il manifesto 24.5.16
Professori per il Sì, ecco il listone
Riforme.
184 nomi favorevoli alla riforma costituzionale. Non tutti
costituzionalisti, e neanche giuristi. Quel che conta è fare numero. Ma
nemmeno loro se la sentono di difendere l’incrocio con l’Italicum
di Andrea Fabozzi
Anche
Renzi ha i suoi professori. È comparso ieri – sul sito della campagna
governativa per il Sì al referendum costituzionale – un appello di
docenti favorevoli alla riforma. È un contrappello e una prova di forza.
Se infatti erano 56 i costituzionalisti raccolti da Onida e Cheli che
un mese fa si sono pronunciati per il No, e sono una decina i
costituzionalisti del comitato del No, quelli del Sì messi insieme dai
professori Caravita, Ceccanti, Fusaro e Ciarlo sono ben 184. Non sono
però tutti costituzionalisti, e nemmeno tutti giuristi: ci sono
filosofi, storici, economisti, tributaristi, sociologi. Non sono neanche
tutti professori ordinari, nell’elencone che chiama al sì ci sono
diversi associati e ricercatori. Un buon segnale, dal punto di vista
della partecipazione alla vita pubblica dei più giovani. Ma anche
un’innovazione nel galateo universitario, in base al quale è
generalmente ritenuto più corretto non far schierare i docenti che
devono ancora superare un concorso. E che dunque saranno giudicati da
accademici che hanno aderito all’una o all’altra cordata.
Buona
parte delle firme di questo nuovo appello provengono da quelle raccolte
già due mesi fa dal professor Caravita, costituzionalista della Sapienza
di Roma, in calce a un appello che non si schierava ancora né per il Sì
né per il No. Ma si presentava, allora, come un invito a non
personalizzare la partita del referendum e a favorire «un voto informato
e consapevole». La nuova lista dei professori per il Sì contiene nomi
noti – Bassanini, Panebianco, Treu, Salvati, Tabellini – e si apre con
la firma di Salvo Andò. Socialista, già ministro della difesa del
governo Amato, compare come docente dell’università Kore di Enna, della
quale è stato rettore, anche se le cronache raccontano di una sua
estromissione (seguita dal commissariamento della fondazione). Come
tutti gli appelli, si legge più per le firme che per il testo. Che del
resto è assai simile al contenuto dei documenti governativi. Ma è
interessante il passaggio sulla nuova legge elettorale, che
evidentemente anche i sostenitori del Sì fanno fatica a difendere. Si
raccomanda infatti agli elettori di votare al referendum pensando solo
alla riforma costituzionale e non all’Italicum, che in ogni caso sarà
soggetto al vaglio della Corte costituzionale. E poi si truccano un po’ i
conti, si dice che in fondo questa nuova legge maggioritaria concede al
vincitore un vantaggio di soli 24 seggi. A prima vista una smentita
totale dei tanti allarmi lanciati in questi mesi da chi vede
nell’Italicum un sistema per blindare la maggioranza, alla quale vengono
regalati 340 seggi. Il calcolo dei professori per il Sì è fatto
immaginando che tutto il resto del parlamento, i 290 deputati residui – e
dunque in ipotesi grillini, leghisti, sinistra radicale e berlusconiani
– si comporti come un blocco unitario. E anche in questo caso, la
differenza tra 340 seggi e 290 fa 50. Ma, ecco il sofisma, se 26 di
questi senatori di maggioranza passassero a votare con l’opposizione,
potrebbero rovesciare il governo. Dunque la maggioranza è di soli 24
deputati. Fuori dal sofisma, le simulazioni dimostrano che con
l’Italicum chi vince al ballottaggio di un solo voto, anche avendo
raccolto il 20% al primo turno, avrà circa 230 deputati in più rispetto
al secondo partito.
Nel frattempo il governo è ancora impegnato
nella sua polemica con L’Associazione nazionale partigiani, colpevole di
aver deciso al congresso (300 voti contro 3 astenuti) di invitare a
votare No al referendum. Come del resto aveva già fatto nel 2006, contro
la riforma Bossi-Berlusconi (appoggiata invece da alcuni dei professori
che oggi sono schierati per il Sì a Renzi), in quel caso senza
polemiche. Dopo che la ministra Boschi ha spiegato in tv come
riconoscere i «veri» partigiani (sono quelli schierati per la riforma, e
ce ne sono), il presidente del Consiglio Renzi ha corretto il tiro:
«Quella dell’Anpi è una posizione legittima, ci sono veri partigiani che
voteranno Sì e che voteranno No e noi abbiamo rispetto per tutti».
Segue un triste censimento di ex combattenti, tutti naturalmente assai
anziani, schierati con l’una e con l’altra parte. Che raggiunge lo
scopo: limitare l’impatto negativo della notizia che l’associazione più
importante dei partigiani ha deciso, con una discussione e un voto, di
bocciare la nuova Costituzione.
L’operazione non finisce qui,
perché la propaganda del Pd ha arruolato con il Sì Pietro Ingrao –
notoriamente favorevole al monocameralismo, ma in tempi di legge
elettorale proporzionale – e Nilde Jotti – che una dirigente Pd ha
recentemente rivisto nella figura della ministra Boschi: tra due giorni
in un convegno a Piombino è in programma la reincarnazione. Alla
propaganda ha replicato Celeste Ingrao, prima figlia di Pietro: «Gira
una foto di papà con appiccicato sopra un grosso Sì e il simbolo del Pd,
prendendo a pretesto frasi pronunciate in tutt’altro contesto e avendo
in mente tutt’altra riforma. Se, come si usa dire ora, bisogna metterci
la faccia, allora ci mettano la loro e quella dei loro ispiratori».