il manifesto 26.5.16
Cattivi presagi per Palazzo Chigi
Scricchiolii.
Giù le assunzioni, l’industria, il Lungarno, perfino la stella Boschi
non brilla più. Nelle comunali più difficili della storia del Pd,
l’«onda lunga» di Renzi teme il riflusso. L’unico punto fermo, per ora, è
Angela Merkel
di Andrea Colombo
ROMA Chissà se
Renzi crede nei presagi e teme i segnali celesti oppure se, convinto che
i rituali con cui gli Achei chiedevano lumi siano solo un espediente
per passare di livello nell’Iliade versione play station, si fida solo
degli aridi dati. In entrambi i casi, ieri non deve aver passato una
tranquilla nottata.
La voragine che ha ingoiato una ventina
d’auto, 5 miliardi e la residua immagine del Paese agli occhi di mezzo
mondo, non può certo essere addebitata all’ex primo cittadino della
città di Dante, che già da anni si occupa d’altro. Ma un crollo rovinoso
proprio nel cuore della sua Firenze avrebbe insospettito Ulisse e
consigliato prudenza ad Agamennone, senza neppure bisogno di consultare
l’oracolo.
Certi segnali si spiegano da soli.
È improbabile
che il ragazzo di Rignano permetta alla magia di inquietarlo più che
tanto. Ma non è che sul fronte della razionalità le cose ieri fossero
messe molto meglio.
Nei titoli la medesima parola, «crollo», era
adoperata per indicare la frana fiorentina e quella della produzione
nazionale. Il 3,6% in meno rispetto all’anno scorso non è poco ma il
dato disaggregato, secondo cui a trascinare verso il basso è il settore
principe dell’auto, che flette addirittura del 6,5%, è peggio.
Non
succedeva dal dicembre 2013 e un indovino potrebbe leggere anche in
questo un segnale poco roseo: proprio dopo quel dicembre iniziò infatti,
tra annunci trionfali e promesse folgoranti, l’era Renzi e con essa una
lentissima ma indiscutibile ripresa.
Craxi chiamava questo tipo
di successo «onda lunga». Quando, nel 1992, rifluì per la prima volta la
prese malissimo. Sei mesi dopo era un ex leader.
L’intera truppa
renziana ha fatto muro, ieri, contro chiunque intravedesse nel crollo,
quello dell’industria, non quello del lungarno, un fallimento del
«magnifico»: una rondine non fa primavera e un corvaccio non fa inverno.
Però
qui i corvi sono almeno due: sono passati pochi giorni da quando la
parola maledetta campeggiava a proposito della picchiata delle
assunzioni, inabissatesi con gli incentivi. Non occorrono gli aruspici
per stabilire che la somma tra il crollo della produzione e quello delle
assunzioni difficilmente la si può contrabbandare per risultato
confortante sull’unico fronte che agli italiani davvero preme.
A guardare bene, qualche altro crollo che dovrebbe preoccupare l’inquilino di palazzo Chigi si è già dato.
La
sua ministra preferita è stata per mesi l’unica, nel pattuglione
femminile messo in campo dal gran capo, a poter vantare qualcosa in più
di una cieca fedeltà e della capacità di assaporare con gusto degno dei
trionfi berlusconiani la formuletta «il presidente Renzi». Se non
proprio simpatica, dote che nell’entourage del rottamatore è più rara
del platino, Maria Elena Boschi era la sola ad apparire fredda, lucida e
persino preparata. Sarà per la pressione di chi vede gli esami
avvicinarsi, sarà perché in famiglia qualche guaio serio forse c’è, ma
nelle ultime settimane, tra una topica e l’altra, tra CasaPound e i
partigiani arruolati a forza, anche quell’immagine è precipitata.
Al
momento Renzi può vantare a buon diritto un solo indiscutibile
successo: la benevolenza di Angela Merkel, che ne ha fatto il favorito
di corte e ha pertanto rovesciato come un guanto la disposizione tedesca
nei confronti dell’Italia, dall’arcigna ostilità con cui trattava
Berlusconi al sorriso condiscendente con cui ora permette all’Europa di
aprire i cordoni della borsa a nostro vantaggio come mai in precedenza.
È
un risultato importante, anche prezioso, dovuto in parte al fatto che i
tedeschi sono rigidi ma non stupidi, e quando la casa è in fiamme sono
in grado pure loro di avvertire il puzzo di bruciato, ma in parte anche
alla sapiente alternanza di grinta e disponibilità con la quale il
fiorentino ha saputo sedurli. Neppure i favori dell’imperatrice però
sono una cambiale in bianco: dipenderanno da se i dati di ieri verranno
smentiti o confermati nei prossimi mesi.
C’è però un possibile
dissesto che Renzi teme molto più di quelli su elencati. Se dopo le
comunali i giornali dovessero titolare «Crollo del Pd», nemmeno la sua
proverbiale faccia tosta basterebbe a far credere che il fattaccio non
riguarda il governo.