il manifesto 10.5.16
Syriza: dialogo con i socialisti europei per ritrovare «la vocazione originaria»
Grecia. Approvata dal parlamento la riforma fiscale e delle pensioni
di Teodoro Andradis Synghellakis
L’espressione
 sulla bocca di tutti è «compromesso onorevole e duraturo», quello che 
non è stato possibile raggiungere l’estate scorsa, a causa 
dell’intransigenza dei falchi del neoliberismo. Il parlamento di Atene, 
domenica notte, ha approvato la riforma del sistema pensionistico e 
fiscale richiesta a gran voce dai creditori come precondizione 
assolutamente irrinunciabile per continuare e portare a buon fine le 
trattative.
Tsipras ha speso tutta la sua persuasione e la sua 
credibilità politica, per riuscire a convincere i suoi deputati e quelli
 conservatori dei Greci Indipendenti, a dare il proprio assenso al 
taglio delle pensioni più alte e all’aumento della tassazione per i 
redditi dei cittadini più benestanti, quelli meno colpiti dalla crisi. 
Ma è evidente che in questo momento non è possibile chiedere al governo 
di Syriza di far approvare nuove misure preventive. Quelle misure, pari 
al 2% del Pil, che secondo l’Fmi dovrebbero scattare in caso di mancato 
raggiungimento degli obiettivi previsti per l’avanzo primario. Tsipras 
punta tutto sull’inizio della trattativa per l’alleggerimento del 
debito.
E se Pier Carlo Padoan ieri ha dichiarato che non si può 
parlare di haircut, che la questione, in questi termini, non è sul 
tavolo, Atene ha bisogno, comunque, di una soluzione che renda il debito
 pubblico del paese (aumentato di quasi un terzo a causa della 
dissennata cura dell’austerity), realmente sostenibile. Per ricreare un 
clima di fiducia, dare un segnale ai mercati e agli investitori e far 
uscire il paese da quella «realtà compressa», che ha reso difficilissimo
 fare qualunque progetto per il futuro, riuscire a pianificare la vita e
 il lavoro, a lungo o a medio termine.
Ora, anche il 
vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel chiede a tutti i paesi 
dell’Eurozona di iniziare il prima possibile i colloqui per 
l’alleggerimento del debito greco e promette di intervenire su Schauble 
per convincerlo a venire a più miti consigli. Si potrebbe dire che 
Syriza, nel «dialogo costruttivo» iniziato con i socialisti europei, 
chiede al centrosinistra di ritrovare la propria vocazione originaria, i
 propri valori, di non continuare a rincorrere i conservatori nella 
difesa delle inefficaci ricette neoliberiste.
È quanto aveva 
chiesto Massimo D’Alema già nel gennaio del 2015, poco dopo l’elezione 
di Tsipras. Ed è l’argomento di cui si parlerà, senza ombra di dubbio, 
nella riunione convocata da Renzi a Roma per il 20 maggio, a cui 
dovrebbero partecipare Hollande, il vicecancelliere Gabriel e Alexis 
Tsipras, appunto, in qualità di osservatore. Ed è proprio qui, la chiave
 di tutta la questione. Syriza e Tsipras desiderano poter finalmente 
uscire da un perenne stato di emergenza, dalla logica dei tagli senza 
fine, per fare in modo che la Grecia ridiventi un paese normale. A 
questo proposito bisognerà vedere se riusciranno a spuntare qualcosa in 
più del solo allungamento dei tempi di pagamento del debito.
Ma 
quello che la sinistra greca ha mostrato e sta mostrando all’Europa, è 
un qualcosa di più vasto e importante. Levando la propria voce e 
combattendo solo con le proprie armi, i greci hanno chiesto all’Europa 
di cambiare paradigma. Di comprendere realmente, che se si continua 
così, l’unico sviluppo possibile è la disgregazione: per l’economia, lo 
stato sociale, la convivenza con chi ha un passaporto e origini diverse.
 Molti, riguardo al compromesso firmato dal primo ministro greco, nel 
luglio scorso, hanno parlato di sconfitta. Ora, però, ci si rende conto 
che ha puntato a rimanere in gioco, nella speranza, non infondata, di 
portare questa Europa – o almeno una parte – sempre più vicino alle sue 
posizioni. È chiaro che la partita non è ancora chiusa e che le 
tensioni, i continui rinvii ed i sottili ricatti non sono esauriti.
Da
 una parte, però, ci sono buone probabilità che si arrivi a una 
soluzione che permetta ai greci di riprendere a respirare. E dall’altra,
 anche se alla fine dovessero vincere gli «ultraliberisti a oltranza» 
(eventualità che appare sempre più improbabile), la piccola Grecia ed il
 suo governo potranno dire di aver speso tutte le proprie energie, a 
livello personale e collettivo, per far rinsavire un gigante malato di 
autoreferenzialità ed incapace di guardare oltre il proprio naso.
 
