Corriere 6.5.16
Rendono liberi e ci appassionano. Ecco perché i classici fanno bene
di Nuccio Ordine
«Q
ue otros se jacten de las páginas que han escrito;/ a mí me
enorgullecen las que he leído» («Che altri si vantino delle pagine che
hanno scritto;/ a me inorgogliscono quelle che ho letto»): nessun giro
di parole avrebbe potuto esprimere meglio il senso del mio lavoro come
questi due versi con cui Jorge Luis Borges apre la sua poesia intitolata
Un lettore nell’ Elogio dell’ombra . Non è certo la dichiarazione di
modestia di uno dei più grandi scrittori del Novecento che fa al mio
caso. Ma è il suo porre l’accento sulla vitale importanza della lettura
che traduce bene, invece, lo spirito con cui ho concepito Classici per
la vita : garantire che l’intero palcoscenico sia occupato dai testi
citati e non dai brevi commenti che li accompagnano.
Non
a caso questa piccola biblioteca ideale è frutto di un concreto
esperimento fondato essenzialmente sull’esperienza della lettura. Negli
ultimi quindici anni, infatti, durante il primo semestre di
insegnamento, ogni lunedì ho letto ai miei studenti brevi citazioni di
opere in versi o in prosa non necessariamente collegate al tema del
corso monografico. Un test che ha contribuito, di volta in volta, a
orientare le mie scelte di docente. Ho notato, in effetti, che proprio
in quel giorno — in quella mezz’ora dedicata alla libera lettura di
passi di scrittori, filosofi, artisti, scienziati — apparivano, in aula,
anche volti nuovi tra gli allievi abituali: volti di giovani iscritti
ad altri dipartimenti umanistici e scientifici o, addirittura, amici di
frequentanti, attratti solo dalla curiosità di ascoltare la parola di un
poeta o di un romanziere. Con il tempo, poi, i messaggi ricevuti e le
casuali conversazioni mi hanno permesso di verificare che, finalmente,
alcuni di loro si erano decisi a leggere più classici per intero.
Sciolta
da qualsiasi necessità utilitaristica, la presenza di questo pubblico
eterogeneo testimoniava un vero interesse per quello specifico autore o
per quella particolare questione discussa nel suo testo. Proprio in
questo spazio sperimentale, che chiamerei impropriamente
«extraistituzionale», mi è sembrato di condividere con i miei studenti
ciò che dovrebbe essere la maniera sana e autentica di relazionarsi con i
classici. Le grandi opere della letteratura o della filosofia non si
dovrebbero leggere per superare un esame, ma soprattutto per il piacere
in sé che suscitano e per cercare di capire se stessi e il mondo che ci
circonda. Nelle pagine dei classici, anche a distanza di secoli, è
possibile sentire pulsare la vita nelle sue forme più diverse. La
missione principale di un buon docente dovrebbe essere principalmente
quella di ricondurre la scuola e l’università alla loro funzione
essenziale: non quella di sfornare diplomati e laureati, ma quella di
formare cittadini liberi, colti, capaci di ragionare criticamente e
autonomamente.
Da questa esperienza sul
campo, è nata l’idea di riproporre sulle pagine di uno dei più
autorevoli settimanali italiani — «Sette» del «Corriere della Sera» —
una scelta di brani che nel corso degli anni avevo letto ai miei
studenti. Questo volume, infatti, raccoglie i testi che tra settembre
2014 e agosto 2015 ho selezionato per i lettori della rubrica,
intitolata «Contro Verso». Ogni settimana ho proposto una breve
citazione di un classico e ho cercato di evocare un tema a essa
collegato. E come la stessa struttura grafica testimonia, l’ho fatto —
nella rubrica e nel volume — ponendo in posizione centrale, con un corpo
molto più grande, testi in versi e in prosa di autori antichi, moderni e
contemporanei. Senza limiti temporali, linguistici e geografici, ho
voluto privilegiare la parola di poeti, di romanzieri, di saggisti,
ponendo al loro servizio anche il mio commento, composto da brevi
osservazioni destinate esclusivamente a sottolineare questa o quella
parola, questa o quella riflessione suscitata dalla lettura del brano.
Ecco
perché sarebbe un errore considerare Classici per la vita per quello
che non è: non è una raccolta di micro saggi; e non avrebbe potuto
pretendere di offrirsi come un’esplorazione (lungo il solco tracciato da
Erich Auerbach in Mimesis ) del rapporto che può crearsi in una
determinata opera tra la parte (il brano citato) e il tutto (il testo
integrale), né di presentarsi come un’occasione per riflettere (sulla
scia di Aby Warburg) sul ruolo rivelatore che, talvolta, può assumere un
dettaglio «gravido di senso». Classici per la vita , in maniera più
semplice, vuole essere soltanto un omaggio ai classici in un momento
difficile per la loro esistenza.
Durante
questi mesi, ho cercato di evitare il naufragio navigando tra gli scogli
dello specialismo e quelli di una banale divulgazione. Cosciente di
rivolgermi a un pubblico vasto ed eterogeneo, ho tentato di selezionare
testi che potessero soddisfare, nello stesso tempo, le esigenze di
lettori non specialisti e di lettori più esperti. Quanto le mie buone
intenzioni abbiano poi trovato una benevola accoglienza è difficile
dirlo.
Non bisogna, però, farsi illusioni.
Gli assaggi di brani scelti non bastano, soprattutto nei programmi
scolastici e universitari. Un’antologia non avrà mai la forza di
scatenare quelle profonde metamorfosi che solo la lettura integrale di
un’opera può provocare. Mi sembra difficile immaginare scintille di
passione per un classico ridotto a formule manualistiche o smembrato in
brevi ritagli. Ma, quando ci si rivolge a un pubblico più ampio, una
buona raccolta di citazioni può aiutare a vincere l’indifferenza del
lettore o a stimolare ancor più la sua curiosità fino a spingerlo a
prendere in mano l’opera intera. Su questa sfida concreta si decide
l’efficacia di un’antologia. Accontentarsi solo del singolo brano è di
per sé un’evidente sconfitta.