Corriere 1.5.16
Il dilemma di Hollande sulla svolta riformista
di Massimo Nava
Per
riflesso, maggio e Francia fanno rima con rivolgimenti sociali,
proteste sindacali e studentesche. Anche oggi, sarà Primo Maggio di
mobilitazione, dopo i cortei (e gli scontri con la polizia) che si
susseguono da settimane. Il movimento contro la legge sulla riforma del
mercato del lavoro si è di fatto saldato con le «notti in piedi» di
Place de la République, un appuntamento di riflessione civile,
rapidamente evolutosi in contestazione del governo e della sinistra di
governo, già enfatizzato dai media per il suo spirito spontaneo e
naturalmente «dal basso».
Il «maggio francese» 2016, più che la
riedizione di un film della rivoluzione, sembra però l’ennesima conferma
di reazioni conservatrici e poteri di blocco da parte di sindacati e
corporazioni ogni volta che un governo — di destra o di sinistra — mette
mano a tentativi di riforme. Quella del mercato del lavoro, peraltro
riveduta e corretta rispetto al progetto iniziale, è una lontana parente
del Jobs act , un tentativo di disarticolare la rigidità del mercato e
dell’orario a 35 ore in un Paese di cronica disoccupazione di massa e
ormai cronico precariato, soprattutto giovanile. La contestazione ha nel
mirino la svolta riformista del presidente Hollande dopo la stagione
delle tasse e della spesa pubblica. Svolta tardiva per recuperare il
consenso dei ceti medi. Svolta comunque traumatica per il popolo della
sinistra. Il dilemma di Hollande, che in questi giorni si gioca le
ultime carte per la corsa all’Eliseo, è in fondo il dilemma di ogni
forza riformista, di ogni leader stretto fra decisioni impopolari e
spinte populiste o socialmente conservatrici.
La contestazione di
piazza e il ricatto elettorale potrebbero convincere il presidente a un
passo indietro, secondo la lezione di Mitterrand : «Nessun nemico a
sinistra». Non è detto che basti per risalire la china, di sicuro
confermerebbe la predisposizione di un Paese che ama le rivoluzioni a
parole e teme le riforme nei fatti.