Corriere Salute 1.5.16
Sul «lettino» delle psico-app
A livello internazionale sono tra le più numerose e facilmente accessibili
Resta tuttavia ancora da provare quanto siano davvero utili e valide
di Danilo di Diodoro
Tra
le migliaia di applicazioni che si possono scaricare sullo smartphone o
il tablet, le cosiddette app, molte sono a contenuto sanitario, e una
buona parte di esse ha a che fare con la salute psicologica.
Ma
come spesso accade quando ci si trova davanti a un nuovo fenomeno, poco
si sa del loro livello di sicurezza informatica e della loro
affidabilità. Si tratta di semplici giochi elettronici o di veri
strumenti di aiuto psicologico?
Un’app che valuta il proprio
carattere è credibile? Da chi è stata preparata? Ha alle spalle una
verifica scientifica? Un’app che dà informazioni sui disturbi del tono
dell’umore da chi è stata scritta? Qualcuno ha controllato che riporti
indicazioni corrette?
A livello internazionale le app di carattere
psicologico e psichiatrico costituiscono una galassia multiforme che
può essere raggiunta con pochi click sia nell’app store di Apple, sia in
quello del sistema Android, tanto che la rivista Nature ha dedicato
all’argomento una revisione critica.
Va tenuto presente che,
secondo studi epidemiologici, circa il 30 per cento della popolazione va
incontro nel corso della vita ad almeno un disturbo psicologico, e
quasi il 55 per cento di queste persone non ha accesso al trattamento di
cui avrebbe bisogno. Una percentuale che nei Paesi in via di sviluppo
può raggiungere l’85 per cento.
È evidente quindi che ci sarebbe
bisogno di affidabili strumenti di auto-aiuto e che, allo stesso tempo,
quello delle app psicologiche rappresenta anche un importante mercato
potenziale.
Il sito web inglese NHS Choises riporta una lista di
queste app che risultano essere state sottoposte a una qualche forma di
verifica. Il sito fa parte del Sistema Sanitario Nazionale inglese (NHS)
e dà informazioni di buona qualità su salute e malattia, oltre a
orientare nella scelta delle strutture sanitarie, ed è cliccato da 50
milioni di visitatori al mese.
Nella sezione dedicata alle app,
c’è ad esempio FearFighter , un corso di auto-aiuto contro fobie e
attacchi di panico. È basato sui principi della terapia
cognitivo-comportamentale ed è costituito da una serie di sessioni
ciascuna della durata di circa un’ora. Spiega come si esplica l’azione
negativa dell’ansia sulla mente e sul corpo e dà indicazioni su come
affrontarla.
«Ma la tecnologia si sta muovendo più velocemente
della scienza» dice Emily Anthes, autrice dell’articolo su Nature . E
restano aperti molti problemi per chi vuole provare a usare queste app,
perché non sono risolte le questioni riguardanti l’affidabilità e la
sicurezza informatica.
«Se ne è già occupato il Garante della
privacy italiano nel 2014, nell’ambito di un progetto europeo denominato
Sweep Day , e molte preoccupazioni in merito sono state confermate da
un recente studio condotto dall’Imperial College di Londra proprio sulle
applicazioni disponibili sul sito del NHS» dice il dottor Eugenio
Santoro dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.
E
poi va considerato che ancora oggi non ci sono molte risposte
convincenti per quanto riguarda l’efficacia di queste app. «Un recente
studio condotto su 14 app presenti sul sito web del NHS, riguardanti la
gestione della depressione e dell’ansia, ha dimostrato che solo quattro
contengono dati che ne attestano l’efficacia, mentre solo 2 usano
indicatori validati» dice ancora Santoro.
«Altri studi dimostrano
invece che applicazioni basate sulla terapia cognitivo-comportamentale
aiutano effettivamente a combattere l’insonnia, così come le app
sperimentate per tenere in esercizio la mente risulterebbero capaci di
migliorare la memoria di persone con schizofrenia. Ma è una goccia nel
mare, considerato l’elevato numero di app disponibili», aggiunge
l’esperto dell’Istituto Mario Negri.
Particolarmente promettenti
per le prove di efficacia che hanno accumulato, appaiono alcune app
finalizzate a modificare stili di vita, agendo su alimentazione ed
esercizio fisico, o a prevenire malattie croniche, come il diabete.
Purtroppo però per chi volesse fare una scelta ragionata, in Italia non
esiste un deposito verificato delle app di ambito medico.
«Chi
cerca una app, comprese quelle psicologiche, di solito interroga i due
principali app Store degli smartphone o tablet, oppure si affida a
quanto segnalato nei siti delle Società scientifiche o di portali
specializzati — dice ancora Santoro. — In entrambi i casi, validità ed
efficacia non sono garantite, mancando in Italia (e in Europa) regole
specifiche che regolamentino il mercato delle app. Un passo avanti che
la Food and Drug Administration americana ha invece fatto dal 2013
prevedendo la certificazione e validazione delle app che potrebbero
mettere a rischio la salute delle persone, e ponendo attenzione ad altri
tipi di app, come quelle rivolte a persone con patologie psichiatriche,
alle quali è associato un rischio più moderato».