Corriere 16.5.16
L’antropologo Marc Augé discute di terrorismo, periferie e pallone
«Il multiculturalismo è un inganno: lascia spazio a ideologie totalitarie»
intervista di Luca Mastrantonio
Il
multiculturalismo è una pericolosa sirena. L’Europa deve tenere saldo
il valore della laicità e puntare sull’assimilazione, altrimenti a breve
dovrà fronteggiare una vasta rivolta. Lo sostiene il sociologo e
antropologo francese Marc Augé, in Italia per presentare il libro
«Football. Il calcio come fenomeno religioso», uscito per EDB. La cui
tesi, oltre a offrire una chiave di lettura dei prossimi Europei
francesi, può essere rovesciata senza perdere aderenza sulla realtà: la
religione come fenomeno calcistico, la politica come tifo, tra fanatismo
e ritualità.
In cosa è diversa la Francia oggi rispetto a quella campione del mondo del 1998?
«Ero
a vedere la finale contro il Brasile, un ricordo bellissimo, ho
riprovato le emozioni di quando ero bambino e tifavo per la nazionale di
Raymond Kopa e Léon Glovacki, davanti, e dietro Roger Marche,
soprannominato il “cinghiale delle Ardenne”. Ma oggi lo spettacolo è
cambiato, troppi soldi in gioco. La fase in cui si cantava “nero, bianco
e arabo” (Black, Blanc, Beurs, in francese) è sparita, con il sogno
multietnico».
Effetto anche degli attentati di Parigi?
«I
terroristi hanno voluto colpire lo stile di vita dei parigini, luoghi di
divertimento, di incontro, di scambio. C’è stata una reazione
collerica. Ma se penso alle recenti proteste sulla riforma del lavoro,
si può dire che stiamo tornando alla normalità».
Che idea si è fatto dei terroristi?
«Come
ha notato Gilles Kepel, ci sono strateghi e ideologi, dietro; ma per
l’azione usano teppisti appartenenti alla mala, ragazzi poveri che hanno
fallito nella vita. Nulla a che vedere con i piloti che si sono
schiantati contro le Torri Gemelle».
Da Parigi a Bruxelles, passando per Molenbeek. Ci sono quartieri periferici più a rischio di altri?
«Sono
molte le aree permeabili da infiltrazioni terroristiche, e molte le
aree da colpire. Ma non è una questione geografica, poiché il concetto
di periferie presuppone un centro che in realtà esiste soprattutto per i
turisti. Periferie e centro sono concetti mobili. Il problema è sociale
e politico e di polizia, che deve coordinarsi meglio a livello
europeo».
La questione è solo di polizia?
«Sul piano
tecnico, il terrorismo si combatte con forza militare e polizia. Poi
bisogna continuare la politica dell’accoglienza, governarla al fine di
integrare e assimilare i rifugiati. Se l’Europa non si muove chiaramente
e generosamente, rischia di fronteggiare in una quindicina di anni
l’ira della generazione di chi è nato e cresciuto nell’esclusione. Non
bisogna però cullarsi nell’inganno delle sirene del multiculturalismo.
Il termine “cultura” è pericoloso, a questo termine è possibile far dire
tutto quello che si vuole. E in nome del pluralismo è facile lasciare
che si imponga una ideologia totalizzante e totalitaria».
L’Islam è un problema per l’Europa?
«Il
problema non è l’Islam, ma la sua vocazione universale a imporre una
morale individuale. Per integrarsi in Europa, chi crede in Maometto deve
rinunciare a questo universalismo, come hanno fatto i cristiani in
passato, sotto la pressione di processi politici democratici, il
secolarismo contro il proselitismo. Ma purtroppo il discorso mediatico e
politico di oggi va in un’altra direzione. In Francia molte persone si
dichiarano religiosamente indifferenti, anche se magari sul piano
statistico appartengono a una religione, compreso l’Islam. È aumentata
però la tendenza a dare risalto all’identità religiosa, descrivendo ad
esempio il sindaco di Londra, Khan come “musulmano” più che come
“laburista”. Tra l’altro ha ricevuto una fatwa dai musulmani radicali,
il che la dice lunga sulla pericolosità dell’Islam moderato per gli
estremisti. Finiremo come l’Indonesia, che si presenta tollerante,
perché tutte le religioni sono autorizzate, ma ognuno è obbligato a
sceglierne una. Non è laicità, che è un valore non negoziabile».
Ci sono altri valori non negoziabili?
«Non ci si può fare giustizia da soli».
Crede che la Francia si sottometterà all’Islam, come ha scritto Michel Houellebecq nel suo ultimo romanzo?
«Quello
di “Sottomissione” è un incubo plausibile, ma voglio credere nella
forza del pensiero laico e democratico in Francia e in Europa».