mercoledì 18 maggio 2016

il manifesto 18.5.16
È scampato disastro. Fassina: ora tutti uniti
Amministrative Roma. Il candidato ci crede e carica i suoi: siamo più forti di prima
di Daniela Preziosi

ROMA La cravatta rossa come un amuleto, l’aria stropicciata di chi ha dormito poco, Stefano Fassina aveva dato appuntamento ieri pomeriggio ai suoi 400 candidati quando le liste erano state escluse dalla competizione romana, il morale era sotto i tacchi e iniziava ad avvitarsi la più classica e tradizionale spirale di litigi della sinistra, a occhio e per esperienza sarebbe finita in una deflagrazione generale.
E invece. E invece ieri sono arrivati in centinaia, candidati e militanti, euforici come mai, troppi per stare nella sala della Città dell’Altra economia. Così l’assemblea si trasferisce all’aperto, si muovono in aria sedie di plastica «ora non scrivete che volano sedie», dicono ai cronisti ma stavolta è una battuta. «Se non fossimo stati riammessi ora qui ci sarebbero i blindati», scherza Paolo Cento, coordinatore romano di Sel, «invece la sinistra c’è nonostante tutto» cioè nonostante i suoi «errori materiali» che quasi facevano saltare la corsa.
La riammissione della lista «Sinistra per Roma», con una sentenza del Consiglio di Stato arrivata nella notte, è il mezzo miracolo del team dei legali, «ha vinto la Costituzione, vedete quanto serve, lunedì è stata una serata in cui sembrava ancora di vivere il un paese democratico» dice Fassina nella foga. Esagera e si capisce, è l’allegria di naufragi, ma è vero che «farà giurisprudenza» una sentenza che di fronte a una riconosciuta sostanziale correttezza delle firme favorisce «il principio della partecipazione».
Fassina si lascia alle spalle i litigi del week end appena trascorso, quello in cui lui stesso aveva attaccato il gruppo dirigente di Sinistra italiana per le sue «prospettive opposte». Oggi carica i suoi, prova a farceli credere: «Abbiamo dimostrato di essere una comunità, tutti, nessuno escluso, abbiamo saputo attraversare un momento difficile, ripartiamo più forti di prima, ora avanti uniti». Non è andata proprio così («Nei momenti di tensione è normale che ci sia qualche ’uscita’ di troppo», ha ammesso prima ai cronisti). Ma i candidati sono stanchi di guerra e ora vogliono andare a prendersi i loro voti. «Ho ripensato alla parola ’compagno, abbiamo condiviso il pane del dolore, della lotta, mai quello della rassegnazione», dice e chissà se ricorda che anni fa Nichi Vendola si beccò una scomunica per aver detto «meglio amici, la parola ’compagno’ è stato un alibi per molti crimini».
Mezzo gruppo parlamentare di Si è venuto a «non farlo sentire solo». Fra i ’romani’ la tregua è siglata, ma qui la chiamano «pace»: fino al 6 giugno si parla solo della città, il resto si vedrà. «Il resto» è innanzitutto l’indicazione per il ballottaggio. Fassina ha imparato a non rispondere ai cronisti, fra i suoi si fa avanti l’idea di non dare indicazioni. Per Cento «la campagna elettorale dura fino all’ultimo giorno del secondo turno». Per Nicola Fratoianni «pensiamo al primo, dare un’indicazione al momento è difficile». Dipende anche da chi passerà. Ieri i dem Guerini, Orfini e lo stesso candidato Giachetti con fair play si sono felicitati per la riammissione di Fassina ma hanno subito inaugurato il tormentone «ma poi uniti al ballottaggio».
Intanto fra oggi e domani si discuteranno i ricorsi anche delle liste dei municipi e quello della «Civica per Fassina», ma stavolta c’è più che ottimismo. In nome della tregua-pace Fassina lancia l’idea dell’associazione «Sinistra per Roma» ma specifica che è un’iniziativa «nel percorso nazionale»: tradotto, per gli amanti del genere, vuol dire che non sarà in contraddizione con Sinistra italiana. Partito nato a febbraio ma di salute incerta: infatti per fugare i dubbi fa sapere che indice un’assemblea per il 15 e 16 luglio.
Il miracolo del Fassina riammesso ha costretto la commissione elettorale a rifare il sorteggio per l’ordine dei candidati sulla scheda. Ma la sorte è burlona: stavolta ha fatto bingo Alessandro Mustillo, partito comunista di Marco Rizzo, compagno di strada di mille anni fa, oggi tranchant sui suoi ex («Se ci fosse Stalin tutto questo non avverrebbe»). La sua falcemartello sarà il primo simbolo sulla scheda, in alto a sinistra. È andata così.