il manifesto 15.5.16
Tutti in piedi nella notte del «Global Debout»
Parigi.
Oggi è un nuovo #15M, giornata di mobilitazione internazionale per
riprendersi le piazze e ripensare la società. Assemblee e dibattiti
nelle città di tutto il mondo, tra cui Roma, Napoli e Milano
di Anna Biazzi
PARIGI
ll 15 maggio è Global Debout, la prima «notte in piedi» globale. In
centinaia di città si scende in piazza per riappropriarsi della parola e
dello spazio pubblico rispondendo «alla competizione e all’egoismo con
la solidarietà, la riflessione e l’azione collettiva».
Nuit Debout
lancia una giornata di mobilitazione globale nel quinto anniversario
del movimento spagnolo 15-M, invitando a occupare simultaneamente le
piazze di paesi, città e metropoli. Londra, Berlino, Vienna, Madrid,
Barcellona, Lisbona, Atene e diverse città italiane tra cui Roma, Napoli
e Milano hanno aderito all’iniziativa. La manifestazione prevede lo
svolgimento di assemblee di cittadini, dirette live tra le diverse
località internazionali e alcune azioni comuni, come il lancio di una
campagna di boicottaggio.
Global Debout, che punta a essere il
laboratorio per una nuova Internazionale di movimenti e cittadini contro
«la precarietà, i diktat dei mercati finanziari, la distruzione
dell’ambiente, le guerre e il degrado delle condizioni di vita », è
stato concertato durante i dibattiti del 7 e 8 maggio a place de la
République, cui hanno partecipato centinaia di attivisti provenienti da
Europa, Turchia e Stati Uniti.
«Le battaglie ambientali, per il
lavoro e la scuola hanno una causa comune: l’oligarchia finanziaria. E
fintanto che saremo divisi perderemo». Così scriveva il giornale
francese Fakir a febbraio, poco prima che attorno alle proteste contro
la Loi Travail e alla convergenza delle lotte si coagulasse il movimento
Nuit Debout.
Da allora sono passati tre mesi e oggi la piazza
parigina guarda oltre i confini nazionali: «La riforma del codice del
Lavoro francese fa eco a numerose altre leggi adottate all’estero –
scrivono gli organizzatoriche hanno diffuso precarietà e miseria. Al
crescere delle disuguaglianze su scala globale, la nostra risposta deve
essere globale.»
E la risposta è la coesione sociale e la
partecipazione alla vita civile. Nelle piazze che hanno risposto
all’appello di #globaldebout, come è stato rilanciato sui social media,
si svolgeranno assemblee di cittadini con presa di parola libera.
Collegamenti telefonici e tramite Periscope, applicazione di Twitter per
la trasmissione di riprese in diretta, faciliteranno il dialogo tra le
diverse piazze internazionali. Alle 20 (ora locale parigina), un minuto
di silenzio, al termine del quale gli attivisti scatteranno in piedi con
un urlo di gioia (debout significa «in piedi»). Il 15 maggio è anche
un’occasione per lanciare un’azione di protesta comune: una campagna di
boicottaggio internazionale. Il primo obiettivo è Coca Cola. Ma l’idea è
creare una piattaforma globale su cui i cittadini possano confrontarsi e
indicare ogni mese nuove multinazionali da ostacolare.
Poche
linee guida e tanto spazio alle proposte locali: «L’obiettivo di Global
Debout – spiegano i promotorinon è esportare il movimento di place de la
République, ma creare mobilitazioni autonome che rilancino la
partecipazione politica e il dibattito cittadino su questioni di comune
interesse come il lavoro, le frontiere, l’austerità, il libero mercato».
Le ambizioni di Global Debout vanno infatti ben oltre l’impatto
mediatico ed estemporaneo di un’azione dimostrativa internazionale.
L’intento è creare una rete permanente di movimenti che declini nei
diversi contesti locali le medesime battaglie globali e proponga un
nuovo modello sociale.
