Corriere 23.5.16
Stessi numeri, diverse interpretazioni
Perché Cgil e ministero litigano sull’aborto
di Margherita De Bac
Il governo domani convocato a Strasburgo. Lorenzin: tutto regolare. Ma i sindacati attaccano
Storie
raccolte sul campo contro numeri. Testimonianze di persone con nome e
cognome contro dati e tabelle. Scaturisce anche dalla diversità degli
strumenti di valutazione utilizzati l’aspra polemica scoppiata tra la
Cgil e il ministero della Salute sull’applicazione della legge
sull’aborto. Il sindacato sostiene che il governo abbia mostrato una
serie di manchevolezze per quanto riguarda soprattutto la disponibilità
di medici e infermieri non obiettori. Il ministro Beatrice Lorenzin
parla di servizi adeguati e afferma che le denunce di inefficienza sono
fondate su una documentazione vecchia. «Ora la situazione è migliorata»,
dichiara la titolare del dicastero della Salute. Per il momento il
Comitato per diritti sociali del Consiglio d’Europa dà ragione
all’organizzazione sindacale. Lo scorso aprile l’organismo (equivalente
alla Corte per i diritti dell’uomo in campo sociale) ha accolto il
reclamo della Cgil per la violazione di un articolo della Carta europea
sul diritto alla salute della donna. Domani un ultimo atto. Il governo è
stato convocato a Strasburgo dal Comitato dei ministri del Consiglio
europeo, organismo con valenza politica, per valutare se la violazione
sia stata corretta da misure idonee e sia stata «riportata in conformità
con la Carta europea».
Il reclamo
Per cercare di capire la
sostanza del contrasto occorre ricordare cosa è accaduto. Lo scorso
aprile l’Italia ha avuto un provvedimento di condanna in seguito al
reclamo della Cgil, rappresentata dai legali Marilisa D’Amico e
Benedetta Liberali: «Continuano a riscontrarsi notevoli difficoltà
nell’accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza —
scrivono i giudici —. Viene violato il diritto delle donne alla salute e
sono discriminati i medici e il personale sanitario che non hanno
optato per l’obiezione di coscienza.
Lorenzin ha risposto con una
dettagliata relazione al Parlamento il 4 maggio scorso, ribaltando
l’immagine di un Paese non attento al rispetto di una Carta europea: «Il
numero dei non obiettori è congruo per quantità di interventi
effettuati. Il carico di lavoro non dovrebbe impedire agli operatori di
svolgere anche altre attività. Eventuali difficoltà riguardano
probabilmente situazioni locali». Il ministro ha aggiunto che non sono
pervenute segnalazioni formali da parte delle Regioni di carenza di
medici disposti a svolgere aborti in linea con la legge 194.
Il metodo
Ambedue
le parti ragionano sugli stessi dati ma li interpretano in modo
diverso. La fonte è unica, pubblica. Ed è l’ultimo aggiornamento del
rapporto sullo stato d’attuazione della legge italiana. Inviato al
Parlamento il 26 ottobre 2015 contiene quanto è stato rilevato
dall’Istituto superiore di sanità analizzando le schede di dimissione
ospedaliera delle pazienti e le indagini dell’Istat. Viene fotografata
la situazione definitiva del 2013 e preliminare del 2014. Ora è in corso
il lavoro sul 2014 e i preliminari del 2015 che saranno disponibili
dopo l’estate.
Secondo l’ultimo rapporto il numero di interruzioni
volontarie di gravidanza è stato per la prima volta inferiore alle
100mila unità con un decremento del 5,1% rispetto ai dati definitivi del
2013, più che dimezzato rispetto al 1982, l’anno col valore più alto. E
ancora: «Il 90% degli aborti vengono effettuati nella regione di
residenza... Al calo delle interruzioni non è seguito un calo dei medici
non obiettori. Erano 1.607 nell’83, sono 1.490 oggi», quindi il carico
di lavoro viene definito adeguato. Tra le Regioni però persiste una
differenza profonda. Si va dal 13% di obiettori della Valle d’Aosta al
90% della Basilicata. C’è la consueta spaccatura tra Nord e Centro-Sud.
Fatto e non fatto
E
allora come si spiega lo scontro sui dati? La Cgil ragiona su ciò che
non è stato fatto, ha seguito e intervistato le donne che non sono
riuscite a essere accolte dai servizi e hanno scelto vie alternative
(estero, cliniche private). Il dossier portato a Strasburgo è ricco di
storie anche di medici non obiettori che raccontano di essere stati
penalizzati nella carriera e negli orari di lavoro. Il reclamo contiene
inoltre un’indagine sul territorio svolta dall’associazione medici non
obiettori presieduta da Silvana Agatone dove emerge il disagio degli
operatori.
Non basta, c’è un secondo spunto di polemiche. La
decisione del Comitato per diritti sociali è definitiva o domani c’è
possibilità di un’assoluzione politica da parte del Comitato dei
ministri? Marilisa D’Amico afferma: «Sì, non è prevista l’impugnazione
come è stato per la prima condanna per analoga violazione resa pubblica
l’8 marzo del 2014 in risposta alla denuncia dell’Ong International
Planned Parenthood Federation». Il ministero smentisce e invia il
rappresentante a Strasburgo confidando in un riscatto.