Corriere 26.
Gli americani poveri che si fidano di Trump
di Alan Friedman
Donald
Trump, in queste ore, ha superato per la prima volta Hillary Clinton
nella media dei sondaggi nazionali sul voto per la Casa Bianca. Si
tratta di un margine talmente stretto che potremmo definirlo un
pareggio, ben dentro il margine d’errore. La Signora Clinton sembra in
difficoltà: sarà sicuramente il candidato dei Democrats ma resta alle
prese con un partito diviso, senza riuscire a scrollarsi di dosso
l’immagine di persona cinica e opportunista, che direbbe qualsiasi cosa
pur di essere eletta. E anche se la sua nomina non è in dubbio, Hillary
Clinton deve ancora fare i conti con quella parte consistente di
Democrats che preferisce il populismo di sinistra di Bernie Sanders.
Trump,
invece, continua a salire, e anche senza grandissimi sforzi. Continua a
far crescere consenso intorno a lui, in grande parte proveniente dagli
americani meno abbienti, meno istruiti e molto arrabbiati, la working
class di americani maschi e bianchi (ma non solo) che si sente in
qualche modo marginalizzata. Quando ci si interroga sul perché Trump
continui ad attirare elettori, possono esserci diverse spiegazioni, non
da ultimo il tasso di «unfavorable ratings» vantato dalla Signora
Clinton. Ma anche Trump è visto negativamente da più della metà degli
americani, quindi questo non basta. Bisogna allora capire qual è il tipo
di segmento demografico attirato da Trump, e come lui potrebbe usare la
sua demagogia e il suo talento per incitare la gente, anche per
allargare il suo elettorato fino a comprendere alcuni cittadini che
normalmente votano per i Democrats.
La possibilità che Trump
ripeta la magia di Ronald Reagan e crei i «Trump Democrats» non è
fantasia, è assolutamente plausibile. Lui stesso sta dicendo da qualche
giorno che pensa di poter addirittura attirare alcuni supporter di
Bernie Sanders. E anche questo non è da escludere, tale è la rabbia
contro Hillary Clinton e Wall Street sentita dall’elettorato di Sanders.
A mio avviso, per comprendere la crescita del voto a favore di Trump
bisogna capire che l’America che vota per Trump e quella che vota
Sanders sono più simili di quello che la logica di destra e sinistra
suggerirebbe. È vero che hanno delle grandi differenze di opinione su
alcuni temi, ma Trump e Sanders sono d’accordo nel ritenere che il
commercio libero sia un male che minaccia posti di lavoro.
Entrambi
sono pieni di appeal agli occhi dei poveri o dei lavoratori del ceto
medio-basso, che faticano ad arrivare alla fine del mese. Sembrano
vicini, anche se si esprimono diversamente, sulla questione della
disuguaglianza dei redditi e sul fatto che in termini reali e netti gli
stipendi di una grande fetta dei lavoratori in America non sono
cresciuti per oltre 15 anni. Bisogna ricordare come quasi 50 milioni di
americani (il 15%) si trovino sotto la soglia di povertà e un numero
enorme di americani, altri 106 milioni, (il 33%), viva con una somma
equivalente a poco più del doppio della soglia di povertà.
Quindi
non c’è da stupirsi del consenso incontrato da Trump e Sanders quando
prospettano la possibilità di aumentare le tasse per i ricchi e
super-ricchi in America, una posizione popolare ed efficace che entrambi
condividono. Tutti e due propongono anche un aumento dello stipendio
minimo (7,25 dollari all’ora). Entrambi utilizzano una retorica
fortemente anti Wall Street, molto demagogica, che dà loro grande
risonanza nell’America profonda del Midwest, del Sud e del Far West. Gli
attacchi di Sanders contro Wall Street sono celebri, così come la sua
critica contro Hillary Clinton, che beneficia di finanziamenti
provenienti da Wall Street. Trump, nonostante sia miliardario, fa lo
stesso, e lo fa con efficacia anche contro la signora Clinton. «È
totalmente controllata da Wall Street», ha dichiarato recentemente.
La
verità è che sia Trump sia Sanders, in modi diversi, parlano alla
pancia di milioni di americani che si sentono ingannati dal sistema,
trascurati dalla ripresa economica, più poveri e pieni di rabbia e
frustrazione. In una società divisa come mai prima, di fronte a una
campagna elettorale che si presenta come la più sporca della storia
recente, c’è un trait d’union tra i popoli di Trump e Sanders, una
rabbia comune che li unisce. E per questo è possibile che il miliardario
newyorkese, come Ronald Reagan negli anni Ottanta, possa attrarre voti
da elementi alienati della working class bianca, che normalmente vota
Democrats, e creare il fenomeno dei «Trump Democrats» nel 2016. Non è da
escludere.
Qual e la realtà politica? Alle primarie, finora, un
totale di oltre 21 milioni di americani ha votato per uno di questi due
populisti. Trump ha preso 11 milioni di voti e Sanders quasi 10 milioni,
mentre Hillary Clinton da sola ha ottenuto 12 milioni di preferenze.
Naturalmente questi numeri non corrispondono direttamente al voto che
verrà espresso a novembre, ma Trump e Sanders stanno davvero attirando
elettori che non hanno mai votato prima oppure quelli indecisi, che
vuole dire nuovi voti. Questo potrebbe favorire Trump. Nonostante sia
Clinton sia Trump abbiano problemi di immagine, circa l’82% dei
repubblicani dice ora che voterebbe per Trump e circa l’84% dei
democratici per Hillary Clinton. Tra chi non è iscritto a un partito,
gli independents , i due rivali sono in pareggio. Stando alle cifre di
oggi, basterebbe una piccola fetta di defezioni, basterebbe che alcuni
tra quanti avrebbero appoggiato Sanders si schierino con Trump, ovvero
l’arrivo di un numero non grandissimo di «Trump Democrats», per favorire
la vittoria di Trump.
L’America che vota per Trump e Sanders è
un’America frustrata, e certamente anche con una forte componente di
anti-politica, non lontano del fenomeno del Movimento 5 Stelle in
Italia. Così, per certi versi, i popoli di Sanders e Trump si uniscono,
con più similitudini di quanto si immaginerebbe. Tutto, purtroppo, è il
risultato di una ripresa che ha trascurato troppi americani. La paura e
la rabbia spesso favoriscono i populismi, in America, in Austria, in
tanti Paesi.