Corriere 21.5.16
Aderire ai comitati del No? Così si divide la sinistra togata
di Giovanni Bianconi
ROMA
Alla consultazione popolare di ottobre voteranno «No» e sosterranno
pubblicamente questa scelta (la grande maggioranza, almeno), ma senza
entrare nei comitati referendari contrapposti alla riforma
costituzionale del governo Renzi. Così ha deciso il coordinamento di
«Area», il cartello che riunisce le toghe di sinistra: quelle di
Magistratura democratica, del Movimento per la giustizia e altre senza
correnti di provenienza. Provocando così una distinzione (il termine
«spaccatura» non piace perché troppo eclatante) al proprio interno. Già,
perché Md ha aderito al Comitato per il No fin da gennaio; e così hanno
fatto altri magistrati di spicco come il procuratore di Torino Armando
Spataro, tra i fondatori del Movimento.
Il giudizio sulla riforma,
nel comunicato di Area, è netto e fortemente critico. Basti dire che le
modifiche costituzionali «comportano un depotenziamento del ruolo del
Parlamento rispetto a quello del Governo e incidono sul principio di
separazione dei poteri». Di qui la considerazione che «la partecipazione
attiva dei magistrati che si riconoscono in Area ad iniziative volte ad
approfondire tecnicamente il contenuto della riforma sia legittima e
anzi opportuna». Tuttavia questo impegno «può realizzarsi efficacemente
anche al di fuori dei comitati referendari, cui riteniamo di non aderire
nel rispetto delle diverse posizioni e sensibilità esistenti in Area».
Appena
questa determinazione ha cominciato a circolare, nella mailing list c’è
chi ha notato la contraddizione tra motivazioni e conclusione. Il
pubblico ministero genovese Francesco Pinto, con «benevola ironia», ha
scritto: «Nel nostro mondo la non conformità tra quanto argomentato e il
dispositivo finale dà luogo al fenomeno delle cosiddette “sentenze
suicide”; mi auguro che non sia di cattivo auspicio per Area». Anche
altri hanno storto il naso, e il procuratore Spataro non nasconde la
delusione per il mancato «schieramento esplicito» di Area in favore del
No: «Spero non si tratti di una conseguenza derivante dall’erronea
qualificazione “politica” che si vuole attribuirgli. Ciò che lega quanti
si riconoscono in un gruppo, anche di magistrati, non può che essere la
condivisione di valori e principi, e quelli scritti nella nostra
Costituzione, baluardo dell’equilibrio tra i poteri, sono all’evidenza i
più importanti».
Il giudice civile Mario Suriano, portavoce di
Area, difende una scelta a conclusione di «un articolato percorso di
assemblee territoriali, dove ha prevalso la contrarietà alla riforma ma
c’è stato pure chi l’ha sostenuta. Fermo restando il diritto a prendere
pubblica posizione, e l’auspicio che si partecipi attivamente al
dibattito, l’adesione ai comitati è stata scartata per rispettare le
posizioni di tutti». A chi sospetta un condizionamento dettato dalle
recenti polemiche, compreso l’altolà del vice-presidente del Csm Legnini
e altre voci, Suriano ribatte che non è così: «Anzi, certe prese di
posizione potevano determinare l’effetto contrario, secondo la nota
reazione dell’arroccamento...».
Per paradossale che possa
sembrare, dentro Md a molti la distinzione non dispiace. Perché quella
corrente ha e rivendica una tradizione di militanza su temi «politici»
ben più marcata, per cui un «profilo a più bassa intensità ideologica»
da parte di Area garantisce alla corrente storica delle «toghe rosse»
una propria visibilità, oltre che un’ulteriore ragion d’essere. Il
Movimento per la giustizia, dal quale Spataro si attendeva una rapida
scelta di campo, deciderà cosa fare nell’assemblea nazionale dell’11 e
12 giugno: «Tra di noi esistono diverse sensibilità — spiega il
segretario Carlo Sabatini — ma comune è la preoccupazione per
l’accentramento dei poteri nell’esecutivo e per gli squilibri che
possono crearsi nei meccanismi di contrappeso e negli organi di
garanzia, come il Csm». Nell’attesa, oggi l’Associazione magistrati, che
non prenderà posizione, discuterà e deciderà in quali termini garantire
alle correnti (oltre che ai singoli magistrati) l’adesione pubblica
all’una o all’altra scelta.