Corriere 26.5.16
«Trafficano cibo», caschi blu italiani accusati
La missione in Libano al centro di un’inchiesta di «El País». La replica: «Non ci sono prove»
di Ilaria Sacchettoni
ROMA
La più storica fra le missioni di pace delle Nazioni Unite rischia di
travolgere la reputazione dei caschi blu italiani. Secondo un’inchiesta
del quotidiano spagnolo El País il nostro contingente e quello del Ghana
sarebbero al centro di un traffico di cibo. Prodotti inviati alle
truppe e rivenduti in loco.
La procura militare ha già avviato
un’inchiesta per individuare le responsabilità nella vicenda. Ma siamo
all’inizio: «Si tratta di acquisire le informazioni e capire se
sussistono profili di rilevanza penale militare» ha detto il procuratore
di Roma Marco De Paolis.
La fonte de l País , indicata negli
articoli con le iniziali puntate di R.D., sarebbe un dipendente della
italiana Es.Ko. che, dal 2006 al 2015, ha vinto appalti (dagli importi
significativi) per l’acquisto e la distribuzione di cibo destinato ai
soldati. Le scorte acquistate con denaro pubblico sarebbero comparse
invece negli scaffali di supermercati libanesi, in vendita come
delicatessen italiane.
Una truffa che, secondo le prime stime
(giornalistiche), si aggirerebbe attorno ai quattro milioni di euro. Gli
approfondimenti sono in corso. Nel frattempo, ieri, è arrivata una nota
del ministero della Difesa che invita a non affrettare conclusioni:
«Unifil ha preso da tempo tutte le misure adeguate in coordinazione con
la sede centrale delle Nazioni Unite con lo scopo d’investigare questo
tipo di accuse ma, al momento, non vi sono prove che possano confermare
una sistematica operazione legata al traffico d’alimenti né il
coinvolgimento di italiani nel traffico» ha fatto sapere il portavoce
del contingente italiano Andrea Tenenti.
La nota definisce anzi i
soldati italiani «estranei» alla vicenda: rassicurazioni in tal senso
sarebbero venute dal «comando delle Nazioni Unite in Libano».
Dichiarazioni
di massima che peraltro confermano le verifiche in corso: «Nel caso
venissero accertate responsabilità che, è bene precisare, sono sempre
individuali — ha dichiarato Tenenti — saranno presi provvedimenti
adeguati». Per salvaguardare, oltre alle singole reputazioni, anche la
missione, Tenenti ricorda che «l’iniziativa gode sia della fiducia della
popolazione che delle autorità libanesi» . Le dichiarazioni del
dipendente di Es.Ko sono molto precise però. Non solo R.D. avrebbe finto
di voler partecipare all’affare per acquisire tutte le informazioni
sulla truffa in corso, ma avrebbe anche individuato e fotografato i
prodotti sugli scaffali dei supermercati in cui erano stati messi in
vendita.
Sono trascorsi appena dieci giorni dalla visita del
presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che il 15 maggio scorso,
dalla base di Shama, aveva definito il contingente italiano in missione «
esempio per tutta l’Europa». Se le accuse fossero confermate sarebbe
più difficile, adesso, passare inosservati.