Corriere 22.5.16
Quello che non sappiamo dei flussi di emigrati
di Danilo Taino Statistics editor
L’
altra faccia delle migrazioni, quella che il dibattito sui profughi di
questi tempi non guarda, aiuta direttamente i Paesi poveri ed emergenti
per uno 0,6% medio di Prodotto lordo all’anno. Uno studio del Fondo
monetario internazionale (Fmi) ha calcolato che le cosiddette diaspore,
cioè i flussi di emigrati verso le Nazioni ricche, possono «produrre un
contributo unico allo sviluppo» dei Paesi che hanno lasciato. In due
modi, sostiene una delle curatrici dell’analisi, Pritha Mitra.
Innanzitutto le rimesse degli emigrati. L’anno scorso si è trattato di
430 miliardi di dollari, tre volte quanto i Paesi interessati ricevono
in aiuti allo sviluppo e in assistenza finanziaria. In alcuni casi, le
rimesse sono addirittura la spina dorsale dell’economia di alcuni Paesi.
In Tajikistan raggiungono il 37% del Prodotto interno lordo (Pil). In
Nepal il 30%. In Tonga, in Liberia e a Haiti intorno al 25%. In Libano
il 16%. «Queste cifre potrebbero essere anche più elevate se l’alto
costo di inviare le rimesse — che va dal 5% per mandarle nell’Asia del
Sud al 12% nell’Africa Sub-sahariana — venissero ridotte», afferma lo
studio. Quando questo denaro che arriva, viene speso e aumenta il Pil
del Paese ricevente. In più, le rimesse sono spesso investite in piccoli
business e in titoli pubblici locali. Non solo: la diaspora sostiene i
costi d’istruzione, di training, di salute delle famiglie che sono
rimaste a casa. Il secondo modo in cui le comunità immigrate dall’estero
contribuiscono a migliorare il benessere dei Paesi d’origine è
attraverso l’educazione che acquisiscono nelle Nazioni più avanzate. Non
solo quando gli emigrati tornano in patria ma forse ancora di più
quando offrono un modello a chi è rimasto oppure aprono canali di
attività per facilitare esportazioni o scambi scolastici e universitari.
Per esempio, lo sviluppo iniziale della Cina negli Anni Ottanta fu in
buona parte finanziato dal cosiddetto «bamboo-network», le comunità
d’oltremare. I top manager indiani impiegati nelle imprese hi-tech in
America e Gran Bretagna hanno giocato un ruolo fondamentale nel boom
dell’industria avanzata della madrepatria India.I due canali fanno sì
che — dice l’Fmi — il Pil migliori dello 0,5% nell’Asia emergente, dello
0,55% nell’Asia centrale e in Medio Oriente, dello 0,6% in America
Latina, di quasi l’1% nell’Africa Sub-sahariana, di oltre l'1,3%
nell’Europa emergente.