epubblica 16.5.16
Intervista al filosofo Slavoj Žižek
“Meglio separati in casa che la falsa integrazione”
La necessità di una nuova e diversa lotta di classe, le critiche a certo “buonismo” della sinistra sulla questione migranti
intervista di Giulio Azzolini
Dopo
la caduta del muro di Berlino, gli intellettuali di sinistra si possono
dividere in tre tipologie: i perseveranti, i pessimisti e gli
innovatori. Secondo Razmig Keucheyan, autore di un preziosissimo saggio
sull’Hémisphère gauche (“La Découverte”), Slavoj Žižek appartiene
all’ultima categoria. «Ma io preferisco considerarmi un pessimista»,
dice il filosofo sloveno. «Perché i pessimisti sono le uniche persone
felici. Se sei pessimista, ogni tanto ti rendi conto che non è tutto
così male come credevi, quindi ti predisponi alle buone sorprese. Gli
ottimisti sono sempre amareggiati. Io sono un pessimista che crede nei
miracoli».
Professor Žižek, ne “La nuova lotta di classe” (ora in
libreria) critica i populisti anti-immigrazione, ma ancora di più la
sinistra liberal, favorevole all’apertura delle frontiere. Perché?
«Perché
sono due facce della stessa medaglia, ma la seconda è più ipocrita
della prima. Il problema non è dire sì o no all’accoglienza, ma capire
come mai in tanti fuggono dai propri paesi e trovare il modo di aiutare
davvero la povera gente. Pensi ai film di Hitchcock: spesso si aprono
con un dettaglio, tipo una chiave o un bicchiere di latte, poi
l’inquadratura piano piano si allarga e lo spettatore può vedere la
situazione per intero. Ecco, secondo me le immagini dei barconi a largo
di Lampedusa rappresentano quella chiave, quel bicchiere di latte: non
crede che sia venuto il momento di girare la telecamera e guardare tutta
la scena? Sono anni che nell’indifferenza generale tutti, Cina inclusa,
si appropriano delle terre africane in nome di uno sfrenato
neocolonialismo economico».
E l’idea di lotta di classe è ancora utile?
«Oggi
la lotta di classe non è più quella tipicamente marxista: proletariato
contro borghesia, periferia contro centro. Come ha spiegato Peter
Sloterdijk (lo so, è triste, ma per capire il nostro tempo dobbiamo
rivolgerci ai conservatori), il nuovo scontro è tra chi sta dentro e chi
è rimasto fuori. Perché è vero che tutti sono dentro il mercato, ma
tanti, troppi sono fuori dalla storia. Parlo dei giovani senza
prospettive, dei precari, dei profughi, delle tantissime donne che
continuano a subire violenze. L’idea di lotta di classe serve a dare una
base comune ai mille conflitti dispersi nel capitalismo globale».
Come si combatte la nuova lotta?
«Il
modello non è più la presa della Bastiglia o insurrezioni del genere,
la rivoluzione non può essere ancora l’assalto al Palazzo del potere. Io
ho letto Marx e so bene che il capitalismo è il sistema sociale di
produzione più potente e flessibile della storia. Ma non mi rassegno ai
palliativi proposti dalla sinistra liberal e sono convinto che ogni
sistema custodisca delle leve nascoste, che possono innescare delle
reazioni a catena. È come nei film di fantascienza, quando a un certo
punto il protagonista tocca il tasto sbagliato e scoppia una bomba: per
me la sfida è trovare i tasti esplosivi. E attenzione: non si tratta di
teorie astratte, ma di questioni concrete e in apparenza poco rilevanti.
Pensi alla battaglia di Obama per garantire l’assistenza sanitaria
pubblica: è bastato quel tasto, che a noi europei sembra scontato e
sacrosanto, a mandare su tutte le furie le più potenti lobby degli Stati
Uniti. Ma anche l’Europa ha i suoi tasti dolenti».
Come l’immigrazione...
«Quello
che non è successo di fronte al pericolo Grexit, ossia la disgregazione
dell’Europa, rischia di verificarsi oggi sui migranti. Bisogna
afferrare il toro per le corna. I paesi fondatori dell’Unione devono
essere più aggressivi nei confronti degli Stati che hanno scelto di
fregarsene della solidarietà. Italia, Francia, Germania chiamino a
rapporto Polonia, Slovacchia, Ungheria e parlino chiaro: non volete
partecipare al nostro gioco sull’emergenza rifugiati? Benissimo, allora
non meritate di far parte del cuore stretto dell’Unione europea. Sarete
Stati di seconda classe e piantatela di chiedere aiuto quando non sapete
come finanziare la vostra crescita ».
Che effetto le ha fatto il recente, fortissimo appello di papa Francesco all’Europa, sempre sul tema migranti?
«Ovviamente
ho accolto con favore la sua critica alla xenofobia. Ma il punto non è,
come ha fatto Francesco, invocare “diritti umani, democrazia e
libertà”, ma discutere dell’ordine economico globale che provoca queste
migrazioni di massa. L’Europa non è in crisi morale, è il capitalismo
che è entrato in una nuova fase».
Al di là dell’accoglienza, perché lei non sopporta il concetto di integrazione?
«I
terroristi di Bruxelles erano perfettamente integrati. Bisogna
abbandonare questa retorica dell’integrazione, che uniforma tutto e
tutti, e riflettere di nuovo sui concetti di vicino, di straniero, di
prossimo. La sinistra ha sempre sottovalutato i sentimenti etnici, ha
creduto che il nazionalismo fosse una teoria cui bastava contrapporne
un’altra. È inutile fare le anime belle. Sa qual è il mio ideale di
convivenza? Un grande palazzo in cui gente di ogni razza e religione si
ignora, ma lo fa gentilmente, in modo molto tollerante. Poi magari
nasceranno delle amicizie, degli amori, ma non può accadere in maniera
forzata».
Ma la politica non ha il compito di sublimare, per quanto possibile, gli impulsi delle masse?
«Sì,
ed è quello che sta facendo benissimo Bernie Sanders. Non vincerà le
primarie del partito democratico, ma il suo ruolo pedagogico è
importantissimo e va valutato sul lungo periodo».
Intanto Donald Trump potrebbe diventare l’uomo più potente del pianeta. La spaventa?
«Sarebbe
stato peggio Ted Cruz. Trump è un politico di bassissimo livello, ok, è
un personaggio di pessimo gusto. Però il suo programma economico è
assai più moderato rispetto a quelli che piacciono alla destra
americana. E poi sua moglie è slovena: come faccio a spaventarmi da
connazionale dell’ipotetica first lady?».
IL LIBRO La nuova lotta di classe di Slavoj Žižek ( Ponte alle Grazie, trad. di Vincenzo Ostuni, pagg. 144, euro 13)