto qui la maggior
parte delle aziende straniere sta generando profitti più elevati in Cina
che nel resto del mondo. In pole position ci sono il settore sanitario,
il settore alimentare, le tecnologie pulite (acqua, rifiuti solidi,
energie rinnovabili) e le infrastrutture per la mobilità, oltre al
retail e alla distribuzione, tutti settori in crescita. Come
l’automotive, anche se a ritmo più lento del passato. Macchinari,
macchine utensili, prodotti chimici sono favoriti dalla politica cinese
orientata verso le classi più abbienti e con maggior capacità di spesa.
Le
imprese, anche italiane, che puntano al mercato interno cinese se hanno
bisogno di risorse finanziarie devono attrezzarsi ad accogliere
investitori finanziari e strategici cinesi nella compagine societaria,
del resto lo dimostrano molti casi recenti di M&A. Mentre una
strategia alternativa – suggeriscono sempre i ricercatori CeSIF -
potrebbe essere quella di concentrarsi sul segmento di fascia alta o
mercati di nicchia, famiglie con reddito medio sui 16mila dollari, una
fetta di popolazione destinata a passare da 55 a 195 milioni di nuclei
familiari entro il 2022.
La Cina resta grazie a loro il principale
mercato per beni d’importazione, meno attaccata dalla concorrenza
cinese e per realtà che utilizzano canali di marketing e di vendita di
nicchia ma di qualità, capaci di gestire canali diretti di
distribuzione.
La Cina e? vista come una delle prime tre
principali destinazioni di investimenti solo per il 58% delle imprese
(-11% dal 2011), e i piani di espansione si sono ridotti dall’86% del
2013 al 56% del 2015.
Ma questo non sarà di ostacolo a chi saprà sfruttare il cambiamento new normal.