Corriere 22.5.16
Pannella
L’invito del Papa e il dialogo sui carcerati
Gian Guido Vecchi
CITTÀ
DEL VATICANO «Noi radicali abbiamo anticipato molte delle cose che
Francesco dice e fa. La sua religiosità, così vicina alle persone
semplici e vere, è molto vicina anche alle mie origini. È il terzo
Pontefice con cui ho buoni rapporti. Giovanni Paolo II, il “polaccone”
come lo chiamavo, lo sentivo spesso. Quanto a Ratzinger, beh, sapevo che
ci avrebbe stupito. Sono anticlericale, sulle cose concrete, però, il
mio spirito è religioso. Ho sempre avuto rapporti splendidi con le
suore. Mio zio, poi, era sacerdote e sono cresciuto con quei sentimenti,
con quei valori. Sono un orso abruzzese, da piccolo assistevo a tutte
le processioni di paese, con le donne che salivano sulla montagna
salmodiando…». Il libro di Marco Pannella, con l’introduzione di Rita
Bernardini e la prefazione del Guardasigilli Andrea Orlando, si intitola
Visitare i carcerati e sarà pubblicato il 9 giugno da Marcianum press,
fondata a Venezia su impulso del cardinale Scola e ora unita alle
edizioni Studium create da Giovanni Battista Montini. Tutto è nato
dall’invito di Francesco a «riscoprire le opere di misericordia
corporale e spirituale» durante il Giubileo. Don Roberto Donadoni,
direttore editoriale di Macianum, ha chiesto una riflessione a laici e
religiosi, credenti e non. Le prime uscite, oltre al leader radicale,
avranno come autori Nichi Vendola (Vestire gli ignudi, seppellire i
morti), Umberto Veronesi (Curare gli ammalati), il rabbino capo di Roma
Riccardo Di Segni (Perdonare le offese) e Alessandro Meluzzi (Ammonire i
peccatori). Con il leader radicale ne avevano parlato a febbraio.
Francesco ama ripetere le parole di Gesù sul Giudizio finale, «ero
carcerato e siete venuti a trovarmi». Pannella era entusiasta. «Mi
faceva: io sono anticlericale, ma forse ho il cuore più religioso di te,
guardo sempre in alto!», sorride don Donadoni. Hanno concordato i temi,
attingendo pure a interventi del passato. Una summa del suo pensiero
sulle carceri, in dialogo con don Roberto: «Temo che l’indifferenza
dello Stato accentui la disperazione delle donne e degli uomini
ammassati nelle prigioni. Corpi a cui viene tolta la dignità, vengono
annullati i diritti fondamentali e per i quali il principio della
Costituzione secondo cui la pena deve tendere al reinserimento sociale
si rivela una beffarda irrisione».