sabato 21 maggio 2016

Corriere 21.5.16
Una campagna in salita che il premier vuole vincere
di Massimo Franco

Sarà un inizio in salita. Eppure, Matteo Renzi sembra intenzionato a trasformare la campagna per il referendum sulle riforme istituzionali in una rivincita. Sugli avversari dentro e fuori dal Pd; e, se andassero male le Amministrative del 5 giugno, anche sugli elettori delusi. I volantini della mobilitazione che parte oggi lasciano capire che l’Italia sarà martellata sui successi dell’esecutivo, per quanto controversi. Qualunque dubbio o critica saranno rispediti al mittente.
Sostenere di avere «preso per mano l’Italia nel momento più duro», significa rivendicare una rinascita assai problematica. «Il Pd semplicemente ci sta provando», perché l’Italia «possa tornare leader in Europa e nel mondo». Il logo rassicurante afferma che «basta un sì» al referendum. Ma chiedendolo ad esempio «per togliere poteri alle regioni inefficienti», si dimentica che in maggioranza sono governate dal Pd. In più, i dati economici forniti dall’Istat sono da pesare e decifrare con attenzione e senza trionfalismo.
Le opposizioni li definiscono disastrosi, il governo incoraggianti, confermando la determinazione a non deflettere da una narrativa giocata in positivo, e refrattaria a qualunque pessimismo. Sarà difficile evitare l’accusa di voler personalizzare la consultazione. Il fatto che oggi, data del «referendum Day», il premier schieri il ministro Maria Elena Boschi e il sottosegretario Luca Lotti, evoca il nucleo duro del renzismo. I protagonisti sono e saranno in primo luogo i componenti del primo cerchio di Palazzo Chigi.
Renzi sarà a Bergamo, la Boschi a Reggio Emilia e Lotti a Firenze. Ma ci saranno anche i fautori del «no»: quelli che per ora i sondaggi danno, a sorpresa, in vantaggio; e che sperano a ottobre di liquidare Renzi. La virulenza dei loro attacchi è vistosa. Si evoca la «schiforma Renzi-Boschi della Costituzione», espressione coniata dal berlusconiano Renato Brunetta. A Reggio Emilia, quelle che si autodefiniscono «le vere donne di sinistra» cercano di boicottare la Boschi. «Non si accettano lezioni da una ministra che vuole cambiare la Costituzione» è la loro tesi, «e che ha equiparato il «no» alla riforma a casa Pound».
Se questa è l’aria, figurarsi quando la campagna entrerà nel vivo. Si confrontano «due idee dell’Italia», ribadisce il premier additando la propria opposta alla «palude». Replica alla minoranza del Pd, ricordando che il referendum «non è il congresso del partito». Rivendica il placet europeo sulla «flessibilità» in materia di spesa pubblica, legandolo alla credibilità del governo. E cerca di spoliticizzare le Amministrative, per mettere Palazzo Chigi al riparo da un eventuale risultato negativo: anche se in quel caso diventerebbe tutto più difficile.