il manifesto 17.5.16
Sorpresa: Fassina torna in corsa
Roma.
A tarda sera il verdetto del Consiglio di Stato capovolge quello del
Tar. La data in cui sono state raccolte le firme sulla lista del
candidato di sinistra è comunque desumibile. Partita riaperta. Secondo i
giudici amministrativi, le regole per le candidature sono
caratterizzate da «scarsa chiarezza». Per cui prevale il principio di
favorire la partecipazione
di Daniela Preziosi
ROMA
«Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) (…)
accoglie il ricorso proposto in primo grado e annulla (…) della
Commissione Elettorale Circondariale di Roma e ammette la lista
“Sinistra per Roma – Fassina Sindaco” alle elezioni comunali di Roma».
Un’attesa
lunghissima, estenuante, un verdetto annunciato per il pomeriggio che
arriva invece a tarda sera, dopo le 22. Ma è un colpo di scena,
definirlo inaspettato è poco: Stefano Fassina è stato riammesso nella
corsa. I giudici di Palazzo Spada ribaltano la decisione della
commissione elettorale circoscrizionale e poi quella del Tar e accettano
la tesi dell’avvocato Pietro Adami, il legale del comitato: e cioè che
le firme comunque sono state raccolte entro 180 giorni previsti (e cioè
dopo l’indizione delle elezioni) perché l’autenticatrice, la
vicepresidente del IV muncipio di Roma Carla Corciulo, era stata
nominata comunque il 28 dicembre 2015. «A fronte di tale scarsezza del
quadro normativo deve essere valorizzato il principio del favor
partecipationis», dicono i giudici. E anche su questo avevano insistito i
legali di Fassina.
La sentenza viene accolta con l’ovvio
entusiasmo dai militanti e dal candidato stesso. Che fino a un minuto
prima stava già lavorando al ‘piano B’ e cioè come tenere insieme i suoi
nonostante la mala sorte. Ora però ora dovrà correre ai ripari dopo un
week end di litigi a sinistra. E la cosa incredibile è che a dar fuoco
alle polveri era stato proprio lui, Fassina, che senza aspettare neanche
le conclusioni dei giudici ha rilasciato un’intervista al Corriere
della sera e una serie di dichiarazioni di fuoco al manifesto contro
Sel, invocando un «chiarimento definitivo» in Sinistra italiana perché
«non si può avviare una fase costituente quando nel nucleo fondativo ci
sono prospettive opposte».
Attacchi presi malissimo dai suoi
compagni di partito. In mattinata si era riunito il gruppo operativo di
Si, cioè l’esecutivo provvisorio. C’è anche Fassina, raccoglie molte
critiche. La versione dell’ex pd è «di essere stato lasciato solo». Ce
l’ha con Sel, «tutti», dice, ma in particolare ce l’ha con l’area che
non ha chiuso il dialogo con il Pd. C’è anche chi chiede di anticipare
il congresso «per fare chiarezza». Ma non si può: fino al 20 giugno
molti militanti saranno impegnati con i ballottaggi, poi inizierà – si
spera – la campagna per il ’no’ al referendum costituzionale. Sarebbe
bizzarro peraltro convocare un congresso prima dell’esito di un
referendum che può cambiare i connotati a tutta la scena politica. È
probabile però che a luglio si tenga un’assemblea dei comitati
regionali.
Del resto la lettura «rottura o dialogo con Renzi»
rischia di essere una semplificazione dei guai in cui si è cacciata
questa sinistra. La parte di Sel ’sospettata’ di mantenere un rapporto
con il Pd dice invece di puntare «alla sconfitta del renzismo»
innanzitutto tramite referendum costituzionale. Ne ha discusso domenica a
Roma nel corso della riunione del «documento dei cento» coordinati da
Ciccio Ferrara.
Nell’incontro si sono registrati toni duri sulle
ultime uscite di Fassina, «sbagliate nella forme, nel contenuto e nei
tempi», dice un comunicato finale, «le amministrative, il governo delle
nostre città sono passaggi fondamentali che poco c’entrano con la
dinamica congressuale di Si». Le distanze sono nette, persino su come
impostare le ostilità verso Renzi non sono d’accordo: «Nessuna ridotta
minoritaria, nessun rancore, nessuna astratta unità di frammenti della
sinistra radicale potranno mai contribuire alla sconfitta del partito
della nazione». Quanto alla linea del nuovo soggetto, «la deciderà il
congresso». I ’cento’ lamentano che Fassina, uscito dal Pd, non abbia
colto l’occasione per «interloquire con il disagio del suo elettorato». E
abbia condotto la sinistra romana verso «una semplificazione delle
culture politiche che spostano il perimetro di Si verso esperienze
minoritarie prive di radicamento».
Nei prossimi giorni sarà
convocata la presidenza di Sel. Ma intanto già oggi Fassina riunirà i
suoi 400 candidati. Nelle intenzioni c’era il lancio dell’associazione
«Sinistra per Roma», nonostante le perplessità espresse ieri al comitato
operativo. Ma la riammissione alla corsa potrebbe cambiare l’ordine del
giorno e magari consigliare una riappacificazione con tutte le anime
della sua lista, in vista del primo turno.
Al secondo, si vedrà.
L’endorsement del leghista Salvini per Virginia Raggi ha gelato chi si
stava orientando sui 5 Stelle. Nell’entourage di Fassina si fa avanti
l’idea della scheda nulla o dell’astensione. Non è un mistero che altri
si orienteranno, pubblicamente, verso il candidato Pd Giachetti. Certo è
che Giachetti ha promesso di far sapere i nomi della sua (eventuale)
giunta sabato prossimo, il 21 maggio. E comunque ci proverà: indicherà
qualche nome che sia diretto interlocutore della sinistra sinistra, per
attirare a sé quegli elettori.