Corriere 1.5.16
Appello di 12 associazioni: vogliamo sapere chi votiamo
di Sergio Rizzo
Sapere
se la persona alla quale dai il tuo voto ha pendenze con la giustizia,
si trova in un potenziale conflitto d’interessi, ha per esperienza o
formazione le competenze necessarie a ricoprire l’incarico al quale
aspira. E saperlo prima di andare alle urne: non dopo come avviene oggi,
sempre che poi si sappia, perché invece certi altarini si scoprono
sempre quando meno te l’aspetti.
Sarebbe il minimo sindacale in un
Paese normale. Figuriamoci in un Paese come il nostro, nel quale la
politica non sta di sicuro attraversando uno dei suoi periodi più
smaglianti e gli scandali che coinvolgono esponenti anche di spicco dei
partiti si susseguono a ritmi quasi quotidiani. Ecco allora che in vista
delle prossime Amministrative un cartello di associazioni capitanata da
Pubblici cittadini, della quale è coordinatore lo storico animatore del
Movimento consumatori Gustavo Ghidini, ha chiesto a tutti i partiti di
mettere finalmente mano a un provvedimento che obblighi tutti i
candidati a qualsiasi elezione a rendere pubbliche le informazioni di
cui parliamo. Nella lista c’è Riparte il futuro, legata al Gruppo Abele.
Ma anche la branca italiana di Transparency international,
l’organizzazione internazionale che stila la classifica della corruzione
percepita che ha visto l’Italia scivolare negli ultimi quindici anni
dalla posizione numero 29 occupata nel 2001 alla numero 61 dello scorso
anno. E poi il Consiglio italiano del Movimento europeo,
Cittadinanzattiva, la Lega internazionale dei diritti dell’uomo, Action
Aid, l’associazione Donne giuriste, Cittadinireattivi, Diritto di
sapere, Openpolis e l’associazione nazionale donne elettrici. Tutti
d’accordo, con il sostegno di Romano Prodi, Giuliano Amato, Giovanni
Maria Flick e Valerio Onida, nel proporre che sia data pubblicità
«almeno quindici giorni prima della data del voto, dei curriculum dei
candidati, contenenti precise e veritiere informazioni sui profili,
competenze ed esperienze, unitamente ad una autodichiarazione dei
candidati medesimi circa il proprio status penale e alla eventuale
sussistenza di situazioni di conflitto di interessi rispetto alla
assunzione della carica elettiva». Insomma, conoscere a chi diamo il
voto, per evitare sorprese.
La proposta parte dal presupposto che
sebbene lo Stato concorra ancora al finanziamento delle campagne
elettorali, il nostro ordinamento non prevede alcun obbligo di
informazione preventiva sui profili dei candidati. Il che, affermano i
promotori dell’appello, «contraddice in assoluto il principio di
democraticità» oltre a «comprimere sostanzialmente l’esercizio della
libera scelta» da parte degli elettori.
Ma l’obbligo di pubblicità
preventiva, sostengono, non dovrebbe essere limitato ai politici in
senso stretto. Un meccanismo identico, salvo che per la tempistica (le
informazioni dovrebbero essere disponibili almeno sessanta giorni prima
dell’inizio della procedura) potrebbe essere introdotto, con un altro
provvedimento di natura legislativa, anche per le nomine pubbliche. E
questo dovrebbe riguardare tanto le designazioni nelle società
controllate dallo Stato a livello centrale o locale, quanto quelle negli
enti pubblici e nelle autorità indipendenti. Le imprese e le
istituzioni coinvolte nelle nomine verrebbero inoltre assoggettate anche
a una seconda prescrizione: indire almeno un mese prima dell’avvio del
percorso di nomina le audizioni pubbliche dei candidati, chiamati a
illustrare anche i programmi per il mandato.
Chi raccoglierà la sfida? Bella domanda. ..