L’appello lanciato da Nuit Debout ha dunque
destato l’interesse di chi da anni si muove negli spazi interstiziali
della politica istituzionale, sperimentando nuove forme di democrazia
dal basso. Il 7 e 8 maggio duecento attivisti internazionali, tra cui
collettivi italiani di Venezia, Padova, Milano, Parma, Bologna, Pisa,
Roma, Napoli, si sono ritrovati a place de la République «per
condividere le pratiche di resistenza alle politiche neoliberiste,
imparare dalle diverse esperienze di attivismo e trovare un terreno di
lotta comune». Tra loro, c’è chi si batte per la riappropriazione dello
spazio pubblico, chi per i beni comuni. Chi si oppone al precariato e
alle frontiere.
E chi cerca di concertare le diverse lotte. Come
l’atelier Esc di Roma, dove gli sportelli Clap (Camere del lavoro
autonomo e precario) assistono i lavoratori tirocinanti, intermittenti e
disoccupati, e dove il progetto «Decide Roma» ha portato alla stesura
collettiva della Carta dei beni comuni, contro lo smantellamento del
patrimonio pubblico: «Come Nuit Debout, cerchiamo di ricostruire uno
spazio fisico di partecipazione politica secondo i principi di
autonomia, autogestione e autogoverno», spiega Giansandro, arrivato a
Parigi per condividere i progetti dello spazio romano. Isabella e Simone
di Connessioni Precarie di Bologna raccontano l’esperienza dello
sciopero sociale italiano contro il Jobs Act nel novembre 2014, e il
tentativo di estenderlo oltre le frontiere nazionali attraverso la
piattaforma Transnational Social Strike «per toccare tutte le forme di
precariato, anche quelle che colpiscono i lavoratori migranti».
I
temi della riappropriazione dello spazio pubblico, del rapporto tra
precarietà, frontiere e libero mercato rimbalzano da un intervento
all’altro. Martin, di Nuit Debout Londra, racconta che il movimento
inglese, in mancanza di spazi pubblici, ha stabilito il proprio quartier
generale sul marciapiede di Downing Street, di fronte alla residenza di
David Cameron.
Dietro di lui, lo striscione appeso al monumento
alla Repubblica recita: «Lo spazio pubblico non è in vendita». Alcuni
francesi intervengono per denunciare «l’ipocrisia istituzionale sul tema
dei rifugiati» e condividere le lotte a fianco dei migranti messi sul
lastrico dagli sgomberi. Secondo Alex, di Bruxelles, «la convergenza
europea deve avvenire sul lavoro e le frontiere, due temi caposaldo
della società che, se rimessi in discussione, fanno crollare il modello
attuale di Europa». Il dibattito è proseguito all’interno di gruppi di
lavoro, in cui si è discusso di progetti a lungo termine, come il
rigetto del Ttip, dei modi di produzione e consumo a danno dell’ambiente
e delle persone, dell’Europa fortezza; e altri a breve termine, come
l’organizzazione di scioperi sociali, occupazioni di siti emblematici,
proteste simultanee, cortei silenziosi. «Il 15 maggio sarà
un’opportunità per discuterne in tutte le piazze interessate.»
Lo
slogan è stato adottato per accompagnare Global Debout, a ricordare la
contrapposizione tra il 99% e l’1% che detiene il potere. Ma la
convergenza è un processo complesso e tra gli attivisti internazionali
c’è anche chi si dice scettico riguardo alla presa del movimento al di
fuori della Francia: «Il 15 sarà un atto simbolico e importante, ma
dubito che in Italia possa trasformarsi in qualcosa di continuativo ed
efficace», sostiene un attivista di Pisa. Héctor, del movimento
Barcelona en Comù e membro della Commissione Internazionale di Nuit
Debout la pensa diversamente: «Far salire chi sta in basso e scendere
chi sta in alto è un’utopia. Ma sapete una cosa? I have a dream».