il manifesto 155.16
Fassina, domani il verdetto. «Se è no, faremo una scelta»
Amministrative.
Alta tensione nella sinistra romana. Martedì l’assemblea delle liste.
L’ex pd lancerà l’associazione «Sinistra per Roma». Oggi invece si
riunisce l’area «dei cento» di Sel. Che guarda ai sindaci. Al consiglio
di stato l’ultima chance. L’ex viceministro chiede chiarezza: «Le firme?
Sulle spalle mie e di pochi. In Si ci sono prospettive opposte»
di Daniela Preziosi
ROMA
Gli argini della sinistra romana minacciano di cedere. Quelli in cui a
fatica si era costretta un’area variegata, molto e forse troppo,
veterana di divisioni e di guerre intestine. Domani per il candidato
Stefano Fassina sarà il giorno dell’ultima chance: dopo la conferma
della sua esclusione dalla corsa per il Campidoglio da parte del Tar,
domani l’ultimo verdetto spetterà al Consiglio di Stato a cui i legali
hanno subito presentato ricorso. Il responso sarà nel pomeriggio.
Intanto
Fassina prepara il dopo. Comunque vada ha convocato per martedì i suoi
400 candidati, quelli delle liste per il comune e dei municipi (tutte
escluse tranne le due che appoggiano il candidato presidente dell’VIII
Andrea Catarci). Se ci sarà da festeggiare si festeggerà. In caso
contrario Fassina anticiperà il lancio dell’associazione «Sinistra per
Roma»: un contenitore politico per accogliere chi si è messo in moto in
campagna elettorale, non solo i militanti della sua formazione, Sinistra
italiana.
E qui sta il primo problema: il nuovo partito nato
dalle ceneri di Sel aveva escluso dalle sue file le organizzazioni non
disponibili a sciogliersi. Come la Rifondazione di Paolo Ferrero. La
nuova associazione romana «supera» il problema. Fassina è chiaro:
«Considero queste condizioni archiviate. Il processo costituente di
Sinistra italiana e quello di Roma dovranno trovare una modalità per
integrarsi. Sono consapevole che potranno aprirsi contraddizioni. Del
resto l’esperienza romana ha dimostrato che ci sono nodi da affrontare:
la cultura politica, le alleanze, l’idea stessa di un soggetto autonomo.
Non si può avviare una fase costituente quando nel nucleo fondativo ci
sono prospettive opposte. Se non facciamo subito chiarezza rischiamo di
essere poco attrattivi. A me non interessa arrivare al primo congresso
di Sinistra italiana, a dicembre, per fare una riedizione di Sel al più
con qualche nuovo innesto».
Vero è che lo slancio di Si sembra già
esaurito: nelle città in cui non si va al voto si è fatta qualche
assemblea, ma le iscrizioni sono al palo. Per correre ai ripari, nel
gruppo dirigente c’è chi vorrebbe anticipare il congresso. Ma è
improbabile: l’autunno sarà dedicato alla campagna del referendum
costituzionale.
Fassina è contrario all’anticipo e arriva al punto
con un’analisi dura della débacle organizzativa che lo ha portato al
limite dell’esclusione dalla corsa per Roma. Sulla quale Si aveva
puntato di più. Visto che nelle altre grandi città – a parte Torino – le
divisioni erano sconfortanti: a Milano la sinistra radicale distribuita
fra Basilio Rizzo e il candidato Pd Sala; a Bologna fra Federico
Martelloni e l’uscente Merola; e anche a Napoli, divisi in due liste
benché entrambe con De Magistris. La settantina di comuni sopra i 15mila
abitanti in cui si sono trovati candidati unitari consolano poco.
Su
Roma, dunque, Si aveva puntato la posta più alta. E se domani il
Consiglio di Stato non facesse il miracolo? Fassina stronca le teorie
del complotto sugli errori della raccolta delle firme, si assume la
responsabilità in prima persona. Ma al manifesto parla fuori dai denti.
«Per chi ha la nostra cultura una falla organizzativa di questa gravità è
un fatto politico. Il pasticcio delle liste deriva dal fatto che tutto è
stato sulle spalle del sottoscritto e del nucleo di quelli che sono
stati dentro il percorso dall’inizio». Sottinteso ma neanche troppo: non
quelli che dentro Sel hanno provato fino all’ultimo a cambiare cavallo e
poi lo hanno «sopportato». E stavolta non sembra un’accusa rivolta solo
all’area che fa capo al vicepresidente del Lazio Massimiliano
Smeriglio.
Il «chiarimento» arriverà dunque già prima della scelta
del candidato da indicare come erede del prezioso gruzzolo di voti. Una
scelta che dividerà, sembra inevitabile. Una scelta che Fassina
promette, ma che non farà subito. Se n’è accorto chi ieri ha assistito
al confronto fra lui e la candidata M5S Raggi all’ex Cinema Palazzo, a
San Lorenzo, ospiti dei movimenti. Fra i due molto freddo e anche
qualche momento di frizione.
Fassina non è l’unico a muoversi.
Oggi, nella sede di un’associazione di Garbatella, si riuniscono quelli
del «documento dei cento». L’incontro è stato proposto molto prima del
precipizio delle vicende romane dall’ex coordinatore nazionale Ciccio
Ferrara.
È l’area che all’assemblea di Sinistra italiana aveva
messo in guardia dal non coinvolgere i sindaci e gli amministratori che
ancora governano in coalizione. Oggi discuteranno il loro «manifesto».
Per un soggetto ’aperto’, e per impedire, a quanto si capisce, che il
nuovo partito si rinchiuda nella ridotta dei soliti noti della sinistra.