mercoledì 25 maggio 2016

Corriere 25.5.16
Spettatori dell’Europa in frantumi
di Antonio Polito

Come tifosi di calcio, dopo una festosa «ola» di ringraziamento per la vittoria ai rigori in Austria, i signori Merkel, Hollande e Renzi torneranno tra qualche settimana a sedersi sugli spalti per assistere al derby di Londra, sì o no all’Europa in una partita secca, sperando che Iddio gliela mandi buona.
Il problema è che in campo dovrebbero esserci loro. L’alternativa alle secessioni europee, quella dell’Est, quella nordica, quella anglosassone, dovrebbero essere loro, i governi dell’Europa Carolingia, del nocciolo duro, dei Sei Paesi fondatori. In Gran Bretagna, come in Austria l’altro giorno, si dovrebbe votare per scegliere tra un progetto di integrazione e la voglia del passo indietro, mentre invece l’unico modello in campo è lo status quo . Un pessimo status quo , di fronte al quale anche uscire può apparire più conveniente che restare.
Non sono pochi, nei circoli colti delle capitali europee, nelle burocrazie di Bruxelles, a sperare segretamente che vinca la Brexit. L’idea è: così si chiarisce l’equivoco, l’Europa sarà più piccola ma più compatta, chi ci sta può ricominciare a correre senza dover aspettare i ritardatari. È una pia illusione. Questo mitico nucleo dei Sei fondatori, che dovrebbe riprendere il cammino cominciato a Roma nel 1957, non è più un nucleo, è diviso su tutto, come ha notato su Le Monde Arnaud Leparmentier. Per esempio sulla garanzia dei depositi bancari, che Francia e Italia vogliono e la Germania no.
L o stesso accade s ugli immigrati, con Italia e Germania che vorrebbero modificare il Trattato di Dublino per non prenderseli tutti e la Francia che vuole lasciarlo così com’è per non prendersene nessuno; o sul rigore di bilancio, eluso da Francia e Italia ma praticato e predicato dai tedeschi; o sull’armonizzazione del fisco delle imprese, che Francia e Germania dicono di volere ma il Benelux contrasta per attirare le multinazionali.
Inglesi, ungheresi, polacchi, austriaci, saranno pure egoisti e cattivi, ma la crisi dell’Europa è cominciata con il no francese e olandese nei referendum del 2005, e i movimenti xenofobi sono nati in Francia, Danimarca e Olanda prima ancora dell’allargamento a Est.
C’è poco da fare: l’origine della crisi europea è lì, nel cuore del Vecchio Continente, più o meno tra le due cittadine di Maastricht e Schengen. Era lì, nell’officina franco-tedesca, riscaldata dall’europeismo italiano, che nascevano i modelli che tutto il continente ha voluto imitare, dando vita all’incredibile storia di successo dell’Europa unita, passata da Sei a Ventotto in mezzo secolo. È lì che oggi sta perendo «l’Unione sempre più stretta tra i popoli europei» promessa dai Trattati. E se a Londra vincerà il Bremain, la scelta cioè di restare, le cose non saranno affatto più facili, visto che avrà vinto un’idea di Europa opposta, che si ritaglia un gigantesco opt-out , sostituendo al progetto di integrazione politica una zona di libero scambio priva di responsabilità comuni, a partire dagli immigrati. Sarà in ogni caso, che gli inglesi escano o che restino alle loro condizioni, una tentazione irresistibile per i Paesi nordici, per i Paesi ex comunisti, e forse perfino per la Francia (già si parla di Frexit). Sarebbe comunque la dissoluzione.
Invece di vagheggiare quindi nuove mirabolanti architetture istituzionali, nuove figure di presidenti eletti e super ministri comuni, i signori Merkel, Hollande e Renzi farebbero bene a trovare un accordo anche su uno solo dei problemi che angosciano la loro gente (welfare, disoccupazione, migranti, sicurezza), e ad annunciare una cooperazione rafforzata, qui sì andando avanti con chi ci sta. Dimostrando insomma che esiste ancora una convenienza per questa Europa. Non hanno molto tempo. A marzo dell’anno prossimo ricorrono i 60 anni dai Trattati di Roma, e una celebrazione vuota sarebbe peggio di nessuna celebrazione. Nei mesi successivi votano i francesi, i tedeschi, e forse gli italiani. Qualcuno dei tre tifosi allo stadio di cui sopra potrebbe essere accompagnato all’uscita, prima ancora che la partita sia finita. Tutti e tre potrebbero perderla proprio per non averla voluta giocare.