il manifesto 25.6.16
Crolla Firenze? Altro che fatalità
Acqua pubblica. Le falle della privatizzazione che incassa e non investe nella manutenzione
di Paolo Berdini
Povero
Nardella. Passa buona parte del suo tempo ad incontrare i fondi di
investimento internazionali e vari sceicchi per convincerli a comprare
per pochi euro molti immobili pubblici di grande pregio e mentre si
stavano per stringere i preliminari, ecco che viene giù un pezzo dei
muraglioni del lungarno. Si svendono i gioielli di famiglia mentre il
sistema dei servizi urbani va in frantumi. Le città in vendita poggiano
su piedi di argilla: nel centro di Firenze ci sono quotazioni
immobiliari da capogiro mentre va in pezzi la città pubblica.
Sciagurate ricette politiche
Ora
tutta la politica fiorentina si aggrappa disperatamente alla
“fatalità”. Le prime dichiarazioni dei massimi esponenti del comune sono
improntate a chi finge di fare la voce grossa verso la Spa del comune
di Firenze, Publiacqua, rea di non aver investito i lauti guadagni
ottenuti con la vendita dell’acqua ai fiorentini. E a chi tuona che
verrà istituita una commissione d’inchiesta. Ci mancherebbe altro. Solo
che la commissione d’inchiesta dovrebbe riguardare l’operato ormai
decennale dei privatizzatori della città. Nulla di penalmente
perseguibile, per carità, solo è ora che la politica che ha applicato
queste sciagurate ricette risponda dei catastrofici errori commessi e
Firenze in questa storia è senza dubbio la punta di diamante.
Il
primo capitolo riguarda la svendita del patrimonio immobiliare. Sono
decine e decine gli immobili inseriti in un elenco patinato che sta
girando nel mondo della speculazione mondiale: questa e altre vicende
sono narrate in un prezioso libro di perUnaltracittà, il gruppo nato
intorno a Ornella De Zordo: (Urbanistica resistente nella Firenze
neoliberista, Aion, 2015). Invece di ragionare sulle prospettive di
utilizzazione di quel patrimonio per risolvere la crisi abitativa delle
famiglie più povere si preferisce vendere. In altri tempi Giorgio La
Pira requisì appartamenti pubblici per darli ai senza tetto.
Ancora
più grave l’orgia privatizzatrice dei servizi pubblici. Publiacqua non è
figlia di Renzi – risale infatti ai governi cittadini precedenti – ma
per comprendere come attraverso il controllo di aziende di erogazione di
servizi pubblici si riesce a costruire un sistema di potere immenso è
utile ritornare al 2012, quando viene rinnovato il consiglio di
amministrazione.
Diventa presidente Erasmo D’Angelis che – sempre
con Renzi – passerà all’autorità per la difesa del suolo per poi passare
alla direzione de l’Unità. Nel Cda viene eletta anche Maria Elena
Boschi, a dimostrazione delle sue grandi capacità: ammettiamolo, non è
da tutti passare in poco tempo dalle tematiche della erogazione
dell’acqua, alla definizione di una nuova Costituzione fino a riscrivere
la storia partigiana d’Italia.
Con il muraglione del lungarno è
dunque crollata l’ideologia privatizzatrice che ha governato le città
negli ultimi trenta anni. Non era vero che le società pubbliche erano
inefficienti ed era meglio privatizzare. È vero il contrario e,
soprattutto, solo aziende pubbliche efficienti possono tutelare
l’integrità dei territori.
Publiacqua ha un attivo di bilancio di
29 milioni e non investe in manutenzione allo stesso modo delle società
che hanno beneficiato della vendita delle autostrade, delle banche,
delle società di servizi. Le Spa si tengono i soldi e alle città, al
bene pubblico, non ci pensa più nessuno. Ben venga dunque la commissione
d’inchiesta se dirà queste cose e proporrà l’avvio di una fase di nuova
pubblicizzazione delle aziende: del resto è per questo che abbiamo
votato nel referendum del 2011.
225 chilometri di eternit
«Ci
aspetta un lavoro straordinario. Siamo alla vigilia della presentazione
della nuova tariffa idrica da parte dell’Autorità nazionale, e
continuerà senza sosta l’impegno di Publiacqua per gli investimenti in
opere infrastrutturali per mettere in sicurezza l’approvvigionamento
idrico e per il risanamento dei corpi idrici depurando tutti gli
scarichi, a partire da quelli che finiscono in Arno». Sono state le
parole di D’Angelis appena eletto presidente di Publiacqua.
PerUnaltracittà, aveva più volte denunciato anche in consiglio comunale
che a Firenze esistono ancora 225 chilometri di condotte in eternit.
Sono ancora lì mentre crolla il lungarno.