Corriere 4.5.16
Riforme, Bersani spinge per il sì: basta che non cambino le carte
E Benigni vira: «Orientato al no per proteggere la Costituzione»
di D. Mart.
ROMA
«Per vincere il referendum ho bisogno di voi», è il messaggio
martellante del premier che vuole «vincere e convincere» disponendo
lungo lo Stivale le sue truppe scelte che ammonterebbero, nei piani del
ministro Maria Elena Boschi, a 10 mila comitati per il sì alla riforma
costituzionale. Per il test di ottobre, Matteo Renzi chiama il popolo
alla mobilitazione generale — anche se il comitato referendario ancora
non ha scelto il suo comandante sul campo — perché le «ragioni del sì
sono fortissime». Anche se, ammette il premier, il referendum «non si
vince solo in tv».
E ora Renzi può contare sul sì, seppure
condizionato, della minoranza del Pd. A partire dall’ex segretario Pier
Luigi Bersani che, intervenendo a Di martedì su La7, ha definito la sua
posizione comune a quella molti parlamentari dem: «Io quella riforma
l’ho approvata e sarò contentissimo di essere coerente e di votare sì.
Ma a me sulla strada di un plebiscito, a due passi dal delirio, non mi
ci portano, si devono fermare prima. Ecco, gradirei poter votare sì,
basta che non mi cambino le carte in tavola...».
Il fronte del no
alla riforma. intanto, incassa l’adesione ideale di Roberto Benigni che,
a Pisa, ha dichiarato che dopo avere assaporato le ragioni del sì (a
gennaio ci furono molte polemiche sul suo presunto «tradimento») ora
pende per il no: «Sarei orientato a votare per il no al referendum...
proprio per proteggere la nostra meravigliosa Costituzione che è
certamente perfettibile ma preferirei un dibattito ampio e pacato sui
contenuti, piuttosto che il referendum su Renzi». Ecco, l’argomentazione
oscillante di Benigni («Non ho ancora un’opinione definitiva, è giusto
parlare del superamento del bicameralismo e su alcune questioni sarei
anche d’accordo nel votare sì, però preoccupa la personalizzazione del
referendum») sembra calzare sull’elettorato non pregiudizialmente
antigovernativo che, però, vuole capire nel merito la portata della
riforma. Per questo il comitato per il no, un po’ come fa Bersani, cerca
di smontare il progetto di un plebiscito pro o contro Renzi: «È
inaccettabile il clima da fine del mondo che si sta creando intorno al
voto referendario. È inaccettabile che si voglia arrivare ad un
plebiscito che leghi all’esito del voto popolare il governo in carica o
la persona del premier. È un ricatto posto al Paese».
Il comitato
per il no — che conta sull’appoggio di ex presidenti della Consulta, di
ex giudici costituzionali, magistrati e professori universitari — non fa
nomi ma si riferisce anche a quanto affermato dal senatore a vita
Giorgio Napolitano: «Se non passa il sì è la fine del rinnovamento». Su
Napolitano è duro Matteo Salvini (Lega): «La sua campagna per il sì è un
buon motivo, non l’unico, per scegliere di votare no. Caro ex
presidente si goda la sua ricca pensione e non disturbi». Per difendere
Napolitano (criticato da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Sinistra
italiana) scendono in campo il viceministro dell’Agricoltura Andrea
Olivero, Pino Pisicchio (Misto) e il dem Francesco Margiotta.