il manifesto 20.5.16
Baby boomers, a Roma la piazza dei pensionati è politica
Cgil,
Cisl e Uil . Piazza del Popolo piena e pullman fermati. Sessantamila
pensionati a Roma per la rivalutazione e la reversibilità degli assegni,
il bonus degli 80 euro. «Siamo noi che paghiamo le tasse, ma non siamo
il bancomat dei politici». Un elettore su 5 ha più di 65 anni
di Rachele Gonnelli
Carolina
balla scatenata. Dal palco, Ivan Pedretti ha appena terminato il suo
primo intervento da segretario generale dello Spi-Cgil – «…siamo delusi,
arrabbiati, l’idillio si sta infrangendo sullo scoglio delle promesse
non mantenute, se le risposte dal governo non arriveranno credo che con
le confederazioni dovremo arrivare a uno sciopero generale» alza la voce
-, poi gli altoparlanti attaccano a tutta manetta People have the
power. Carolina, che viene da Pompei e non ha proprio il fisico asciutto
di Patty Smith, anche se probabilmente è coetanea della poetessa punk,
dice che no, questa canzone non la conosce, «però la so ballare» e fa
gli occhi furbetti.
In fondo, la generazione è la stessa, quella
dei baby boomers: sono loro i pensionati che hanno riempito ieri piazza
del Popolo, 60mila persone arrivate da ogni parte d’Italia, con molti
pullman che neanche sono riusciti a raggiungere in tempo il presidio.
Hanno
i cappelletti con la tesa di colori diversi, bianchi della Cisl – una
marea – rossi della Cgil, blu della Uil, si fermano sulle scale,
mangiano un panino o alla fine cercano una trattoria, sono abituati alle
marce, magari un po’ spersi, seguono i cartelli del capogruppo: Cesena,
Parma, Avellino.
Giuseppe viene da Pomigliano, 60 anni, 41 anni
di fabbrica e non bastano ancora. «Pensionato io? Vorrei..», ha ancora
la tessera Fiom. È in piazza perché spera che nella riunione del 24 col
ministro Poletti i sindacati riescano a ridurre le penalizzazioni per
l’uscita. «A Pomigliano ora si lavora troppo, troppo stress e non puoi
neanche dire una parola, a testa china si lavora e basta». Ha fatto i
conti: se fosse andato in pensione sei anni fa avrebbe preso l’85% dello
stipendio, circa 1.400 euro, ora con 43 anni raggiungerebbe a malapena
il 70%, tra 1.100 e 1.200 euro al mese per il tempo che gli resta. «Ma
quanto devo lavorà ancora?».
Al microfono parla il segretario
generale dell’ Fnp-Cisl, Gigi Bonfanti: «Siamo la parte del paese a cui
nessuno pensa, ci dipingono come quelli che tolgono il lavoro ai giovani
ma sono i nostri figli, i nostri nipoti, a cui diamo una mano
quotidianamente». E aggiunge: «Noi vogliamo che il paese progredisca,
che si crei lavoro, che ci siano più servizi. Si dovrebbe mandarli tutti
a casa», non c’è bisogno che spieghi chi, applauso.
«Non siamo il
vostro bancomat», è scritto sul cartello a cui Angelo è praticamente
appoggiato, pensionato di Tivoli, ex dipendente dell’Agenzia delle
entrate. «Noi siamo quelli che le tasse le hanno sempre pagate e ora
questo Stato cosa ci dà in cambio? Quasi nulla».
Passa e si ferma
Mario Sai, ex direttore del Centro studi Cgil che ora si occupa di
formazione allo Spi di Milano. «Per usare le parole di Bruno Trentin –
commenta – si potrebbe dire che questa è una riuscita manifestazione
politica. In questa piazza non ci sono solo pensionati ma cittadini che
vogliono esprimere un protagonismo politico che i partiti non gli
riconoscono più, anche se un elettore su cinque oggi ha più di 65 anni».
La mancanza di autorevolezza dei partiti risuona anche dagli interventi
e dall’applausometro.
«Oggi la politica verte solo
sull’amministrazione del potere, senza un’idea generale di società,
senza risposte su grandi temi come l’invecchiamento della popolazione –
continua Sai – Anche le organizzazioni delle imprese, a partire da
Federmeccanica, non riescono a proporre altro che una riforma
contrattuale che privilegi gli accordi aziendali. Tutto dovrebbe essere
risolto dal welfare aziendale, con quello generale riservato solo per le
fasce più povere. Ecco, a me pare che questa piazza, queste persone,
stiano dando una risposta anche a Federmeccanica, vogliono riaffermare
un’idea di diritti universali, un progetto generale di società
inclusiva». Se il sindacato non coglierà la sfida, – ritiene Sai – «sarà
la sua eutanasia».
Sì, le parole d’ordine e i cartelli stampati
rivendicano gli 80 euro ma in effetti i discorsi dal palco e tra la
gente non si limitano a questo, o alle finestre della riforma Fornero.
In
Brianza la Uil-pensionati ha aperto uno sportello sociale che si prende
in carico i problemi di sostegno al reddito di intere famiglie, sole
davanti al drastico taglio dei servizi domiciliari per gli anziani e i
non autosufficienti, alle prese con rette troppo alte per le residenze
sociali assistite, con anziani che tagliano sulle spese mediche, sul
cibo, tardano a pagare le bollette.
Si torna a invocare la
separazione di assistenza e previdenza, ma anche la lotta al caporalato
nelle campagne, un fondo per la perequazione delle pensioni dei giovani
precari, si chiede occupazione «veramente stabile», si accusa il governo
di aver tentato di far passare le pensioni di reversibilità come un
bonus per i poveri.
«Saremo anche vecchi ma non siamo ancora morti
– commenta Clara, di Oristano, e promette – continueremo a lottare
anche per i nipoti».