Corriere 9.5.16
«Tutti i magistrati possono schierarsi Il voto non è su Renzi»
Il consigliere Ardituro: l’Anm può prendere posizione
intervista di Giovanni Bianconi
ROMA
«Una cosa dev’essere chiara: si può parlare dell’inopportunità che un
componente del Consiglio superiore della magistratura partecipi alla
campagna referendaria sulla riforma costitu-zionale, ma non certo di un
divieto; chi vuole ha comunque il diritto di farlo».
Così dice
Antonello Ardituro, consigliere dell’organo di autogoverno dei giudici
per conto del gruppo di sinistra di Area (che riunisce il Movimento per
la giustizia-Articolo 3, il suo, e Magistratura democratica, cui
appartiene il collega Piergiorgio Morosini), dopo che il vicepresidente
del Csm Giovanni Legnini ha invitato alla «cautela» rispetto all’impegno
diretto nei comitati per il No (o per il Sì).
Il problema di opportunità si pone solo per i consiglieri del Csm o per tutti i magistrati?
«Riguarda
noi rappresentanti del Consiglio, componenti di un organo collegiale di
rilievo costituzionale; la partecipazione attiva alla campagna ci
accomunerebbe a posizioni estremiste o radicali, oltre che
politicizzate, poco opportune per la posizione istituzionale che
ricopriamo. I magistrati invece sono liberi, l’hanno già fatto nel 2006 e
nessuno mi pare che abbia mosso rilievi, perché oggi dovrebbe essere
diverso?».
F orse perché Renzi ha legato il destino del suo governo all’esito del referendum.
«Ma
questo è un problema del presidente del Consiglio, non dei magistrati.
Stiamo parlando del legittimo esercizio di un diritto che non può essere
conculcato o condizionato dal fatto che qualcun altro attribuisce
valore politico all’esito del referendum. La consultazione riguarda
l’architettura costituzionale, e i magistrati che intendono prendere
posizioni ne valuteranno le conseguenze sull’equilibrio tra i poteri;
non è un referendum sul governo in carica».
Dunque, secondo lei,
se il procuratore di Torino Spataro aderisce al comitato per il No non
ci sono problemi, mentre per Morosini sarebbe inopportuno?
«Questa
è la mia opinione, fermo restando che anche i consiglieri hanno il
pieno diritto di dire pubblicamente come la pensano. Ma la
partecipazione diretta alla campagna è un’altra cosa».
Lei come voterà?
«Non ho ancora deciso».
Il
«caso Morosini», però, non si limita al referendum. Per il ministro
della Giustizia ci sono questioni «di rilevanza istituzionale» ancora da
chiarire. Lei che ne pensa?
«Penso che dovremmo attenerci alla
smentita, peraltro reiterata; un colloquio privato non può essere
paragonato a un’intervista, e potremmo fermarci qui. Dopodiché, se il
ministro ritiene necessari chiarimenti è giusto che ne parli col
vicepresidente Legnini sebbene, come ha specificato proprio Legnini, non
esiste alcun potere di convocazione da parte del Guardasigilli. Siamo
nell’ambito della leale collaborazione tra poteri».
Qualcuno ipotizza un’azione disciplinare a carico del suo collega.
«L’eventuale
avvio dell’azione disciplinare spetta al ministro o al procuratore
generale della Cassazione, e io su questo non mi posso esprimere anche
perché sono membro supplente della Sezione disciplinare che sarebbe
chiamata, eventualmente, a giudicare».
Perché la smentita di Morosini non è bastata?
«Perché
la presunta intervista è arrivata dopo quella di Davigo contro cui si
sono levati i politici, e dopo l’uscita del consigliere Fanfani al Csm
contro i giudici di Lodi: una mossa del tutto inopportuna, da non
sottovalutare, alla quale noi abbiamo giustamente reagito in maniera
molto ferma. La vicenda Morosini è stata l’occasione per un’ulteriore
risposta che ha contribuito a far aumentare la tensione. Mi auguro che
adesso il dibattito rientri nella sua fisiologia, con un abbassamento
dei toni da parte di tutti».
Tornando al referendum
costituzionale, lei pensa che sarebbe legittimo se anche l’Associazione
nazionale magistrati si schierasse da una parte o dall’altra?
«Se
ci fosse una posizione unitaria non vedo dove sarebbe il problema. Di
solito si accusano le correnti della magistratura di essere diventate
solo dei centri di potere per la spartizione dei posti, ma poi ci si
meraviglia quando si discute di posizioni politico-culturali su
questioni istituzionali di grande rilievo».
Dentro Area si
intravede una divisione tra voi del Movimento, meno conflittuali con il
governo, e Md più decisamente contraria. È così?
«A parte che nel
Csm abbiamo votato quasi sempre compatti, credo che quel tipo di
differenziazione sia trasversale all’interno dei gruppi e non così netta
tra l’uno e l’altro. Anzi, sarebbe bene che l’esperienza di Area
proseguisse fino al superamento definitivo dei gruppi d’origine».