lunedì 9 maggio 2016

Corriere 9.5.16
Quell’uno-due per cento che per Giachetti può fare la differenza
di Ernesto Menicucci

ROMA «Mi dispiace per Stefano e per i ragazzi di Sinistra italiana. Aspettiamo l’esito del ricorso. Poi, però, è chiaro che la mia porta nei confronti degli elettori di sinistra è aperta, come del resto lo è sempre stata fin dall’inizio di questa campagna elettorale». Una biciclettata sull’Appia antica con Francesco Rutelli, poi allo stadio per la «sua» Roma che batte il Chievo e infine, a metà del pomeriggio, la notizia che per Roberto Giachetti potrebbe cambiare le sorti della campagna elettorale: le liste di Stefano Fassina vengono «depennate» dall’ufficio elettorale del Comune e, salvo naturalmente una vittoria in sede di ricorso, il vicepresidente della Camera si ritrova senza più «nemici» a sinistra.
Giachetti, così, parlando coi suoi fedelissimi mostra fair play («potremmo ironizzare, ma lasciamo stare...», dicono i giachettiani, che non dimenticano le frecciate lanciate da Fassina contro di loro) ma ha già programmato una riunione col suo staff, prevista per oggi, per capire come impostare la campagna elettorale. I suoi alleati «moderati» lo ammoniscono: «Lo invitiamo — dice Lucio D’Ubaldo, coordinatore della lista «Più Roma», quella con Maria Fido Moro capolista — a non mutare presupposti e tenore della sua candidatura». Ma è evidente a tutti che, dall’eventuale estromissione di Fassina dalla competizione, Giachetti sia quello che ci può guadagnare di più. Perché, anche se l’ex viceministro all’Economia è sempre stato contrario ad ogni tipo di accordo col Pd, arrivando persino a teorizzare un appoggio ai Cinque Stelle al ballottaggio, dentro Sinistra italiana c’è tutto un gruppo (quello che fa riferimento ai romani di Sel) che aveva lavorato per «ricucire» il rapporto e tenere aperti dei canali di comunicazione. Ma poi, oltre al ceto politico, ci sono gli elettori. Che, senza Fassina, tra i candidati principali, si ritrovano col solo Roberto Giachetti nel centrosinistra.
Ora, una parte del 5-6% di voti che sarebbero andati, secondo i sondaggi, a Si finiranno pure (magari per protesta antirenziana) a Virginia Raggi, oppure nel non-voto. Ma anche se l’esponente del Pd recuperasse l’1-2%, quei voti in più potrebbero fare la differenza tra vivere o morire. Cioè tra andare al ballottaggio (contro M5S) o non andarci, visto che — in base a tutte le rilevazioni — Giachetti, Meloni e Marchini sono stretti in due punti, due punti e mezzo percentuali. E con circa un milione di votanti stimati (il 50% del corpo elettorale), l’1-2% equivale circa a 10-20 mila voti. Proprio quelli che Giachetti prenderebbe da Fassina.