il manifesto 10.5.16
Cominciato il processo al soldato-terminator
Israele.
Elor Azaria ha ucciso a sangue freddo un assalitore palestinese che era
a terra ferito e non in grado di nuocere ma è accusato solo di omicidio
colposo
Per la maggioranza degli israeliani è un eroe.
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
Acclamato da gran parte della popolazione d’Israele come un eroe,
celebrato come un soldato esemplare a un raduno con migliaia di
partecipanti il mese scorso a Tel Aviv, il sergente Elor Azaria è
apparso ieri nel tribunale militare di Giaffa sul banco degli imputati.
Lo scorso 24 marzo a Hebron, Azaria ha ucciso a sangue freddo un
assalitore palestinese, Abdel Fattah al Sharif, 21 anni, che giaceva a
terra moribondo, non in grado di nuocere, che poco prima aveva
accoltellato e ferito in modo lieve un militare. Eppure viene processato
soltanto per omicidio colposo e comportamento improprio.
I
vertici militari si aspettano la condanna del soldato, anche per non
offuscare, soprattutto all’estero, l’immagine delle forze armate già al
centro, diverse volte negli ultimi anni, di indagini internazionali per
crimini di guerra (commessi a Gaza). «E’ un episodio di gravità
eccezionale», ha spiegato l’accusa, «il militare ha sparato senza alcuna
giustificazione su un terrorista già neutralizzato, in contrasto con le
regole di ingaggio. Ha poi cambiato versioni, risultando non
credibile». La destra al potere, al contrario, chiede l’assoluzione del
militare, sull’onda dei sentimenti prevalenti nell’opinione pubblica.
Tanti, troppi, israeliani – un sondaggio svolto a marzo da Canale 2
riferiva che il 57 per cento degli intervistati si diceva contrario alla
sola idea di processare Azaria – sostengono che il sergente «ha fatto
la cosa giusta» di fronte alla «minaccia terroristica palestinese». Ieri
uno degli avvocati difensori, Ilan Katz, perciò ha accusato i vertici
dell’esercito di volere influenzare a tutti i costi il lavoro del
tribunale per ottenere una sentenza di condanna. L’agenzia online dei
coloni israeliani, Arutz 7, ha denunciato non meglio precisate pressioni
di ambienti politici (di sinistra) volte a prevenire l’assoluzione del
soldato. Nei mesi scorsi lo stesso premier Netanyahu (che pure a marzo
ha condannato Azaria), aveva difeso l’operato dell’Esercito in risposta
alle (rare) critiche internazionali all’uso «eccessivo» della forza
contro la nuova Intifada cominciata ad ottobre (in sette mesi sono
rimasti uccisi circa 30 israeliani, due cittadini stranieri e almeno 200
palestinesi). Gran parte degli attentatori palestinesi responsabili di
accoltellamenti, anche solo tentati, sono stati uccisi sul posto.
L’esecuzione
sommaria dell’assalitore (che aveva agito con un altro palestinese) fu
filmata da un attivista di B’Tselem, il centro israeliano per i diritti
umani nei Territori Occupati. Le immagini mostrano Azaria che, diversi
minuti dopo il ferimento con un coltello di un soldato, avanza verso il
palestinese responsabile dell’attacco già a terra, immobile, gravemente
ferito ma ancora vivo. Quindi prende la mira da una distanza di un paio
di metri e gli spara alla testa uccidendolo sul colpo. Inizialmente fu
comunicato che i due attentatori erano stati entrambi uccisi subito. Poi
le autorità militari fecero retromarcia quando B’Tselem postò il video
in rete. Arrestato, Azaria giustificò il proprio operato col timore che
il “terrorista” nascondesse un corpetto esplosivo e per impedire al
palestinese di impossessarsi di un coltello. Una versione smentita anche
da nuovo filmato, messo in onda domenica sera da una tv israeliana, che
mostra come il coltello di cui parla il soldato sia lontano e il
palestinese, peraltro immobile, non è in alcun modo in grado di
raggiungerlo.
Elor Azaria, alla luce di ciò che mostrano le
immagini, dovrebbe essere condannato per omicidio premeditato. Ma questo
è un caso politico, con la destra israeliana e buona parte
dell’opinione pubblica che vedono in questo processo la rottura di una
tacita intesa collettiva: agli accoltellamenti veri o apparenti, tentati
o realizzati dai palestinesi si risponde con il massimo della forza,
subito, senza esitazione. Il “tema” potrebbe dominare un altro ipotetico
processo alle due guardie private che dieci giorni fa hanno ucciso al
posto di blocco di Qalandiya, tra Hebron e Gerusalemme, i fratelli Maram
(incinta) e Ibrahim Abu Ismail. La prima versione ufficiale riferiva
del lancio di un coltello contro i soldati. Le cose sono cambiate dopo
che il padre degli uccisi, e il quotidiano Haaretz, hanno chiesto, sino
ad oggi invano, la pubblicazione del video girato dalle telecamere di
sorveglianza. La stessa polizia, riferiscono i media locali, ora dubita
che Maram e Ibrahim avessero messo in alcun modo in pericolo soldati e
guardie di sicurezza a Qalandiya.