sabato 21 maggio 2016

Corriere 21.5.16
Tunisia, la svolta di Ennahda «Archiviamo l’Islam politico»
Il partito ispirato ai Fratelli musulmani annuncia: basta con le interferenze religiose
di Francesco Battistini

«Le primavere arabe non hanno portato solo l’inverno dell’Isis: oggi a Tunisi comincia l’estate delle democrazie musulmane!». Islam politico, addio. Hanno provato a sconfiggerlo le guerre di civiltà, la repressione in stile egiziano, l’ambiguo sostegno a regimi impresentabili. Ora tocca ai Fratelli musulmani tunisini. Che cinque anni fa sostennero la prima Rivoluzione dei Gelsomini contro il satrapo e ora, un venerdì di maggio inoltrato, escono dalla moschea e nello Stade Olympique di Rades sono i primi a pronunciare la loro preghiera laica.
A 74 anni, davanti a 1.200 delegati, il vecchio leader Rashid Gannouchi s’è convinto. La linea è tracciata. E il decimo congresso del partito islamista Ennahda sarà quello della storica svolta: «L’Islam politico — dice — non ha più alcuna giustificazione in Tunisia. Ci occuperemo solo d’attività politica, non di religione. Sarà un bene per i politici, che non saranno più accusati di strumentalizzare la religione. E lo sarà per la religione, mai più ostaggio della politica».
Basta col fondamentalismo e con le prediche fanatiche e con gl’imam attivisti. Nessuna interferenza dei chierici sui leader. E non ci sarà più una shura che da sola gestisca il partito e le moschee, il proselitismo e le opere di carità sul modello dei Fratelli egiziani. D’ora in poi, «la nostra politica verrà separata dalla religione» e il valore di riferimento d’Ennahda — nato negli anni 70 sulle idee di Sayyid Qutb, l’ideologo egiziano spesso considerato il cattivo maestro del jihadismo arrembante d’oggi — sarà una «democrazia musulmana» ispirata alla «civilizzazione islamica e a quella moderna».
Il cambio di stagione non è una sorpresa. E potrebbe portare anche a un nuovo nome: i sondaggi dicono che è favorevole il 73% dei tunisini. Perché Ennahda, letteralmente «il movimento della rinascita», a lungo in clandestinità e rinato nel 2011 con la caduta di Ben Ali, s’è trovato a scontrarsi con una società molto matura (e poco disposta a privarsi di libertà civili in nome della sharia ): dopo due anni, vista anche la mala parata dei Fratelli in Egitto, ha dovuto lasciare il governo e alle ultime elezioni è stato sconfitto dai laici di Nida Tunis, fondato dall’attuale presidente Beji Caid Essebsi.
C’è da fidarsi? «Molti pensano che sia un tipico esempio di taqiya — osserva un analista politico vicino a Essebsi, Sayed Al Gharbi —, l’arte della dissimulazione tipica della Fratellanza: ti faccio credere d’essere cambiato, ma non lo sono affatto». A sostegno della tesi, la storia dello stesso Gannouchi: prof di filosofia e storico propugnatore della «salvaguardia del Corano», nasserista deluso, la stampa tunisina oggi ricorda come nel 2012 l’uomo giustificasse ancora gli assalti all’ambasciata Usa a Tunisi. «È una rivoluzione straordinaria, questo può essere il modello musulmano moderato che aspettavamo da anni — commenta invece Pierferdinando Casini, presidente commissione Esteri del Senato, invitato al congresso con Fabrizio Cicchitto —. Oggi nasce una specie di Ppe islamico. È una svolta che mi ricorda molto la Dc degli anni 50: separare con chiarezza i ruoli della religione e della politica in una società moderna». Non per nulla, sostengono gli entusiasti, Gannouschi lo ripete da anni: «Perché ci paragonate a modelli lontanissimi da noi, come i talebani o i sauditi? Dimenticate la Turchia, la Malesia, l’Indonesia…». E la Tunisia: se vincerà le prossime elezioni, si vedrà. E se son Gelsomini, fioriranno.